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Symposium - AIC

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Mario Vegetti<br />

è di peso (onchos) minuscolo, per potere e per onore essa supera di gran lunga tutto il resto»<br />

(1177b31-1178a1). La più alta forma di immortalità personale possibile per l'essere umano mortale, la<br />

virtù più vera, la perfetta felicità: riecheggiano con molta forza, in questo passo aristotelico, i tratti<br />

decisivi riconosciuti da Diotima alla contemplazione filosofica dell'idea del bello – certo estesa da<br />

Aristotele a tutto il campo dei possibili oggetti del pensiero speculativo.<br />

Sembra dunque certo che Aristotele abbia trovato nel Simposio elementi decisivi per pensare<br />

la questione del desiderio di immortalità individuale da parte di viventi mortali, e dei diversi livelli ai<br />

quali questo desiderio può venire soddisfatto: dall'eternazione riproduttiva fino all'assimilazione<br />

parziale con l'immortalità divina consentito dalla forma di vita teoretica.<br />

2.4 L'elaborazione e l'espansione aristotelica delle prospettive indicate da Diotima forniscono<br />

dal canto loro preziosi chiarimenti che possono venire impiegati retroattivamente per l'interpretazione<br />

dei problemi cruciali sollevati da quelle prospettive.<br />

In primo luogo. Considerata dal punto di vista aristotelico, la questione se il percorso<br />

“politico” e quello speculativo verso l'immortalizzazione personale vadano considerati come posti in<br />

sequenza o piuttosto in alternativa può venire chiaramente risolta nel secondo senso. La forma di vita<br />

politica e quella teoretica sono nettamente distinte e contrapposte da Aristotele; 24 ad esse<br />

corrispondono tipi d'uomo diversi, e diverse virtù gerarchicamente distinte (quella dianoetica e quelle<br />

etiche, anche se naturalmente l'esercizio della virtù maggiore non esclude il possesso di quelle etiche,<br />

richieste dall'interazione quotidiana fra gli uomini) 25 . Aristotele considera l'attività politica come un<br />

impedimento e un impaccio per quella speculativa, cui va dedicata per quanto è possibile la vita intera<br />

– anche se essa concerne un'esigua minoranza di uomini, come del resto presumibilmente accadeva<br />

per la perfetta iniziazione erotica del Simposio.<br />

Questa opposizione tra virtù, forme di vita e tipi umani contiene in sé anche la risposta che il<br />

punto di vista aristotelico offre al secondo quesito suscitato dal Simposio, circa l'eventuale “discesa”<br />

nelle occupazioni umane dopo l'evento della contemplazione dell'idea del bello. Come si era<br />

anticipato, questa risposta non può che essere negativa. A differenza del ritorno nella caverna dei<br />

filosofi della Repubblica, il filosofo aristotelico rifiuterà il coinvolgimento politico, decidendo di<br />

«vivere da straniero» nella città (Pol. VII 2 1324a16). La stessa permanenza perpetua nella sfera<br />

dell'attività teoretica sarà dunque da attribuire al filosofo contemplatore del Simposio.<br />

Ma veniamo alla terza e più importante questione. L'idea di un accesso biologico all'eternità<br />

della specie, e di una conquista culturale dell'immortalità personale che non comporta e non richiede<br />

alcuna concezione dell'immortalità dell'anima individuale, si accorda perfettamente con la psicologia<br />

e l'etica perfettamente “mondane” di Aristotele. Reciprocamente, il fatto che egli possa accogliere<br />

senza riserve queste prospettive sull'immortalizzazione formulate nel Simposio significa che nella<br />

lettura aristotelica esse non comportavano alcun impegno nei riguardi delle convinzioni altrove<br />

formulate da Platone circa l'immortalità dell'anima individuale, convinzioni che Aristotele non<br />

avrebbe potuto affatto condividere. Aristotele conferma dunque l'assenza nel Simposio di ogni<br />

riferimento a questo complesso di dottrine e delle loro ricadute sia morali sia gnoseologiche.<br />

3. Un'assenza, questa, che non può venire spiegata con ipotesi di tipo evolutivo, vista la<br />

prossimità del Simposio a dialoghi, come il Fedone e il Fedro, dove il pensiero dell'immortalità<br />

dell'anima gioca un ruolo centrale. Sembra anche piuttosto arbitrario pensare a uno «scetticismo<br />

temporaneo» di Platone intorno a questa convinzione, come ha fatto Hackforth. 26 Ma neppure<br />

sembrano accettabili “spiegazioni” (nel senso inglese di explain away) che implicano una petitio<br />

principii, di questo tipo: Platone ha sempre sostenuto la teoria dell'immortalità dell'anima; dunque<br />

essa non può risultare assente nel Simposio, anche se il testo sembra confermarlo. 27<br />

24 Si vedano in proposito le puntuali analisi di GASTALDI (2003) pp. 109-31.<br />

25 Cfr. in questo senso Eth. nicom. X 8 1178b2-7.<br />

26 R. HACKFORTH, Immortality in Plato's '<strong>Symposium</strong>', «Classical Review» 64 (1950) pp. 43-45.<br />

27 Mi sembra che di questo tipo sia l'argomentazione in CENTRONE (2009) pp. LIX s.: «La negazione dell'immortalità<br />

personale implicita nelle parole di Diotima a 207c-208b non può essere in contrasto con la teoria dell'immortalità dell'anima,<br />

cosmica o individuale, di cui Platone è costantemente strenuo e convinto sostenitore; il mortale di cui si parla è il corpo e<br />

probabilmente il composto di anima e corpo». Un ragionamento simile anche in FIERRO (2001), la cui interpretazione del<br />

Simposio è interamente derivata dal Fedone. Ponendosi da un punto di vista “compatibilista” (per es. tra Fedone e<br />

Simposio), PRICE (1989) si chiede: «The question becomes how best characterize an immortality within mortality whose<br />

achievement is desirable even for souls that are themselves fully immortal»; e conclude: «Plato, regrettably, leaves us to<br />

speculate about an answer» (pp. 33-4). Per un'ampia discussione problematica cfr. SIER (1997) pp. 185-197. Tra<br />

l'interpretazione secondo la quale «l'individualità della persona può perpetuarsi solo per sostituzione, attraverso la 'creazione'<br />

spirituale», e quella di una immortalità piena, non vicariante, per l'anima del filosofo, Sier proponde con molta cautela per la<br />

seconda, soprattutto sulla base dell'opinabile riferimento indicato da O'Brien a Resp. X 612e-614a. Il saggio di M. O'BRIEN<br />

(1984) costituisce probabilmente il migliore sforzo in senso “compatibilista”, perché non si nasconde le difficoltà di<br />

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