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Consumi e distribuzione

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1. La ripresa rallenta<br />

stimoli alla domanda interna – sono anche le economie con lo stock di debito<br />

pubblico più elevato.<br />

L’ampliamento delle divergenze nelle performance dei paesi dell’area euro e<br />

le difficoltà a trovare una via di uscita dalla crisi, ha spinto molti ad interrogarsi<br />

sulla ricerca di percorsi alternativi rispetto alle politiche monetarie-fiscali volte<br />

a sostenere la domanda.<br />

Un primo filone su cui si è puntato molto è quello cosiddetto delle “riforme<br />

strutturali”. L’Italia ha compiuto sforzi significativi per adeguarsi alle indicazioni<br />

dettate dagli organismi internazionali. Non in tutti gli ambiti, a dire il<br />

vero, gli esiti sono stati all’altezza delle ambizioni, ma certamente ci si è attenuti<br />

scrupolosamente all’agenda delle autorità europee almeno in materia di<br />

pensioni e lavoro. Meno invece è stato sinora realizzato in altri ambiti importanti<br />

(lotta all’evasione fiscale, rilancio degli investimenti pubblici, istruzione,<br />

efficienza della Pa e liberalizzazioni) pur essendoci cantieri già aperti e percorsi<br />

istituzionali anche molto avanzati in molti di questi ambiti.<br />

Sebbene sia vero che le riforme strutturali richiedono del tempo per produrre<br />

i risultati attesi, è altrettanto verosimile che se esiti chiari non emergeranno<br />

nei prossimi anni, anche lo scetticismo verso questo genere di politiche tenderà<br />

ad aumentare.<br />

Un altro filone su cui è in atto da tempo un’ampia riflessione è quello dei<br />

limiti nel processo di costruzione della moneta unica. La tendenza alla perdita<br />

di competitività dei paesi della periferia e la concentrazione di molte attività<br />

produttive nelle economie del centro potrebbe rivelare anche la presenza<br />

di economie da agglomerazione e la marginalizzazione dei paesi periferici.<br />

L’arma del tasso di cambio risulterebbe necessaria per garantire a questi paesi<br />

una posizione competitiva adeguata al mantenimento della base produttiva<br />

industriale. In assenza di ciò l’alternativa è rappresentata dalla perdita di competitività<br />

con spinte al ribasso sui prezzi e sui salari dei paesi della periferia.<br />

La fragilità del sistema sarebbe evidente nell’elevatissimo surplus dei conti<br />

con l’estero della Germania, conseguenza diretta dell’abolizione della possibilità<br />

di fare svalutare il cambio da parte dei paesi della periferia.<br />

L’indebitamento dei paesi periferici sarebbe quindi, secondo questa chiave<br />

di lettura, una conseguenza degli afflussi di risparmio provenienti dalla<br />

Germania. È il paradosso di un’area valutaria costruita su un Paese leader che<br />

di fatto non ha mai assolto al ruolo di traino dei paesi più deboli dell’area nei<br />

momenti di difficoltà e, anzi, grazie alla forza del proprio sistema produttivo,<br />

ha messo sotto pressione la posizione competitiva degli altri.<br />

Ci si interroga quindi sulla possibilità di ripensare la struttura della governan-<br />

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