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Symposium - AIC

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Arianna Fermani<br />

2) rappresenta la conditio sine qua non dell'insorgenza stessa dell'amore come desiderio<br />

inestinguibile, come desiderio di immortalarsi, «per quanto è possibile ai mortali» (206 E 8).<br />

In questo senso, forse, si può comprendere come il Filosofo, proprio nel dialogo dedicato alla<br />

«pulsante vitalità della vita» 35 , ritenga necessario parlare, più volte e in molti modi, di morte.<br />

La presenza ineludibile della morte, infatti, costituisce la sorgente inesauribile dell’amore e, con esso,<br />

la ricerca dell’immortalità, visto che «Platone è chiaro nel sostenere che l’immortalità costituisce la<br />

meta ultima dell’eros vero e proprio» 36 . Le due forme di immortalità del Simposio, infatti, ovvero<br />

«l'immortalità riproduttiva, che riguarda la stirpe e la specie, e l'immortalità del pensiero, quella che<br />

spetta ai poeti, agli uomini di scienza, ai legislatori, grazie alla fama imperitura delle loro opere, che<br />

sopravvivono nella posteriorità» 37 , si fondano proprio sulla consapevolezza di quel πέρας (limite)<br />

intrinseco alla vita rappresentato dalla morte stessa. «Perciò la generazione di un essere identico nella<br />

specie… è l’unica via, per il mortale e finito, di conservarsi immortale» 38 .<br />

In questo senso, amore e morte, lungi dal contrapporsi irriducibilmente, finiscono per costituire due<br />

facce della stessa medaglia, e non solo in base al fatto che, come si ricorda nel primo discorso, «solo<br />

gli amanti sono disposti a morire per gli amati» (179 B 4-5), ma per una ragione più profonda,<br />

rappresentata dalla tensione dialettica (che a mio avviso rappresenta uno dei cuori teorici della<br />

riflessione etico-antropologica platonica) tra la consapevole accettazione della morte e<br />

l'insopprimibile aspirazione al suo superamento.<br />

«Ogni… persona che abbia desiderio, desidera ciò che non ha a sua disposizione e che non è presente,<br />

ciò che non possiede, ciò che egli non è (ὃ µὴ ἔστιν αὐτὸς), ciò di cui ha bisogno»,<br />

si legge in 200 E 2-5.<br />

Sull’assunzione di quel limite invalicabile che è la morte, dunque, risiede la radice di un desiderio<br />

senza limite, dato che, se l’essere umano non fosse consapevole della sua mancanza, non potrebbe<br />

neppure desiderare:<br />

«quando non si crede di essere privi di una cosa, non la si desidera (ὁ µὴ οἰόµενος ἐνδεὴς εἶναι οὗ ἂν<br />

µὴ οἴηται ἐπιδεῖσθαι)» (204 A 6-7).<br />

La mancanza e la consapevolezza di questa mancanza si danno dunque come elementi indisgiungibili,<br />

esattamente come la natura di Eros è costituita dalla “tensione armonica” e dalla combinazione delle<br />

nature opposte dei suoi genitori Poros e Penia. Perché Eros è sì costitutivamente manchevole, in<br />

quanto «ha la natura della madre, sempre accompagnato con povertà (ἀεὶ ἐνδείᾳ σύνοικος)» (203 D<br />

3), ma ha anche la ricchezza enorme, conferitagli dalla natura paterna, di essere sempre alla ricerca,<br />

sempre “affamato”: «è coraggioso, audace, impetuoso, straordinario, cacciatore… pieno di risorse,<br />

ricercatore di sapienza per tutta la vita» (203 D 4-7).<br />

Ma se Eros può desiderare in quanto, appunto, «privo di bellezza e bontà, ma consapevole di questa<br />

mancanza e pieno di risorse nel cercare di ottenerle» 39 , in virtù del suo collocarsi in una posizione<br />

intermedia fra mortale e immortale (µεταξὺ θνητοῦ καὶ ἀθανάτου) (202 D 11), questo significa anche<br />

che ciò che è immortale, in virtù della sua perfezione e compiutezza, non ha accesso al desiderio. Non<br />

a caso gli dèi, come ricorda esplicitamente Platone, non desiderano (204 A 1).<br />

Senza l’assunzione della finitezza originaria del θάνατος, pertanto, non si darebbero né la vita né eros,<br />

vero anello di congiunzione tra divino e mortale (θνητοῦ) (202 E 1), e fondamentale condizione di<br />

possibilità che, come si è visto, «ciò che è mortale partecipi dell’immortalità» (208 B 3) 40 .<br />

«Con un sapiente discorso Diotima rivela la verità sulla natura e l’opera di Eros, demone potente, che<br />

muove alla fecondità del corpo e dello spirito e che mediante i bei corpi e le anime belle consente<br />

all’uomo di godere dell’immortalità della specie e del pensiero immortale. È dunque l’amore che<br />

innalza l’uomo oltre la propria condizione mortale e suscita il desiderio di oltrepassare la propria<br />

natura finita portandone a compimento le proprie potenzialità» 41 .<br />

L’amore è indisgiungibile dalla morte, dunque, e da essa trae origine, esattamente come la filosofia<br />

che, proprio per questa ragione, è sorretta da un’inquietudine costante 42 . Ecco perché il filosofo, come<br />

Eros, è sempre alla ricerca, non ha mai pace. Egli, infatti, non solo non rimuove e non dimentica la<br />

35 Bury, The <strong>Symposium</strong> of Plato, p. III.<br />

36 Santas, Platone e Freud, p. 63.<br />

37 Vegetti, Quindici lezioni su Platone, p. 129 (corsivi miei).<br />

38 Jaeger, Paideia, p. 1015.<br />

39 Santas, Platone e Freud, p. 50.<br />

40 «Diotima has been describing an immortality open to what is mortal» (Price, Love and Friendship, p. 30).<br />

41 Zanatta, in Platone, Simposio o Sull’amore, p. 178.<br />

42 «La filosofia, come indica lo stesso termine, possiede una dimensione affettiva che la costituisce e insieme la caratterizza.<br />

Il filosofo non solo agisce guidato dall’intelligenza, ma ama questa attività, conosce il valore delle sue risorse, apprezza il<br />

suo linguaggio, cioè desidera il sapere di cui va alla ricerca. La filosofia è desiderio di conoscere. Intelligenza e desiderio<br />

sembrano convergere, stringendosi in un nodo inestricabile» (corsivo mio)» (Borges, Eros: direzione e effetti, p. 15).<br />

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