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Le strategie per lo sviluppo dell'agricoltura biologica. - Sistema d ...

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anni con l'introduzione di prodotti a base di sangue secco, pelli e crini idrolizzati e<br />

panelli proteici (1-2 € <strong>per</strong> unità fertilizzante), anche <strong>per</strong> i concimi organici il<br />

problema principale è rappresentato dalla mancanza di dati s<strong>per</strong>imentali sulla <strong>lo</strong>ro<br />

cinetica di mineralizzazione. I prodotti a base di sangue secco o carniccio sono<br />

solubili e facilmente mineralizzabili, tanto da essere lisciviati in caso di<br />

precipitazioni dilavanti (Donatiel<strong>lo</strong> et al., 2007). Al contrario, quelli a base di pelli<br />

e crini idrolizzati e cornunghia non sono solubili e vengono mineralizzati in tempi<br />

più lunghi (mesi), così da essere protetti dal dilavamento. Ne risulta che<br />

l’efficienza dei fertilizzanti ammessi in agricoltura bio<strong>lo</strong>gica può essere molto<br />

variabile, se analizzata <strong>per</strong> la singola coltura, in quanto l'N non assorbito è<br />

immobilizzato nella sostanza organica, anche se dis<strong>per</strong>sioni nell'ambiente <strong>per</strong><br />

volatilizzazione o lisciviazione sono sempre possibili (Rodrigues et al., 2006).<br />

Inoltre, la cinetica della mineralizzazione non sempre è prevedibile essendo<br />

funzione di tem<strong>per</strong>atura, umidità del suo<strong>lo</strong> e disponibilità di ossigeno, so<strong>lo</strong> in parte<br />

controllabili dall'agricoltore. Queste incertezze rendono poco efficienti i<br />

fertilizzanti organici in una <strong>lo</strong>gica di semplice sostituzione dei concimi minerali,<br />

ma il problema è meno rilevante quando vengono considerati come uno dei tanti<br />

strumenti <strong>per</strong> migliorare la fertilità del terreno nel lungo <strong>per</strong>iodo, al pari delle<br />

leguminose e/o colture poliennali, del sovescio parziale dei residui colturali, della<br />

riduzione delle lavorazioni, ecc.<br />

La scelta dell'avvicendamento riveste un ruo<strong>lo</strong> centrale in agricoltura<br />

bio<strong>lo</strong>gica; purtroppo, molti ambienti mediterranei presentano condizioni che<br />

limitano fortemente la possibilità di avvicendare le colture. Ad esempio, negli<br />

ambienti asciutti della collina interna meridionale, caratterizzati da diffusa<br />

cerealicoltura e scarsa presenza di attività zootecnica, le limitate risorse idriche<br />

naturali sono appena sufficienti <strong>per</strong> colture da reddito a cic<strong>lo</strong> autunno-vernino. In<br />

assenza di allevamenti, risulta anche poco praticabile la coltivazione di leguminose<br />

foraggere poliennali che, grazie all'N-fissazione, non lavorazione del terreno e<br />

control<strong>lo</strong> dell’erosione, consentirebbero un aumento della sostanza organica e delle<br />

disponibilità di azoto. L’unica soluzione <strong>per</strong> aumentare la fertilità di questi sistemi<br />

appare quindi l’inserimento nelle rotazioni di leguminose da granella (es. favino,<br />

lupino, cece) di cui sono noti gli effetti benefici. Ad esempio, l’azoto disponibile<br />

<strong>per</strong> la coltura successiva può andare da 60 kg ha -1 (Sulas et al., 2007) fino a oltre<br />

250 kg ha -1 (Fagnano et al., 2005). Meno nota ma altrettanto importante è anche la<br />

capacità di alcune leguminose (soprattutto lupino e cece) di solubilizzare fosforo da<br />

forme normalmente non disponibili <strong>per</strong> le altre colture grazie ad essudati radicali<br />

ricchi di acidi organici e di fosfatasi acide (Fagnano e Quaglietta, 2004). Tuttavia,<br />

non vanno sottovalutati i limiti legati ad alcune colture: ad es. la presenza negli<br />

avvicendamenti di specie non micorriziche come le brassicacee (Harley e Harley,<br />

1987) può portare a una riduzione della fertilità bio<strong>lo</strong>gica del terreno, in parte<br />

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