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2. La metamorfosi delle famiglie italiane<br />
rano di essere in fase “esplorativa” e un altro 17% che ha implementato iniziative<br />
ad hoc di flessibilità riservate a specifici profili e ruoli aziendali. Tra le Pmi,<br />
tuttavia, la diffusione risulta ancora decisamente circoscritta (e questo dato, in<br />
realtà, contribuisce a ridimensionare il fenomeno, considerate le caratteristiche<br />
del tessuto produttivo nazionale): solo il 5% del totale ha avviato un progetto<br />
strutturato di smart working, mentre il 9% ha introdotto informalmente logiche<br />
di flessibilità e autonomia. Più di tutto, però, sorprende il fatto che oltre una piccola<br />
impresa su due non conosca questa impostazione innovativa o si dichiari<br />
non interessata ad adottarla.<br />
Lo smart working nelle grandi aziende<br />
(% sul totale)<br />
Lo smart working nelle PMI<br />
(% sul totale)<br />
Presente Previsto Assente Non so<br />
91% 2% 6% 1%<br />
49% 9% 39% 3%<br />
Device<br />
82% 0% 16% 2%<br />
44% 7% 47% 2%<br />
Flessibilità di orario<br />
77% 8% 12% 3%<br />
34% 11% 52% 3%<br />
Social collaboration<br />
44% 7% 41% 8%<br />
24% 8% 65% 3%<br />
Flessibilità di luogo<br />
20% 10% 63% 7%<br />
22% 7% 69% 2%<br />
Layout fisico<br />
0 20 40 60 80 100 0 20 40 60 80 100<br />
Fonte: Osservatorio Smart Working Politecnico di Milano<br />
I primi studi disponibili hanno provato a quantificare i benefici dello smart working<br />
sui diversi fronti: un giorno/settimana di lavoro in modalità flessibile garantirebbe<br />
per l’impresa un aumento della produttività (almeno inizialmente) nell’ordine del<br />
10-15% ed un efficientamento dei costi di gestione dello spazio fisico compreso<br />
tra il 15% ed il 20%. D’altro canto, per il dipendente esso corrisponderebbe a<br />
circa 90 ore di spostamenti casa-lavoro risparmiate ogni anno e circa 700 euro di<br />
minori costi di mobilità, con un evidente miglioramento dell’equilibrio lavoro-vita<br />
privata. Come ogni innovazione che si rispetti, tuttavia, non mancano i rischi:<br />
se da un lato occorrono maturità, fiducia, disciplina personale e coordinamento,<br />
dall’altra non è raro il pericolo che si manifesti ciò che i sociologi chiamano “work<br />
intensification”, ovvero una sovra esposizione del lavoratore rispetto alla gestione<br />
a distanza dei carichi di lavoro. In ultimo la tecnologia: in un Paese che è fanalino<br />
di coda in Europa per la diffusione della banda larga (in alcune Regioni solo sette<br />
cittadini su dieci possono accedere ad internet con una connessione ad alta velocità),<br />
essa può diventare una falsa “commodity” ed operare come handicap (e<br />
non come facilitatore) dello smart working.<br />
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