Consumi e distribuzione

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Consumi e distribuzione. Rapporto Coop 2016 (il contributo sale a 160 euro mensili per coloro che si trovano al di sotto della soglia dei 7 mila euro) per i primi tre anni di vita del bambino. Secondo l’Inps, sono state 330 mila le coppie che nel 2015 hanno ricevuto l’assegno: certamente un buon punto di partenza, anche se non sufficiente per sanare le situazioni di grave disagio sociale che colpiscono il Paese. Lo conferma anche l’ipotesi, allo studio del Ministero della Sanità, di un incremento della dotazione del fondo per allargare ulteriormente la platea dei soggetti beneficiari e che potrebbe scattare nell’ambito della prossima Legge di Stabilità. Alla luce di tali considerazioni, appare opportuno chiedersi quanto costa il mantenimento di un figlio e come cambia la spesa di una famiglia italiana lungo il ciclo di vita del bambino. La letteratura economica, soprattutto quella di matrice anglosassone, è particolarmente “prolifica” in materia e adotta un approccio che si basa su due assunti fondamentali. Il primo è che mamma e papà riescono sempre a bilanciare l’esborso addizionale determinato dall’allargamento della famiglia con la gioia quotidiana di veder crescere un figlio, il secondo è che la spesa che sostengono i genitori per allevare un bambino non tiene conto del costo-opportunità rappresentato dal calo delle entrate future che origina dall’accantonamento delle prospettive di carriera, soprattutto per le mamme. In questo senso, al fine di misurare il costo della genitorialità, sono state messe a confronto le famiglie con un figlio (in modo tale da depurare dalla stima gli effetti delle economie di scala che si innestano alla nascita del secondo figlio) rispetto alle coppie senza figli. Nel complesso la presenza di un figlio minore incide in misura significativa sulla distribuzione del budget familiare: si spende di più in cibo e bevande, in farmaci e servizi sanitari, in utenze per la casa, in abbigliamento, di meno in viaggi e ristoranti, in arredamento ed in comunicazioni. Espresso in ragione d’anno, l’aggravio di spesa passa da circa 4 mila euro l’anno per un figlio fino a 5 anni di età ad oltre 6 mila nel caso di un figlio in età adolescenziale (analizzando lo spaccato delle voci, si osserva una crescita della spesa destinata ai vestiti, all’istruzione, allo svago ed all’alimentazione). Cumulando il divario di spesa tra famiglie con e senza figli è possibile quantificare il costo di un figlio sino al raggiungimento della maggiore età: si tratta di oltre 80 mila euro. In una epoca in cui l’uscita dalla famiglia di origine tende ad essere posticipata sempre più per le note difficoltà ad emanciparsi economicamente dai genitori, può essere utile considerare le due successive classi di età sino ai 30 anni: la stima restituisce un innalzamento del costo del figlio tra i 18 ed i 30 anni di ulteriori 20 mila euro, portando il conto finale a circa 105 mila euro. [ 136 ]
3. Per i consumi una ripresa selettiva Le maggiori spese si concentrano in cibo, sanità, assistenza (Spesa annuale di una famiglia con e senza figli* e scarto %) ALIMENTARE ABBIGLIAMENTO E CALZATURE 4.456 6.380 1.512 2.106 0 +43% +39% Senza figli Con figli Senza figli Con figli CASA E UTENZE 14.512 13.317 SANITÀ E ISTRUZIONE 1.918 1.197 Senza figli +9% +60% Con figli Senza figli Con figli ALLOGGIO E TEMPO LIBERO 3.645 3.667 4.685 TRASPORTI 5.747 +1% +23% Senza figli Con figli Senza figli Con figli COMUNICAZIONI 791 859 +9% Senza figli Con figli *Vengono presi in considerazione i figli fino al diciottesimo anno di età Fonte: REF Ricerche su indagine “Spese per consumi delle famiglie”, Istat 2016 [ 137 ]
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Il 2016 si chiude con un andamento
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