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<strong>Consumi</strong> e <strong>distribuzione</strong>. Rapporto Coop 2016<br />
pate in quanto non hanno realizzato nel periodo dell’indagine alcuna azione che<br />
lasci presumere la ricerca di un lavoro: si tratta di persone che non possono essere<br />
classificate fra i disoccupati, sebbene dichiarino di essere disponibili a lavorare<br />
qualora se ne presenti l’occasione. Fra questi vi sono molti lavoratori cosiddetti<br />
“scoraggiati” che di fatto hanno interrotto la ricerca dopo un certo periodo.<br />
L’insieme dei lavoratori che, pur non essendo classificati come disoccupati,<br />
si trovano di fatto “ai margini” comprende circa 3 milioni e 200mila persone<br />
nel 2016 (erano due milioni e mezzo nel 2007).<br />
Vi sono anche lavoratori che le statistiche ufficiali classificano fra gli occupati<br />
sebbene la loro condizione professionale si presti per alcuni aspetti ad essere<br />
assimilata almeno in parte a quella del disoccupato. Fra questi vi sono ad<br />
esempio i lavoratori in Cassa integrazione. Vi è poi un’altra area, letteralmente<br />
esplosa negli anni della crisi, che include i lavoratori che hanno un impiego<br />
involontariamente part-time: sono cioè quei lavoratori che lavorano solo un<br />
certo numero di ore non essendo riusciti a trovare un impiego a tempo pieno.<br />
L’area del part-time involontario comprende 2 milioni 700 mila persone, erano<br />
un milione 200 mila prima della crisi.<br />
Da queste poche considerazioni è evidente come l’area della disoccupazione<br />
in senso più ampio, descritta aggiungendo queste categorie ai disoccupati<br />
ufficiali, sia molto più estesa di quella fotografata dalle statistiche che siamo<br />
abituati comunemente a guardare ed è peraltro molto aumentata nel corso<br />
degli anni recenti.<br />
Se prendiamo quindi a riferimento la forza lavoro nella sua definizione più<br />
ampia, includendo cioè anche i lavoratori scoraggiati, e consideriamo come<br />
inoccupati anche i lavoratori in Cig e i part-time involontari, si ottiene la stima<br />
di un tasso di disoccupazione “allargato” pari al 31%, un valore che è circa il<br />
triplo rispetto alla definizione standard. È questo un dato che peraltro sintetizza<br />
in maniera efficace la diffusa percezione di difficoltà a entrare nel nostro<br />
mercato del lavoro in questi anni.<br />
Per questi motivi il Governo ha posto un’enfasi particolare sulle riforme del<br />
mercato del lavoro. Le misure degli ultimi anni si articolano secondo interventi<br />
volti a regolare la flessibilità in uscita dal mercato, con l’introduzione del<br />
contratto a tutele crescenti e un insieme di interventi mirati alla riduzione del<br />
cosiddetto “cuneo fiscale”, vale a dire la distanza fra il costo del lavoro pagato<br />
dall’impresa e il salario netto percepito dal lavoratore: i più rilevanti sono la<br />
norma degli 80 euro, lo scorporo del costo del lavoro a tempo indeterminato<br />
dalla base imponibile dell’Irap e l’esonero contributivo per le nuove assunzioni<br />
a tempo indeterminato nel 2015.<br />
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