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Symposium - AIC

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Federico M. Petrucci<br />

dell'oplita e le regole sociali che lo vincolano, quale quella di riportare le armi. Ma anche in questo<br />

caso la descrizione appassionata di Alcibiade evidenzia una forte distanza rispetto a una lettura<br />

filosofica del coraggio. La prova maggiore di questo è fornita dall'inciso relativo al "riconoscimento al<br />

valore": Socrate non lo vuole, mentre Alcibiade aspira proprio ad esso, e ringrazia implicitamente<br />

Socrate per una rinuncia che suppone in qualche modo generosa e sofferta 9 . Agli occhi di Alcibiade la<br />

virtù di Socrate è ancora tradizionale, una fermezza che ricorda immagini di battaglie cantate dai<br />

lirici, che riprende terminologia e contenuti delle virtù spartane rappresentate da Tucidide: si tratta di<br />

una virtù dell'azione, del tutto immersa nei valori della πόλις.<br />

Ciò non impedisce, tuttavia, che l'azione di Socrate possa essere considerata come virtuosa al<br />

di là dell'inadeguatezza dell'"analisi" del comportamento implicita nelle parole di Alcibiade; al<br />

contrario, il comportamento di Socrate, proprio perché di Socrate e in base all'ascesa descritta da<br />

Diotima, deve essere dettato da una base filosofica, cioè dal possesso di una virtù compiuta a monte<br />

delle azioni virtuose.<br />

Osservando la lode dal punto di vista di Alcibiade si ottiene dunque un quadro coerente,<br />

l'immagine di un Socrate ἄτοπος per la sua attività filosofica ma al contempo in grado di agire in<br />

modo straordinariamente virtuoso. E tuttavia, la stessa descrizione difficilmente potrebbe risultare<br />

lusinghiera in una prospettiva propriamente platonica, o anche, restringendo la prospettiva, in base al<br />

discorso di Diotima 10 . In effetti, se da un lato le azioni descritte da Alcibiade sono in ogni caso<br />

virtuose, le motivazioni individuate non evidenziano alcuna matrice filosofica, anzi si appiattiscono su<br />

una morale tradizionale, del tutto simile a quella di chi aspira al riconoscimento sociale (come<br />

conferma lo stupore per il rifiuto di Socrate degli onori pubblici, considerato atto di generosità). In<br />

questo senso la virtù di Socrate sembrerebbe - paradossalmente - porsi al livello dell'uomo<br />

timocratico, tanto distante dal filosofo nella prospettiva indicata da Diotima.<br />

Da questa - troppo breve - analisi delle sezioni considerate è possibile trarre tre conclusioni<br />

interrelate.<br />

In primo luogo, Alcibiade si conferma immagine del φιλότιµος, distante da qualsiasi<br />

consapevolezza di tipo filosofico: egli coglie la virtù nell'agire di Socrate, ma proietta sul filosofo le<br />

proprie categorie, le motivazioni tradizionali che lo spingerebbero alla virtù 11 .<br />

In secondo luogo, il fatto che il filosofo compia azioni virtuose e che sia riconosciuto come<br />

virtuoso da Alcibiade spinge a rimodulare in generale lo scarto tra l'agire del φιλόσοφος e quello del<br />

φιλότιµος. Il φιλότιµος non può essere realmente e completamente virtuoso poiché non conosce il<br />

vero (come insegna Diotima), ma può agire in modo virtuoso ed essere educato a farlo. Il filosofo,<br />

invece, per la contemplazione raggiunta e la φρόνησις filosofica acquisita, conosce il vero ed è<br />

completamente virtuoso (come testimonia Diotima), ma al contempo agisce in modo virtuoso (come<br />

chiarisce un osservatore d'eccezione, Alcibiade). Il fatto che per Alcibiade questa dialettica si ponga<br />

nei termini di una discrasia tra l'ἀτοπία di Socrate e le sue gesta straordinariamente virtuose 12 dipende<br />

proprio dall'incapacità del φιλότιµος di cogliere la relazione essenziale tra conoscenza, possesso della<br />

virtù e agire virtuoso, una relazione che si concretizza solo nel filosofo. Parallelamente, descrizioni<br />

nette come quelle presenti nel Fedone o nel discorso di Diotima sono tali perché tendono a una<br />

distinzione analitica e mirata tra le figure dal punto di vista "della filosofia", cioè sulla base dell'essere<br />

9 Ciò non implica che ogni pubblico riconoscimento al valore sia da rifiutare (al contrario, anche lo stato platonico della<br />

Repubblica prevede onori). E tuttavia il fatto che Socrate agisca in modo virtuoso non implica che Platone accetti i<br />

presupposti della morale tradizionale, che anzi vuole riformare: in questo senso il rifiuto degli onori e le relative osservazioni<br />

di Alcibiade rimarcano ancora il polo "dell'atopia" del filosofo nella πόλις storica (controbilanciato dal valore riscontrabile<br />

nel suo agire).<br />

10 In questo senso ci si allontana dalla prospettiva di integrazione netta tra i discorsi di Socrate e Alcibiade tentata, ad<br />

esempio, da D. Scott, Socrates and Alcibiades in the <strong>Symposium</strong>, «Hermathena» 168 (2000), 25-37: pur evidenziando il<br />

cambiamento di prospettiva nei due discorsi, Scott non sottolinea la distorsione nella descrizione della virtù prodotta da<br />

Alcibiade.<br />

11 Un altro caso evidente di proiezione su Socrate di un punto di vista proprio di Alcibiade, e tipico del φιλότιµος, si ha a 214<br />

d2-4, quando a Socrate viene attribuito il desiderio di encomi e implicitamente l'invidia per encomi attribuiti ad altri: è<br />

evidente dai passi citati in precedenza, invece, che è proprio Alcibiade ad aspirare a onori personali nell'ambito pubblico (ma<br />

anche a un'attenzione esclusiva da parte di Socrate); cfr. B. Centrone, M. Nucci, op. cit., XXXIX. Questa conclusione,<br />

inoltre, oppone argomenti contro la tesi (argomentata, ad es., da E.Belfiore, Dialectic with the Reader in Plato's <strong>Symposium</strong>,<br />

«Maia» 36 (1984), 47-48) per cui Alcibiade avrebbe raggiunto un certo livello dell'iniziazione ai misteri, in particolare<br />

quello del riconoscimento di τὸ ἐν τοῖς ἐπιτηδεύµασι καὶ τοῖς νόµοις καλὸν (210 c4). In effetti, la prospettiva timocratica<br />

evidenziata da Alcibiade si riflette nella valutazione delle attività, delle loro motivazioni e delle loro finalità: Alcibiade<br />

riconosce attività che, se considerate unitamente alle loro motivazioni, sono il frutto di immagini di virtù, il che conduce<br />

nuovamente al di fuori dei grandi misteri.<br />

12 Discrasia che è stata oggetto diffuso di interpretazioni, spesso volte a ricomporre i tratti di contrasto tra la condanna e la<br />

lode.<br />

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