Consumi e distribuzione

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<strong>Consumi</strong> e <strong>distribuzione</strong>. Rapporto Coop 2016 in Europa (Francia ed Irlanda, con valori superiori a due figli per donna), rimarrebbe senza soluzione il deficit rappresentato da quanti sono nati a partire dagli anni ’80. In particolare, i 10-20enni di oggi sono un numero significativamente più contenuto degli attuali 50-60enni: quando quella generazione avrà 30-40 anni e assolverà il ruolo di motore della vita produttiva e sociale, il Paese potrà crescere solo a condizione che essa sia stata nel frattempo rafforzata dal punto di vista quantitativo e qualitativo. A tal fine è necessario lavorare simultaneamente su più fronti. Certamente investire nella formazione di base, favorire l’acquisizione di competenze avanzate nelle nuove generazioni e adottare politiche in grado di inserire stabilmente i più giovani nel mercato del lavoro. Allo stesso tempo però appare ineludibile gestire flussi di entrata che siano coerenti con le nostre necessità economiche e sociali e bilanciati rispetto alle possibilità di integrazione nella società. In questo senso, nel dibattito degli ultimi mesi ha iniziato a farsi largo la tesi secondo la quale i movimenti migratori rappresentano una opportunità da cogliere per il lungo periodo più che una emergenza da governare nel breve. Un orientamento che trae spunto da una serie di argomentazioni fondate nell’analisi empirica quantitativa e nella teoria economica. Il primo beneficio è da ricercare in ambito demografico: gli stranieri che vengono a vivere e lavorare nel nostro Paese, spesso dei veri e propri “nuovi” italiani, hanno una età media più bassa (uno su cinque ha meno di 10 anni) e una propensione alla fecondità più accentuata (2,2 figli per donna in media). Essi contribuiscono a mitigare e correggere i grandi trend demografici, fornendo un apporto determinante alla fascia centrale della popolazione, soprattutto a quella in età da lavoro. Secondo le proiezioni dell’Istat gli stranieri saliranno a 12 milioni entro il 2050, di cui il 65% con età compresa tra 15 e 64 anni. Le comunità straniere più numerose in Italia (Residenti al 1° gennaio 2016 e quota % sul totale stranieri) 1° 2° 3° Romania 1,15 milioni (23%) Fonte: Istat Albania 467 mila (9%) Ucraina 230 mila (5%) La comunità straniera più popolosa in Italia è quella rumena, che rappresenta quasi un quarto del totale degli stranieri, seguita da albanesi ed ucraini. [ 62 ]
2. La metamorfosi delle famiglie italiane Esiste tuttavia anche una Italia delle micro minoranze: Paesi e popolazioni che sono rappresentati da comunità di dimensioni minime. Dall’Africa e dall’Asia verso il Bel Paese: gruppi di nuovi italiani più piccoli di 500 unità che contribuiscono a rendere l’Italia terra di incontro di culture, usi, costumi, gusti e sapori provenienti da ogni angolo del pianeta. L’Italia delle minoranze (Classifica nazionalità con meno di 500 residenti in Italia) Uganda 484 Seychelles Ruanda Chad Costa Rica Malaysia Myanmar Azerbaigian Panama Mozambico 482 470 464 461 437 367 360 327 320 0 100 200 300 400 500 Fonte: Ufficio Studi Coop su dati Istat Il secondo aspetto ha a che vedere con il contributo degli stranieri all’economia nazionale: si calcola (dati Fondazione Moressa) che il “Pil da immigrazione” sia stato pari nel 2015 a 125 miliardi di euro, l’8,6% del prodotto nazionale. Con oltre mezzo milione di imprese non italiane, i contribuenti stranieri hanno dichiarato redditi per 45,6 miliardi di euro e versato circa 7 miliardi di Irpef, coprendo i trattamenti riservati ad oltre 600 mila pensionati italiani. Stranieri più occupati, ma penalizzati dalla crisi (Var. % del tasso di disoccupazione per italiani e stranieri nel periodo 2007-2015) 3 0 Italia Stranieri 0,5% -3 -6 -9 -12 -4,7% -2,0% -2,1% -8,2% -15 -14,4% Uomini Fonte: REF Ricerche su dati Confindustria Donne Totale [ 63 ]
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Il 2016 si chiude con un andamento
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