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Symposium - AIC

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Piera De Piano<br />

animali. Esistono tre generi intermedi: gli angeli, i demoni e gli eroi; i primi sono i più vicini agli dèi<br />

e ne condividono l’essenza unitaria e indivisa, rendendo proporzionato alle cose posteriori il carattere<br />

non ancora molteplice della natura divina; i secondi, come abbiamo già visto sopra, distribuiscono la<br />

potenza divina in tutti gli enti secondari; i terzi, invece, riconducono la molteplicità degli enti derivati<br />

all’intelletto divino, hanno cioè il compito di elevare e convertire le anime umane attraverso<br />

l’amore 24 . Da qui la spiegazione etimologica del termine ἥρως, «eroe». Tutti gli eroi, infatti, spiega<br />

Platone nel Cratilo (398d1-e3), sono nati da un innamorato (ἐρασθείς): o da un dio innamorato di una<br />

mortale, o da un mortale innamorato di una dea. Ecco perché la radice del termine ἥρωες è<br />

strettamente collegata al termine ἔρως, al nome dell’amore, da cui appunto sono nati gli eroi. Nello<br />

scolio CXIX, di commento proprio a questo passo platonico, Proclo inquadra tale spiegazione nella<br />

gerarchia metafisico-teologica del reale: gli eroi ricevono la loro denominazione (ἐπωνυµίαν) da Eros,<br />

dio dell’amore. Questi è a metà tra il mortale e il dio, spiega Diotima 25 , ed è per questo che gli eroi<br />

non solo nascono dai demoni, ma ne ricevono anche, per analogia (ἀναλόγως), le proprietà: poiché<br />

Eros è generato da Poros, che è migliore, e da Penia, che è peggiore, anche gli eroi contengono in sé<br />

questi generi differenti, l’uno divino, l’altro mortale 26 .<br />

La genitorialità di Eros serve a Proclo per spiegare la genitura divina in generale nel primo<br />

libro della Teologia Platonica. Gli dèi sono posti al di sopra della γένεσις e della realtà condizionata<br />

dalla temporalità, e allora il racconto di Diotima che presenta Eros figlio di una causa paterna e una<br />

materna diventa il luogo adatto alla spiegazione di qualunque nascita di ordine divino. La processione<br />

degli dèi è conforme all’unità, essa non prevede divisioni e distinzioni dell’essenza, che invece<br />

procede senza che ciò che è superiore subisca diminuzione né alterazione 27 .<br />

Quando allora Platone dice in forma di racconto mitico (ἐν µυθικοῖς πλάσµασιν) della nascita<br />

di Eros, generato durante la festa per la nascita di Afrodite, dobbiamo ricordare – spiega Proclo – che<br />

egli si sta servendo di una dimostrazione simbolica: i miti chiamano γένεσις l’indicibile<br />

manifestazione che ha origine dai principi causali. Quando invece Platone si esprime in maniera<br />

dialettica e intellettiva, e non in modo mistico come fanno i teologi, ovvero i poeti ispirati, egli non fa<br />

che celebrare il carattere di ingenerato proprio degli dèi 28 . L’ordine divino più prossimo all’Uno<br />

contiene in se stesso le processioni degli enti inferiori, intermedi e di ultimo livello: in esso, come in<br />

ciascuno degli ordinamenti divini di livello inferiore, sono contenuti principi causali uniformi ma<br />

anche multiformi enti causati. Ciascuno di questi contenuti sussiste però in maniera differente: «i<br />

primi, in quanto completanti preesistono ai secondi; i secondi, in quanto completati, bramano quelli<br />

più compiuti, e a loro volta, partecipando della potenza dei primi, si rendono principi di generazione<br />

di quelli successivi» 29 .<br />

È tenendo presente queste nozioni che va interpretata la genitorialità divina dei racconti<br />

mitici: s’intenderà perciò la causa paterna come il principio causale uniforme della natura superiore, e<br />

quella materna come il principio causale di natura inferiore e più particolare che viene a preesistere<br />

nel ruolo di madre (ἐν µητρὸς τάξει). Se però la causa paterna è sempre superiore all’ente da essa<br />

derivato, la causa materna a volte può anche essere ad esso inferiore: è questo il caso di Πενία, causa<br />

materna di Eros nel Simposio. Ciò è vero non solo nei racconti mitici, ma anche quando Platone parla<br />

‘in maniera filosofica’ degli enti, come nel Timeo, quando chiama «padre» l’essere, ovvero i modelli<br />

intelligibili delle cose sensibili, chiama «madre» e «nutrice del divenire» la materia, ricettacolo delle<br />

immagini dell’essere, e «figlio» la natura di ciò che è ad essi intermedio (τὴν δὲ µεταξὺ τούτων<br />

φύσιν) 30 . Ebbene le potenze causatrici che perfezionano le realtà seconde, che sono promotrici di vita<br />

24<br />

Cfr. Procl. ibi, CXXVIII, 75, 80 – 76, 4. La stessa distinzione dell’ordinamento intermedio di natura demonica in angeli,<br />

demoni ed eroi si trova anche in In Tim. III, 165, 15-22. La distribuzione gerarchica degli esseri intermedi tra gli dèi e gli<br />

uomini si trova già nell’Epinomide in cui ad ognuna delle specie viventi e dei quattro elementi di Tim. 39e10-40a2 si fanno<br />

corrispondere, rispettivamente, gli dèi, i demoni, di cui si individua anche un particolare ἀέριον γένος, i semidei e infine gli<br />

uomini (Ep. 984d-985b). Stessa disposizione gerarchica si ritrova in Alc. Didask. p. 171, 15-29 ed. Whittaker - Louis e in<br />

Calc. In Tim. §§ 127-136 ed. Waszink. Ad introdurre l’elemento angelico accanto a quello demonico è la tradizione<br />

neopitagorica (cfr. Iambl. Theol. aritm. p. 24, 20 ed. De Falco). L’ordine angeli – demoni – eroi è già di Celso (in Orig.<br />

Contr. Cels. VII, 68) e di Ierocle di Alessandria (In carm. aur. 19, 17-22 ed. Köhler). Sull’argomento cfr. Rodríguez Moreno<br />

1998, pp. 177-192 e Timotin 2012, pp. 85-161.<br />

25<br />

Plat. Symp. 202d11-e1; 203b1-e5. Cito i testi platonici dall’edizione oxoniense di Burnet, tt. I-V, 1900-1907.<br />

26<br />

Cfr. Procl. In Crat. CXIX, 71, 8-13.<br />

27<br />

Cfr. Procl. El. Theol. 25.<br />

28<br />

Cfr. Procl. Theol. Plat. I, 28, pp. 120, 22 – 121, 14.<br />

29<br />

Procl. ibi, I, 28, pp. 121, 21 – 122, 2. La traduzione è di Abbate 2005, lievemente modificata.<br />

30<br />

Cfr. Plat. Tim. 50d2-4 e 52d5. L’identificazione dell’essere con la causa paterna dell’universo è dedotta da Proclo<br />

direttamente da Tim. 50d2 in cui l’appellativo di ‘padre’ riferito da Platone al modello intelligibile, uno dei tre principi della<br />

generazione del cosmo, risulta significativo per l’interpretazione del ruolo del demiurgo a cui tradizionalmente si<br />

attribuiscono, senza un reale riscontro del testo, gli appellativi di ποιητής e πατήρ di Tim. 28c3. Sull’argomento rimando al<br />

fondamentale studio di Ferrari 2003, teso a dimostrare come il mondo delle idee rappresenti contemporaneamente la causa<br />

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