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Symposium - AIC

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Mario Vegetti<br />

In realtà, anche l'eclissi dell'immortalità dell'anima individuale deve a mio avviso venire<br />

interpretata secondo il criterio prudente e plausibile formulato da Tim Robinson: «Il rifiuto manifesto,<br />

da parte di Platone, di ridurre a una sembianza d'ordine artificiale una serie di concezioni dell'anima<br />

che, intrinsecamente, sono probabilmente inconciliabili [...] va compreso come un segno della sua<br />

potenza filosofica [...] Esso può venire attribuito a una sua ferma decisione di lasciare una pluralità di<br />

opzioni aperte in caso di dubbio, decisione di un uomo che lungo tutta la sua vita, e fino alla fine, ha<br />

scelto di esprimersi sempre, su ogni argomento, nella forma di un dialogo aperto e non in quella di un<br />

trattato dogmatico». 28<br />

E’ del resto ben noto quanto sia problematica e tormentata in Platone la questione<br />

dell'immortalità dell'anima individuale, in ragione delle stesse esigenze cui essa è chiamata a<br />

rispondere. C'è da un lato la necessità di ordine morale di incentivare la condotta giusta in questa vita<br />

mediante un dispositivo di premi e punizioni previsti per l'anima nell'al di là, che possono risarcire il<br />

giusto per le sue sofferenze mondane e sanzionare l'ingiusto per le sue prevaricazioni, dispositivo<br />

ampiamente descritto nei miti escatologici del Gorgia e del libro X della Repubblica. 29 C'è dall'altro<br />

lato l'esigenza gnoseologica di spiegare la possibilità di conoscenza di enti incorporei come le idee da<br />

parte di un'anima vincolata agli organi di senso: essa può essere più facilmente pensata come un<br />

contatto pre-natale fra le idee e un'anima non ancora incorporata, secondo la tesi del Fedone. 30<br />

Le due esigenze tuttavia confliggono su un punto decisivo, che resta irrisolto in Platone. 31 Una<br />

qualche forma di ricordo dell'esperienza conoscitiva pre-natale deve essere conservato nella vita<br />

corporea, perché su di esso si fonda la via anamnestica per il riconoscimento delle idee anche in<br />

questa vita. Al contrario, l'istanza etica esige la cancellazione di ogni ricordo delle esperienze prenatali,<br />

come indica il mito di Er, perché altrimenti non si avrebbero più in questa vita decisioni morali<br />

responsabili, bensì un semplice calcolo di costi e benefici, in base al quale la condotta giusta verrebbe<br />

presumibilmente scelta in vista dei premi decuplicati con cui essa è remunerata nell'al di là, e<br />

viceversa sarebbe evitata la condotta ingiusta per timore delle analoghe punizioni. La memoria,<br />

necessaria per la conoscenza delle idee, renderebbe dunque impossibile la scelta morale. Una<br />

contraddizione questa che Platone non risolve e neppure tematizza, lasciando che i due tipi di discorso<br />

si svolgano su piani diversi e non comunicanti.<br />

Considerazioni simili si possono svolgere intorno alla questione dell'immortalità dell'anima<br />

nella sua singolare individualità. 32 L'esigenza di ordine morale richiede che la vicenda oltreterrena<br />

dell'anima la riguardi nella sua interezza personale (si parlerà dunque dell'anima di Achille o di<br />

Socrate): premi e punizioni non possono che riguardare tutta l'anima che porta meriti e colpe della vita<br />

dell'individuo cui è appartenuta. Ma d'altro canto è difficile pensare che le parti dell'anima più<br />

strettamente legate alla corporeità, come lo thymoeidès e l'epithymetikòn – del resto esplicitamente<br />

designate come “mortali” nel Timeo – possano godere della stessa immortalità che spetta all'elemento<br />

divino che è in noi, cioè il principio razionale che è tuttavia per sua natura impersonale.<br />

Anche questi problemi non trovano in Platone soluzioni univoche, né vengono esplicitamente<br />

tematizzati.<br />

Se si tiene conto di questo quadro complesso e frastagliato, si può dunque accettare senza<br />

eccessiva sorpresa che il Simposio non prenda affatto in considerazione l'immortalità dell'anima, e<br />

proponga di pensare una via all'immortalizzazione personale che ne prescinde completamente: questi<br />

va considerato come uno dei molti esperimenti intellettuali di Platone, la cui importanza è<br />

eccezionalmente confermata dalla sua attenta rivisitazione da parte di Aristotele.<br />

E’ però il caso di mettere in rilievo una conseguenza importante di questo esperimento, alla<br />

quale non sempre si è dedicata una sufficiente attenzione: si tratta della rinuncia alla funzione<br />

interpolare nel Simposio una dottrina dell'immortalità dell'anima senza sovrapporvi altri dialoghi come il Fedone (p. 186),<br />

benché egli stesso ricorra poi ripetutamente al libro X della Repubblica. O'Brien scrive che la topica dell'immortalità è<br />

evitata, piuttosto che asserita o negata, nel discorso di Diotima (p. 192), ma vede nella sua frase finale un riferimento alla<br />

«immortalità letterale del filosofo in comunione con la Bellezza assoluta» (p. 196-7, 197 n. 34). Tuttavia O'Brien si rende<br />

conto di due anomalie di questa interpretazione: che l'immortalità è una prospettiva, un “achievement”, concessi solo al<br />

filosofo, la cui anima non è immortale per natura ma può diventarlo; ed è presentata come un dono divino al filosofo, non<br />

come un attributo necessario dell'anima (pp. 199-201). O'Brien spiega queste anomalie come l'effetto della strategia retorica<br />

(psicagogica) di Diotima, ma di fatto esse sembrano caratterizzare l'intero assetto teorico del discorso sull'immortalità, che<br />

per questo probabilmente avrebbe attratto l'interesse di Aristotele. Credo comunque di aver dimostrato (VEGETTI 2007B) che<br />

il libro X della Repubblica, o le parti di cui è composto, non possa essere considerato come “l'ultima parola” della filosofia<br />

platonica su questo e altri temi.<br />

28 TH. M. ROBINSON (1997) p. 26.<br />

29 Cfr. in proposito CENTRONE (2007) pp. 36 s.<br />

30 Cfr. in questo senso FERRARI (2007) pp. 80-83.<br />

31 Per una discussione più ampia in proposito rinvio a VEGETTI (2003) pp. 119-31.<br />

32 Il problema è discusso in CENTRONE (2007) pp. 35-50, e in MIGLIORI (2007) pp. 273-75.<br />

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