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Symposium - AIC

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Lucia Palpacelli<br />

la natura duplice di Eros, ma anzi, tramite il racconto della natura umana alle origini, punta<br />

l’attenzione sull’elemento unitario e sull’interezza che caratterizzava il genere umano: inoltre, la<br />

figura di ciascun uomo era tutta intera e rotonda, aveva il dorso e i fianchi a forma di cerchio, aveva<br />

quattro mani e tante gambe quante mani e due volti assolutamente uguali su un collo arrotondato.<br />

Aveva un’unica testa per entrambi i visi rivolti in senso contrario (189 E 5 – 190 A 3).<br />

L’interezza e l’unità originaria vengono spezzate da Zeus e questo innesca negli uomini il<br />

meccanismo del desiderio della loro metà per ricostituire l’intero; infatti, come osserva la Napolitano,<br />

«gli uomini nuovi, generati dalla bisezione divina sono, a causa di questa, dimidiati e, dunque, per ciò<br />

stesso desideranti: è ora, dopo il taglio che essi hanno subito, che nasce in essi l’ἐπιθυµία, la brama<br />

di “rifondersi insieme”, prima, evidentemente, del tutto assente e ignota» 13 :<br />

ciascuna metà desiderando (ποθοῦν) l’altra metà di sé tendeva a raggiungerla (191 A 6).<br />

In questo quadro Eros viene ad essere quindi quella forza connaturata negli uomini che riporta<br />

all’antica natura:<br />

Pertanto, da tanto tempo, è connaturato negli uomini l’amore reciproco degli uni per gli altri<br />

che ci riconduce all’antica natura e cerca di fare uno da due (ἓν ἐκ δυοῖν) e di risanare la natura umana<br />

(191 C 8 – D 3).<br />

Aristofane, poi, si sofferma a descrivere i possibili incontri tra le metà di diverso genere che<br />

sono funzionali a classificare le diverse forme di amore, per ribadire, infine, che il desiderio di chi si<br />

ama per tutta la vita è proprio quello di fondersi e, da due, farsi uno (192 C-D).<br />

Di contro al modello binario proposto da Pausania e a quello ternario che descriverà Socrate,<br />

Aristofane ci pone, quindi, di fronte ad un modello unitario: Eros è ritorno all’uno, desiderio di<br />

completa fusione nell’altro. Il concetto di intermedio viene evidentemente negato.<br />

A conferma del rapporto antitetico tra la posizione del commediografo e quella esposta dal<br />

filosofo, proprio in virtù del fatto che Eros ha una natura intermedia e, quindi, desidera ciò che è bello<br />

e buono, Diotima arriva a fare un’importante precisazione:<br />

Si fa però un certo discorso, secondo cui coloro che cercano la loro metà, questi amano. Il mio<br />

discorso afferma invece che l’amore non è amore né della metà né dell’intero (οὔτε ἡµίσεός… τὸν<br />

ἔρωτα οὔτε ὅλου), a meno che, caro amico, non capiti che questo sia il bene. Infatti, gli uomini<br />

desiderano farsi tagliare piedi e mani, qualora a loro sembri che queste parti di sé siano malandate.<br />

Infatti, penso che ciascuno non sia attaccato a ciò che gli è proprio, a meno che quel qualcosa che gli è<br />

proprio non si chiami bene e male ciò che è estraneo; non c’è altro che gli uomini amano che non sia<br />

il bene (205 D 10- 206 A 1).<br />

Nel dichiarare che l’amore non è amore né della metà né dell’intero, la sacerdotessa si pone in netta<br />

contrapposizione con le parole di Aristofane a 191 A 6: non avendo riflettuto sulla natura dell’eros<br />

(errore metodologico comune a Pausania e agli altri discorsi; cfr. 199 C 3-5) 14 , il commediografo fa<br />

l’errore di credere che Eros sia desiderio dell’intero e dell’unità di se stessi, mentre ora Platone<br />

precisa che il criterio non è quello della tensione alla totalità delle parti (al contrario, gli uomini<br />

desiderano farsi tagliare piedi e mani, se sono malate), ma quello del bene. Alla luce di questo passo e<br />

dell’orizzonte che sto cercando di delineare, non credo quindi che sia corretto vedere, con Reale,<br />

nell’affermazione di Aristofane del ritorno all’uno un’allusione ai principi dell’Uno e della Diade,<br />

perché Platone prende chiaramente le distanze da questa affermazione e non indica al lettore di<br />

condividerla in alcun modo, anzi, come si è appena visto, Socrate si pone su una linea del tutto<br />

antitetica 15 .<br />

Nonostante il fatto che Socrate arrivi a un esito opposto rispetto a quello di Aristofane, però, il<br />

discorso del commediografo non è del tutto invalidato.<br />

Nei passaggi iniziali del suo discorso, infatti, Socrate sembra seguire la linea tracciata da<br />

Aristofane e “salvare” almeno un elemento posto in luce dal commediografo nel suo discorso: il fatto<br />

13 L. M. Napolititano Valditara, Platone e le ‘ragioni’ dell’immagine. Percorsi filosofici e deviazioni tra metafore e miti, Vita<br />

e pensiero, Milano 2007, p. 113. A. W. Saxonhouse, The net of Hephaestus: Aristophanes’Speech in Plato’s <strong>Symposium</strong>,<br />

«Interpretation», 13 (1985), pp. 15-32, p. 21-22, osserva a questo proposito che la forma umana originaria «è una forma<br />

senza eros, perché è in sé completa. La forma sferica indica l’assenza di un inizio e di una fine. Essa non richiede nulla di più<br />

per essere completa. Non c’è interdipendenza tra i corpi sferici. Essi non hanno bisogno gli uni degli altri, neanche per il fine<br />

della procreazione».<br />

14 Allen (Dialogue…, p. 36) sottolinea il fatto che Aristofane ha sbagliato nella comprensione dell’oggetto di Eros.<br />

15 Reale, Eros…, p. 105-108; cfr. anche G. Reale, Per una nuova interpretazione di Platone, Vita e Pensiero, Milano 1991,<br />

pp. 471-477.<br />

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