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Symposium - AIC

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Claudia Luchetti<br />

dialoghi platonici, precisamente nel Fedone (99c1-6), l’ἀγαθόν è quell’autentico potere immortale che<br />

tutto tiene insieme e tutto collega:…ὡς ἀληθῶς τὸ ἀγαθὸν καὶ δέον συνδεῖν καὶ συνέχειν.<br />

Seguendo questa suggestione, Eros sarebbe icona del Bene, proprio in quanto frutto della<br />

mescolanza fra i due Principi, dominati da un’Unica ἀρχή che è loro immanente, in quanto è identica<br />

al misto, al prodotto della fusione, ed insieme li trascende, in quanto, essendo la causa dell’unione, ne<br />

costituisce il fondamento ontologico.<br />

Non solo Eros è immagine fededegna del Bene, lo è anche il φιλόσοφος per eccellenza:<br />

Socrate. Unico uomo realmente demonico (cfr. 203a4-5, 219b7-c2), unico vero esperto di cose<br />

d’Amore (cfr. 177d6-8, 198c5 sgg.), Socrate è, come l’Istante in cui il Bello-Bene irrompe nell’Anima<br />

(ἐξαίφνης, 210e4, 213c1), stando nel mezzo fra sapienza ed ignoranza (cfr. 201e10-202a10), una<br />

ἄτοπος φύσις µεταξύ (cfr. Symp. 175a10-b3, 221d2, e Parm. 156d1-e3). Ma questa sua ἀτοπία è la<br />

stessa θαυµασιότης del Bello (cfr. 210e4-5 e 213e2, 215b8, 216c7, 219c1, 220a4, a7, 221c3, c6).<br />

Proprio in questa meraviglia si svela il tratto più profondo della personalità di Socrate, il suo essere<br />

ἄφθονος (cfr. Symp. 210d6 e ad esempio Euthyphr. 3b5-d9, Phaed. 61d9-e4), e cioè ἀγαθός (cfr. Tim.<br />

29e1-3).<br />

Naturalmente, la ragione ultimativa della supremazia dell’agatologia di Diotima sulla<br />

henologia di Aristofane, si radica nella sorgente di quella antinomia originaria che, per via analogica,<br />

dice l’ἀγαθόν in quanto massimo datore di Forma, come ἰδέα ed οὐσία, ed insieme come “al di là”<br />

della Forma (ἐπέκεινα τῆς οὐσίας, 509b9-10), quindi, letteralmente, come οὐκ ἰδέα ed οὐκ οὐσία<br />

(509b8-9).<br />

Il λόγος di Diotima ci mostra che non c’è bisogno di imboccare una sola fra le due vie a<br />

discapito dell’altra, perché è proprio nell’Unione con ciò che è massimamente Idea, il Bello (210e6-<br />

211b5), che si schiudono tutta la πρεσβεία e la δύναµις generatrici del Bene.<br />

Solo da una συνουσία (Symp. 211d8, 212a2) con questo tipo di ‘Unità’, per meglio dire, di causa<br />

unificante, o di non Dualità, e né con un’unità primaria ma indifferenziata, né semplicemente con un<br />

uno di secondo grado (cfr. Aristofane, rispettivamente 191c7, 192c5, c6), è possibile la procreazione<br />

nel Bello (τόκος ἐν καλῷ, 206b7-8): come nella Repubblica dalla µείξις erotica del filosofo con<br />

l’οὐσία sgorgano νοῦς, ἀλήθεια ed ἐπιστήµη (libro VI 490a 8-b8), così, nel Simposio, dalla<br />

coesistenza con il Bello, l’Anima genera la ‘restante’ prole (Resp. VI 507a1-5) dell’ἀγαθόν, la vera<br />

ἀρετή (212a2-7).<br />

La “Natura Originaria” e l’Uno di Aristofane rivisti in prospettiva agatologica.<br />

La concezione di un Bene che include in sé dialetticamente l’Uno, permette, per concludere, di gettare<br />

un breve sguardo retrospettivo alla ‘seconda’ parte del discorso di Aristofane e di mettervi meglio a<br />

fuoco alcuni ulteriori elementi genuinamente platonici nella relazione fra l’ἀγαθόν, la ψυχή e lo ἕν.<br />

Ovviamente si potrebbe dubitare dell’opportunità di riconoscere nella descrizione dell’umano<br />

diviso degli espliciti richiami ai due metodi fondamentali della dialettica platonica.<br />

Sta di fatto però, che il dividere per due compiuto da Zeus, sottolineato con una certa<br />

insistenza (διατεµῶ δίχα, Symp. 190d1, τεµῶ δίχα, d5, ἔτεµε τοὺς ἀνθρώπους δίχα, d7, ἡ φύσις δίχα<br />

ἐτµήθη, 191a5-6), compare come terminus technicus perfettamente interscambiabile con il noto δίχα<br />

διαιρεῖν dei dialoghi ritenuti espressamente dialettici (cfr. Soph. 221e2, 265a11, 265e8, Polit. da<br />

261b4 a 302c8, Phil. 49a9, ed in Leg. V 745c5, d2), ma ricorre anche all’inizio della celebre analogia<br />

della Linea in Resp. VI 509d6.<br />

Per quanto concerne il ricondurre ad unità, anche se a quest’altezza del racconto, Aristofane<br />

intende il desiderio di commistione e congiungimento delle due metà in un’accezione<br />

prevalentemente sessuale, la scelta cade sulle espressioni συµπλεκόµενοι di 191a7, συνεπλέκετο,<br />

191b3, e ἐν τῇ συµπλοκῇ, 191c4, συµπεπλεγµένοι, 191e8-192a1, tipiche della συµπλοκὴ τῶν εἰδῶν<br />

(Soph. 259e6, cfr. 240c1, 262c6, Theaet. 202b5, Polit. 278b2 fino a 309e10, ed in particolare la<br />

significativa connessione fra συµπλέκειν e l’agatologico συνδεῖn in 309a8 sgg.). Di συναγωγή invece,<br />

come strumento amoroso messo a disposizione dall’azione congiunta di Zeus e di Apollo per risanare<br />

la natura umana, si parla esplicitamente anche in 191d3 (συναγωγεύς).<br />

È interessante inoltre osservare, che col procedimento di individualizzazione o di<br />

individuazione eseguito da Apollo su ciascuna metà, per sanare le ferite prodotte dalla scissione<br />

(190e2-191a5), vengono ricreate quelle condizioni di ordine interno (cfr. κοσµιώτερος, 190e4),<br />

necessarie a generare un giusto rapporto con il Divino: nel rivolgersi (µετέστρεφε, 190e6 e cfr. Resp.<br />

VII 518c4-519a1) col volto al proprio ὀµφαλός (190e9), vedendo così simultaneamente sia il taglio<br />

che la sua guarigione, l’Anima di ciascuna metà prende coscienza, in un modo che ricorda fortemente<br />

l’anamnesi (µνηµεῖον εἶναι τοῦ παλαιοῦ πάθους, 191a4-5, e cfr. Phaed. 73c1 sgg.), sia della propria<br />

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