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Symposium - AIC

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I.<br />

La difficile analogia tra poesia e amore<br />

Giovanni Casertano<br />

Alle pagine 205a-206a, nel suo dialogo con Socrate, Diotima stabilisce un’analogia tra la poesia e<br />

l’amore che ha un importante rilievo nella sua argomentazione. Come è noto, il dialogo avvenuto tra<br />

Diotima e Socrate, o meglio i dialoghi avvenuti in una serie di incontri tra i due personaggi (cfr.<br />

207a), riportati dal personaggio Socrate agli amici riuniti nel Simposio, costituiscono il contributo di<br />

Socrate agli encomi di Eros che in quell’occasione si era convenuto di fare. In un articolo del 1997 1<br />

mi sono occupato di questo “dialogo nel dialogo” e della sua importanza per la concezione platonica<br />

dell’amore, della morte e dell’immortalità 2 . Qui mi occuperò di questa pagina del Simposio, cercando<br />

di mettere in luce il significato dell’analogia. Ma, per chiarirlo, sarà bene inquadrare la pagina<br />

all’interno del dialogo tra Socrate e Diotima.<br />

Il problema che ci interessa viene introdotto da Diotima dopo la conclusione cui si è giunti in<br />

205a: essere felici significa possedere (205a1: κτήσει) cose buone, e tutti gli uomini hanno la volontà<br />

(205a5: βούλησιν) e il desiderio (205a5: ἔρωτα) di possedere sempre le cose buone. Notiamo che qui<br />

eros è il desiderare, e cioè l’amare, ma l’amare le cose buone. A sua volta, questa conclusione è<br />

raggiunta, secondo il più classico metodo socratico, nel corso di un dialogo in cui uno dei personaggi<br />

interroga e l’altro risponde, solo che qui è Diotima che assume il ruolo che Socrate ha in altri dialoghi,<br />

e Socrate quello che in genere assumono i suoi interlocutori 3 . Sintetizzerò qui brevemente le tappe che<br />

hanno portato a questa conclusione, accennando ai risvolti metodologici che emergono chiaramente<br />

nell’andamento di questo dialogo.<br />

Si comincia con una serie di qualificazioni di Eros:<br />

1) Eros non è né bello né buono (201e).<br />

2) È qualcosa di intermedio tra sapiente e ignorante (202a), e quindi tra bello e brutto, buono e cattivo<br />

(202b).<br />

3) Non è un dio, perché questi è felice e bello, possiede già le cose buone e belle (202b-c), mentre<br />

Socrate già ha convenuto (202d1: ὡµολόγηκας) che è per la mancanza (δι’ ἔνδειαν) di cose buone e<br />

belle che Eros le desidera.<br />

4) È qualcosa di intermedio tra mortale e immortale, è un grande demone (202d).<br />

Si continua con:<br />

5) Il mito della sua nascita e la deduzione del suo carattere (203a-204a).<br />

Segue un dialogo fatto di domande e risposte:<br />

6) Una nuova domanda di Socrate: chi sono allora coloro che filosofano (204a8: οἱ φιλοσοφοῦντες)?<br />

Qui c’è da notare innanzi tutto la conferma del ruolo di Socrate nel dialogo con Diotima al quale<br />

accennavo prima: in genere, nei dialoghi platonici, ci sono due tipi di domande, quelle di chi sa e<br />

confuta chi non sa, svolgendo così la sua opera maieutica, e quelle di chi non sa e vuole apprendere da<br />

chi sa; il primo tipo è del Socrate abituale, il secondo del Socrate che qui discute con Diotima 4 . Ed è<br />

sintomatico, per quel che andremo argomentando, che Socrate non dica qui “i filosofi”, ma: coloro<br />

che esercitano questo tipo di attività che è il filosofare.<br />

7) È chiaro anche ad un ragazzino, è la risposta di Diotima: è necessario (204b4: ἀναγκαῖον) che Eros<br />

1 Il (in) nome di Eros. Una lettura del discorso di Diotima nel Simposio platonico; in «Elenchos» XVIII (1997), pp. 277-310.<br />

2 Sono poi ritornato su questi argomenti in altri studi: Dal logo al mito al logo: la struttura del Fedone; in G. Casertano (a<br />

cura di), La struttura del dialogo platonico, Loffredo, Napoli 2000, pp. 86-107; Morte (dai Presocratici a Platone: ovvero dal<br />

concetto all’incantesimo), Guida, Napoli 2003, pp. 49-119; O homem combatido: terapia do medo em Platão, in «Cadernos<br />

de Filosofia. Publicação Semestral do Instituto de Filosofia da Linguagem» da Universidade Nova de Lisboa, n° 18/2005,<br />

Lisboa 2006, pp. 105-125.<br />

3 Comprese le connotazioni psicologiche a questi ultimi riservate. E infatti Socrate si meraviglia di un’affermazione (201e8-<br />

9); riconosce la verità di una conseguenza apparentemente strana (202a10); insiste in una sua affermazione (202b6-7); deve<br />

ammettere di aver sostenuto una cosa contro le sue stesse convinzioni (202c-d); è frastornato dall’andamento del discorso,<br />

tanto da non avere ad un certo suo snodo una risposta da dare (204d10-11; anche 207c2); si meraviglia di certe conseguenze<br />

che necessariamente discendono dall’andamento del discorso (205b3); riconosce la verità di queste conseguenze (205c3,<br />

c10), pur mostrando qualche resistenza a riconoscerla (205d9), finché non può non accettarla in pieno (206a13); non capisce<br />

alcuni passaggi del discorso, inducendo Diotima ad una spiegazione chiarificante (206b9-10sgg.); si stupisce per l’apparente<br />

paradossalità di certe conclusioni, delle quali non riesce ancora a percepire la verità (208b7-9).<br />

4 L’ha ben notato B. Centrone, Introduzione a Platone, Simposio, tr. e commento di M. Nucci, Einaudi, Torino 2009, p.<br />

XXVIII.

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