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Le strategie per lo sviluppo dell'agricoltura biologica. - Sistema d ...

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necessariamente un marchio e, quindi, la rispondenza del prodotto a determinate<br />

caratteristiche stabilite dalla normativa (come, ad esempio, nel caso dei prodotti<br />

bio<strong>lo</strong>gici) o dal disciplinare di produzione da questa previsto (come, ad esempio,<br />

<strong>per</strong> le DOP e le IGP).<br />

Con l’utilizzazione di un marchio pubblico (e, molto più difficilmente, di un<br />

semplice <strong>lo</strong>go) si può <strong>per</strong>seguire altresì l’obiettivo di un aumento del prezzo del<br />

prodotto (va<strong>lo</strong>rizzazione in senso stretto), anche in ragione dei maggiori costi che<br />

si sostengono <strong>per</strong> la sua produzione rispetto a produzioni ana<strong>lo</strong>ghe, ma non<br />

ottenute con materie prime e processi codificati o, comunque, non certificate.<br />

Un ulteriore obiettivo del marchio pubblico è connesso soprattutto ai<br />

prodotti con una elevata notorietà, in particolare quelli le cui caratteristiche sono<br />

legate a una specifica area di produzione, ossia i prodotti con denominazione di<br />

origine (DOP e IGP) 39 , rispetto ai quali il marchio esercita principalmente una<br />

funzione di difesa da azioni di agropirateria 40 e italian sounding 41 . Si tratta, infatti,<br />

di prodotti già conosciuti e affermati sul mercato - sebbene non estranei a crisi 42 -<br />

<strong>per</strong> i quali trasparenza e caratterizzazione appaiono obiettivi già consolidati.<br />

Se si ragiona in termini di efficacia del marchio pubblico, effetti positivi si<br />

hanno soprattutto in termini di trasparenza e, quindi, di sicurezza relativamente<br />

maggiore del consumatore circa le caratteristiche del bene acquistato, risultato di<br />

particolare rilievo quando non esiste un rapporto diretto (di fiducia) con il<br />

produttore. Infatti, al di là dei casi di frodi alimentari, che minano la fiducia dei<br />

consumatori verso gli o<strong>per</strong>atori della filiera agro-alimentare destabilizzando il<br />

mercato, nella normalità l’utilizzazione del marchio crea delle aspettative<br />

favorevoli, benché non assolute 43 , da parte della domanda riguardo ai prodotti che<br />

se ne fregiano. Non si può dire altrettanto con riferimento alla va<strong>lo</strong>rizzazione del<br />

prodotto, in quanto l’utilizzazione del marchio pubblico non assicura di <strong>per</strong> sé un<br />

aumento del prezzo, soprattutto di quel<strong>lo</strong> alla produzione, come si verifica sia <strong>per</strong> i<br />

39<br />

40<br />

41<br />

42<br />

43<br />

Più precisamente, nel caso delle denominazioni di origine, si dovrebbe parlare di segno distintivo, regolato<br />

nei rapporti con i terzi da una disciplina di natura pubblicistica. Tuttavia, l’utilizzazione della specifica DOP<br />

o IGP da parte dei relativi produttori o trasformatori a vario tito<strong>lo</strong> associati, assume la natura giuridica di<br />

marchio (collettivo, pubblico o privato) assoggettato nei rapporti con i terzi alla disciplina di natura<br />

privatistica.<br />

Nel mercato USA, ad esempio, la Coldiretti stima che il va<strong>lo</strong>re al consumo dei prodotti (si considerano pasta,<br />

vino, formaggi, olio) imitati costituisce il 71% del totale del va<strong>lo</strong>re al consumo dei prodotti italiani esportati<br />

negli Stati Uniti e di quel<strong>lo</strong> delle <strong>lo</strong>ro imitazioni (Coldiretti, 2009).<br />

Il fenomeno italian sounding fa riferimento all’utilizzazione, <strong>per</strong> prodotti stranieri, di denominazioni,<br />

immagini, marchi e ricette che richiamano all’Italia.<br />

Come nel caso, ad esempio, di Parmigiano Reggiano, Taleggio, Fontina e Asiago, che già da diverso tempo<br />

sono soggetti a una drastica riduzione del prezzo sia alla produzione che al consumo.<br />

Proprio nel caso dei prodotti bio<strong>lo</strong>gici, un’indagine della SWG rileva come numerosi consumatori (il 27%<br />

degli intervistati, nel 2004) non acquistino tali prodotti in quanto non si fidano dei controlli che dovrebbero<br />

assicurarne la rispondenza a quanto stabilito dal Regolamento comunitario, mentre secondo un’altra<br />

indagine della Food Monitor GpfeA riporta che il 27,5% degli intervistati non ha fiducia sulla reale sicurezza<br />

e salubrità dei prodotti bio<strong>lo</strong>gici, con un aumento del 6,5% rispetto all’anno precedente (Fracchiolla, 2008).<br />

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