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Symposium - AIC

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Lidia Palumbo<br />

marcatamente che allora, un indugio in funzione introduttiva sulla soglia del luogo dei discorsi, si<br />

colloca nel testo del Simposio l’episodio della sosta di Socrate nel vestibolo della casa di Agatone.<br />

L’intero racconto di Apollodoro, che è, come sappiamo, il racconto di un racconto, ha per questo la<br />

forma della oratio obliqua e la sua costruzione è quella di una lunghissima infinitiva 20 . Ogni racconto<br />

è un’immagine, e quella di Apollodoro è l’immagine di un’immagine, in cui sono riflessi anche i due<br />

narratori: l’uno (Apollodoro) immagine dell’altro (Aristodemo), ognuno a rappresentare nel proprio<br />

tempo l’immagine dell’amato, che è anche l’oggetto del racconto, perché il racconto è una forma di<br />

cura, e raccontare di qualcuno è prendersi cura di lui 21 .<br />

Quando, allora, appena cominciato il racconto, Apollodoro narratore cita Omero, e dice che il<br />

poeta plasma (cfr. 174b7 ποιήσας, c3 ἐποίησεν) le figure del suo racconto, dando ad esse caratteri e<br />

colori, appare chiaro che il narratore, proprio come un falegname, fa dei personaggi le sue creature, e<br />

che la narrazione, in Symp. 205a-d presentata come la forma creativa per eccellenza 22 , consacra<br />

Apollodoro, Aristodemo e, in ultima analisi, quindi, Platone, come creatori dei sokratikoi logoi di cui<br />

essi sono amanti e narratori.<br />

Aristodemo – viene di ciò avvertito il lettore in 178a – non aveva un ricordo completo dei<br />

sokratikoi logoi, né del racconto di Aristodemo aveva un ricordo completo Apollodoro, per cui dei<br />

discorsi che quel giorno si tennero non soltanto vengono raccontati solo quelli che, secondo il giudizio<br />

dei narratori, erano davvero degni di essere conservati, ma, accade anche che, trattandosi della<br />

narrazione di discorsi, sia difficile, talvolta, nel corpo della narrazione, per l’ascoltatore, discernere<br />

ciò che appartiene ai discorsi narrati e ciò che, sorta di elemento metanarrativo, è una riflessione del<br />

narratore che si introduce nel corpo della narrazione. Quando, per esempio in 190a, nel corpo della<br />

narrazione di Aristofane si narra dei primordi della natura umana e si dice che gli uomini allora erano<br />

a forma di sfera, che avevano dorso e fianchi in cerchio, quattro mani, quattro gambe e due volti sul<br />

collo cilindrico, che “la testa per entrambi i volti messi uno all’opposto dell’altro era poi una sola”,<br />

ma quattro gli orecchi e due gli organi sessuali; quando, dopo tutto ciò, il testo riporta la frase<br />

conclusiva sull’aspetto degli uomini a forma di sfera e dice che “tutte le altre cose erano come uno le<br />

immaginerebbe a partire da questi cenni”, è difficile stabilire se questa frase è di Aristofane o di<br />

Aristodemo narrato da Apollodoro, se cioè il commediografo descrisse altri particolari degli uomini a<br />

forma di sfera o li lasciò all’immaginazione del lettore, e fu invece Aristodemo a scegliere di<br />

raccontare così questo pezzo del discorso di Aristofane. La decisione su questo e su molte altre cose<br />

narrate è lasciata da Platone al lettore.<br />

ci si era presentato strada facendo: perché non rimanesse inconcluso, e per entrare solo dopo averlo condotto a termine,<br />

continuammo a discutere, fermi lì in piedi nel vestibolo, fino a quando ci trovammo d’accordo”.<br />

20 Si veda la nota che Nucci fa precedere alla sua traduzione del testo in Platone, Simposio, traduzione e commento di M.<br />

Nucci, introduzione di B. Centrone, Torino, Einaudi 2009, pp. LXIV-V.<br />

21 Apollodoro dice di prendersi cura di Socrate da tre anni, e questa cura – espressa in 172c5 con il termine ἐπιµελές – che<br />

egli gli dedica, comprende anche la preparazione a raccontare, della quale due volte, in 172a1 e in 173c1, con l’espressione<br />

οὐκ ἀµελέτητος, egli afferma di non mancare. Si è preparati a fare qualcosa quando la si è già fatta. Prepararsi è dedicarsi,<br />

avere attenzione ripetuta, osservazione, memoria. Questo è ciò che consente di raccontare. Sono tre anni che Apollodoro si<br />

dedica, allora, per così dire, al racconto di Socrate, ed è a questo racconto che ha dedicato la sua vita. Racconto dunque come<br />

cura attenta che consente di salvare, conservando; racconto come memoria, memoria come salvezza (soteria, cfr. Phil. 34a).<br />

22 Ποίησίς ἐστί τι πολύ “creazione è termine vasto” 205b8.<br />

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