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Cristina Rossitto<br />
232<br />
dèmone, caro Socrate, è dunque questa". 16<br />
Ecco dunque la vera natura del dèmone mediatore. Eros è intermedio fra uomo e dio, quindi è<br />
intermedio fra l'essere mortale e l'essere immortale, non essendo completamente né l'uno né l'altro. E'<br />
intermedio fra la natura del padre e quella della madre, perché, non potendo accogliere<br />
completamente ciascuna delle due, le ha entrambe in sé, e quindi è ad un tempo ricco di risorse (per<br />
esempio ha molta inventiva) e povero di risorse (dorme ovunque gli capiti). Infine è intermedio fra<br />
l'essere sapiente e l'essere ignorante, perché, non essendo totalmente né l'uno né l'altro, possiede<br />
comunque un po' dell'uno e un po' dell'altro, ossia è filosofo.<br />
Di queste tre coppie di contrari, di cui Eros è l'intermedio, le ultime due, ossia ricco di risorse -<br />
povero di risorse e sapiente-ignorante, sembrano potersi ricondurre più (la seconda) o meno (la prima)<br />
a quelle che consentono un vero e proprio intermedio al loro interno, come abbiamo riscontrato<br />
essere, nel passo precedente del <strong>Symposium</strong>, le coppie costituite da bello-brutto e buono-cattivo. In<br />
tale prospettiva Eros è intermedio fra l'essere ricco di risorse e l'essere privo di risorse nel senso che,<br />
non essendo né l'uno né l'altro, si trova in una terza situazione, per cui è un po' ricco e un po' povero<br />
insieme; analogamente egli è intermedio fra l'essere sapiente e l'essere ignorante nel senso che, non<br />
essendo né l'uno né l'altro, si trova in una terza situazione, per cui è un po' sapiente e un po' ignorante<br />
insieme, il che corrisponde alla situazione del filosofo, che è ulteriore rispetto a quella del sapiente e a<br />
quella dell'ignorante. Insomma, quasi rivelando una dottrina che a suo modo Aristotele, come<br />
abbiamo visto, potrebbe aver ripreso, in entrambi i casi Eros si manifesta essere un "composto" di<br />
entrambi i contrari. Ma se l'intermedio è l'essere insieme l'uno e l'altro dei due contrari (come lo è il<br />
filosofo rispetto al sapiente e all'ignorante), allora ne deriva che esso costituisce un vero e proprio<br />
status ontologico: ma per essere tale deve esserci appunto la compresenza simultanea delle<br />
caratteristiche, pur in misura differente, di entrambi i contrari.<br />
Ma è proprio per questo motivo che una situazione diversa sembra invece essere quella che<br />
vede Eros come intermedio fra uomo e dio, cioè fra l'essere mortale e l'essere immortale. A tale<br />
proposito, nel passo considerato, di Eros si dice che "stando in mezzo fra gli uni (uomini) e gli altri<br />
(dèi), opera un completamento, in modo che il tutto sia ben collegato con sé medesimo" (a); e che "per<br />
sua natura non è né mortale né immortale, ma, in uno stesso giorno, talora fiorisce e vive, quando<br />
riesce nei suoi espedienti, talora, invece, muore, ma poi torna in vita, a causa della natura del padre"<br />
(b).<br />
In base a tali spiegazioni di Platone, sembra difficile che si possa intendere la situazione di Eros<br />
come intermedio rispetto alla mortalità e all'immortalità esattamente nello stesso senso in cui si era<br />
intesa quella precedente come intermedio, in quanto filosofo, rispetto alla sapienza e all'ignoranza,<br />
ossia come un vero e proprio status ontologico che per essere tale deve essere costituito dalla<br />
compresenza simultanea delle caratteristiche, pur in misura diversa, di entrambi i contrari. Infatti si<br />
dovrebbe poter riscontrare in Eros la compresenza simultanea di mortalità e di immortalità: ma ciò<br />
pare andare in direzione esattamente opposta alle parole di Platone.<br />
Si potrebbe piuttosto pensare a una qualche affinità con il significato di intermedio presente nel<br />
Gorgia, dove si era riscontrata, per l'intermedio, l'alternanza fra i due contrari. Da questo punto di<br />
vista, allora, come la passeggiata a volte fa bene e a volte fa male, ma mai contmporaneamente, così<br />
Eros a volte è mortale (quando muore) e a volte è immortale (quando rinasce), ma mai<br />
contemporaneamente. Ma se le cose stessero così, allora nemmeno Eros sarebbe "ad un tempo"<br />
mortale ed immortale, il che potrebbe anche costituire un pericolo per la sua stessa caratteristica di<br />
dèmone mediatore.<br />
La particolarità che indubbiamente caratterizza l'intermedio rispetto alla coppia di contrari<br />
mortale-immortale non sembra possa dipendere da una concezione simile a quella aristotelica del<br />
divenire (dottrina dei tre princìpi elementi), come se di Eros si potesse dire che da mortale diviene<br />
immortale e viceversa, alternativamente, giacché "sempre", nel caso del divenire di tipo aristotelico, i<br />
due contrari appartengono ora l'uno ora l'altro al soggetto. Né può dipendere dalla nozione di<br />
intermedio in quanto tale, perché "sempre" un intermedio fra i due contrari, essendo costituito dai due<br />
contrari, è i due contrari insieme. Insomma, nel caso di mortale e immortale, se Eros è in alcuni<br />
momenti mortale ed in altri immortale, è in divenire, ma non è propriamente un intermedio; se è un<br />
intermedio, dovrebbe essere mortale e immortale contemporaneamente, ma così non è.<br />
Per tali motivi sembra dunque di poter ritenere che la differenza fra il caso della coppia mortaleimmortale<br />
e quelli delle altre coppie, non potendo dipendere né da una nozione di divenire di tipo<br />
aristotelico (peraltro non appartenente comunque a Platone), né dalla nozione di intermedio in senso<br />
16 Plat. Symp. 203E5-204B8 (trad. it. cit. pp.181-183).