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Symposium - AIC

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Cristina Rossitto<br />

228<br />

Esiste una sola cosa che non sia o buona, o cattiva, o intermedia tra l'una e l'altra, cioè né<br />

buona né cattiva? ... Tu dirai, senza dubio, che sapienza, salute, ricchezza e altre simili<br />

doti sono un bene, male le qualità contrarie? ... Né buone né cattive dirai, invece, quelle<br />

cose che partecipano ora del bene ora del male, talvolta ancora né del bene né del male,<br />

come, per esempio, lo stare a sedere, camminare, corrre, navigare, oppure le pietre, il<br />

legno, e gli altri oggetti di questo genere? 7<br />

Anche nel Gorgia, dunque, Platone, a proposito della coppia di contrari costituita da bene e<br />

male, indica l'intermedio come ciò che non è nessuno dei due, ossia come ciò che non è né bene né<br />

male. Egli anzi distingue un duplice significato di ciò che viene indicato con la negazione dei due<br />

contrari (ciò che non è né bene né male), per cui ciò che non è né l’uno né l’altro dei due può essere<br />

inteso o come ciò che partecipa ora del bene ora del male, o come ciò che non partecipa né del bene<br />

né del male. Sembra dunque di poter intendere che, in base al primo significato, la negazione dei due<br />

contrari è da intendersi come un vero e proprio intermedio, nel senso che ciò che non è né bene né<br />

male a volte è collegato al bene e a volte al male, mentre, in base al secondo significato, essa rimane<br />

una semplice negazione, nel senso che ciò che non è né bene né male non ha nulla a che fare né con il<br />

bene né con il male.<br />

Gli esempi riportati, in questo testo veramente abbondanti, sembrano del resto confermare tale<br />

prospettiva. Che non siano né bene né male si dice tanto della passeggiata quanto del legno; ma<br />

mentre nel primo caso ciò significa che la passeggiata a volte può far bene, se compiuta con<br />

equilibrio, a volte può far male, se comporta uno sforzo eccessivo, nel secondo caso ciò significa che<br />

il legno non fa né bene né male.<br />

In realtà, come si evince dall'esordio del passo, qui Platone non pare riferirsi direttamente al<br />

bene e al male, ma agli "enti" che possono essere buoni e cattivi. In base a questa considerazione, per<br />

cui potrebbe trattarsi di una classificazione degli enti, nel senso che questi o sono beni o sono mali o<br />

sono nessuno dei due, nel duplice significato visto, il passo del Gorgia ritorna esattamente nello stesso<br />

modo nelle Divisiones Aristoteleae, uno scritto attribuito ad Aristotele che è costituito da una raccolta<br />

di classificazioni dei sensi di vari termini e i cui contenuti sono riconducibili all'ambiente<br />

dell'Accademia platonica antica. In tale opera, infatti, una delle divisioni degli enti suona così:<br />

Διαιρεῖται ἕκαστον τῶν ὄντων εἰς τρία. ἔστι γὰρ ἢ ἀγαθὸν ἢ κακὸν ἢ οὐδέτερον. τὸ µὲν<br />

οὖν ἀγαθόν ἐστιν, ὅταν ὠφελήσῃ τινὰ καὶ οὐ βλάψῃ, τὸ δὲ κακόν, ὅταν βλάπτῃ ἀεί, τὸ δὲ<br />

οὐδέτερον, ὅπερ ποτὲ µὲν βλάψει ποτὲ δὲ ὠφελήσει, οἷον οἱ περίπατοι καὶ οἱ ὕπνοι καὶ οἱ<br />

ἑλλέβοροι καὶ τὰ τοιαῦτα, ἢ οὔτε βλάψει ὅλως οὔτε ὠφελήσει.<br />

Ciascuno degli enti si divide in tre: infatti o è un bene, o un male, o nessuno dei due.<br />

L’uno, dunque, è un bene, qualora procuri vantaggio a qualcuno e non faccia danno;<br />

l’altro è un male, qualora faccia sempre danno; quello invece che non è nessuno dei due,<br />

è ciò che a volte fa danno e a volte procura vantaggio, per esempio le passeggiate, il<br />

sonno, l’elleboro e simili, oppure ciò che non fa danno né procura vantaggio affatto. 8<br />

Se le cose stanno così, allora il passo del Gorgia starebbe proprio alle origini di questa divisione, che<br />

anzi sarebbe diventata patrimonio comune dell'Accademia antica. 9 In effetti, secondo una<br />

testimonianza di Sesto Empirico, sarebbe stato proprio l'Accademico Senocrate ad occuparsi<br />

specificamente di questa tematica, tanto da mettere in atto una vera e propria dimostrazione:<br />

Πάντες µὲν οἱ κατὰ τρόπον στοιχειοῦν δοκοῦντες τῶν φιλοσόφων, καὶ ἐπιφανέστατα<br />

παρὰ πάντας οἵ τε ἀπὸ τῆς ἀρχαίας Ἀκαδηµίας καὶ οἱ ἀπὸ τοῦ Περιπάτου, ἔτι δὲ τῆς<br />

Στοᾶς, εἰώθασι διαιρούµενοι λέγειν τῶν ὄντων τὰ µὲν εἶναι ἀγαθά, τὰ δὲ κακά, τὰ δὲ<br />

µεταξὺ τούτων, ἅπερ καὶ ἀδιάφορα λέγουσιν· ἰδιαίτερον δὲ παρὰ τοὺς ἄλλους ὁ<br />

Ξενοκράτης καὶ ταῖς ἑνικαῖς πτώσεσι χρώµενος ἔφασκε· "πᾶν τὸ ὂν ἢ ἀγαθόν ἐστιν ἢ<br />

7 Plat. Gorg. 467E1-468A4 (trad. it. di F. Adorno, in Platone, Gorgia, Bari 1971, p. 193)<br />

8 Divisiones Aristoteleae 55 (cod. Marciano) Mutschmann (trad. it. di C. Rossitto, in Aristotele e altri Autori, Divisioni,<br />

nuova ed. riveduta Milano 2005, p. 197).Xenocr. fr. 231 Isnardi1 = Sext. Emp. Adv. Eth. 3-6 (trad. it. di M. Isnardi Parente,<br />

in Senocrate-Ermodoro, Frammenti, Napoli 1982, pp. 243-244).<br />

9 Sulla ricchezza delle posizioni accademiche al proposito e sulla loro fortuna, sono costretta a rinviare ai miei Studi sulla<br />

dialettica in Aristotele, Napoli 2000, nonché a Contrarietà e relazione nello scritto sugli opposti di pseudo-Archita, in C.<br />

Rossitto (a cura), Studies on Aristotle and the Aristotelian Tradition, Lecce 2011, pp. 207-224.

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