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Le strategie per lo sviluppo dell'agricoltura biologica. - Sistema d ...

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In agricoltura bio<strong>lo</strong>gica si richiede l’utilizzo di seme certificato, ossia<br />

prodotto secondo le normative specifiche. Il regolamento 2092/91 aveva stabilito<br />

che <strong>per</strong> ottenere produzioni bio<strong>lo</strong>giche possono essere utilizzate soltanto sementi o<br />

materiali da riproduzione vegetativa che a <strong>lo</strong>ro volta erano stati ottenuti con<br />

metodo bio<strong>lo</strong>gico. Con il regolamento 1935/95 si è stabilito che le sementi, <strong>per</strong><br />

essere certificate bio<strong>lo</strong>giche, devono essere state coltivate secondo il metodo di<br />

produzione bio<strong>lo</strong>gica <strong>per</strong> almeno una generazione oppure, in caso di colture<br />

<strong>per</strong>enni, <strong>per</strong> almeno due cicli colturali. Qua<strong>lo</strong>ra non siano disponibili sementi<br />

certificate secondo il metodo bio<strong>lo</strong>gico, possono essere utilizzate in deroga anche<br />

sementi convenzionali.<br />

Queste disposizioni pongono alcuni problemi. Se si cerca un particolare tipo<br />

di seme bio<strong>lo</strong>gico e la varietà richiesta non è disponibile, la vigente normativa<br />

comunitaria del settore ammette la possibilità di deroga e l’impiego di seme<br />

prodotto con metodi convenzionali, purché non trattata con prodotti non ammessi.<br />

Il sistema di deroghe è stato inoltre molte volte prorogato. Se <strong>per</strong> un verso ciò aiuta<br />

a risolvere problemi di eventuale carenza di materiale certificato e consente<br />

all’agricoltore la possibilità di ricorrere a varietà convenzionali, <strong>per</strong> altro verso il<br />

sistema di deroghe ha alcune conseguenze negative relative a:<br />

- uno scarso interesse a risolvere i problemi della certificazione delle sementi con<br />

ri<strong>per</strong>cussioni sulla crescita del comparto sementiero bio<strong>lo</strong>gico in Italia, che in<br />

tempi lunghi può costituire elemento limitante <strong>per</strong> la crescita dell’intero settore<br />

bio<strong>lo</strong>gico;<br />

- un mancato stimo<strong>lo</strong> all’utilizzazione di vecchio germoplasma, potenzialmente<br />

adatto alla coltivazione bio<strong>lo</strong>gica;<br />

- mancanza di stimo<strong>lo</strong> alla selezione dedicata alla coltivazione/allevamento<br />

bio<strong>lo</strong>gico.<br />

Si preferisce utilizzare quindi sementi convenzionali piuttosto che cercare<br />

una possibilità legale di utilizzare semi <strong>lo</strong>cali delle vecchie varietà, quasi sempre<br />

non certificabili, con la conseguente <strong>per</strong>dita di biodiversità in quei sistemi agricoli<br />

in cui questa risorsa è fondamentale. Facendo un esempio relativamente al settore<br />

dei cereali, si è conclusa di recente una ricerca finanziata dal MiPAAF (Quaranta et<br />

al., 2009) <strong>per</strong> la definizione di composti funzionali nel germoplasma disponibile di<br />

frumento duro e tenero. Sono state messe a confronto varietà moderne e varietà<br />

antiche e, in relazione a diversi componenti funzionali, si è visto che le varietà<br />

antiche hanno sempre una buona <strong>per</strong>formance come produttrici di composti<br />

funzionali (polifenoli, carotenoidi, amidi, fibre, lignani etc.) e che sono addirittura<br />

portatrici esclusive di alcune interessanti molecole. Inoltre le caratteristiche delle<br />

antiche varietà, spesso non rispondenti ai requisiti di qualità tecno<strong>lo</strong>gica richiesti<br />

<strong>per</strong> particolari prodotti, divengono essenziali <strong>per</strong> il mantenimento della qualità<br />

integrata dei prodotti tipici <strong>lo</strong>cali e potrebbero essere in grado di ri-va<strong>lo</strong>rizzare<br />

anche zone divenute marginali <strong>per</strong> l’attuale prevalente sistema produttivo.<br />

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