Symposium - AIC

Premessa
Tra Henologia ed Agathologia.
Aristofane e Diotima a confronto sulla concezione del Bene
e sulla Dialettica (Symp. 189a1-193e2 e 201d1-212c3)
Claudia Luchetti
θεραπεία δὲ δὴ παντὶ παντὸς µία, τὰς οἰκείας
ἑκάστῳ τροφὰς καὶ κινήσεις ἀποδιδόναι. τῷ δ' ἐν
ἡµῖν θείῳ συγγενεῖς εἰσιν κινήσεις αἱ τοῦ παντὸς
διανοήσεις καὶ περιφοραί· ταύταις δὴ
συνεπόµενον ἕκαστον δεῖ, τὰς περὶ τὴν γένεσιν ἐν
τῇ κεφαλῇ διεφθαρµένας ἡµῶν περιόδους
ἐξορθοῦντα διὰ τὸ καταµανθάνειν τὰς τοῦ παντὸς
ἁρµονίας τε καὶ περιφοράς, τῷ κατανοουµένῳ τὸ
κατανοοῦν ἐξοµοιῶσαι κατὰ τὴν ἀρχαίαν φύσιν,
ὁµοιώσαντα δὲ τέλος ἔχειν τοῦ προτεθέντος
ἀνθρώποις ὑπὸ θεῶν ἀρίστου βίου πρός τε τὸν
παρόντα καὶ τὸν ἔπειτα χρόνον.
Timaios, 90c6-d7
τεθεάµεθα µέντοι διακείµενον αὐτό, ὥσπερ οἱ τὸν
θαλάττιον Γλαῦκον ὁρῶντες οὐκ ἂν ἔτι ῥᾳδίως
αὐτοῦ ἴδοιεν τὴν ἀρχαίαν φύσιν, ὑπὸ τοῦ τά τε
παλαιὰ τοῦ σώµατος µέρη τὰ µὲν ἐκκεκλάσθαι, τὰ
δὲ συντετρῖφθαι καὶ πάντως λελωβῆσθαι ὑπὸ τῶν
κυµάτων, ἄλλα δὲ προσπεφυκέναι, ὄστρεά τε καὶ
φυκία καὶ πέτρας, ὥστε παντὶ µᾶλλον θηρίῳ
ἐοικέναι ἢ οἷος ἦν φύσει, οὕτω καὶ τὴν ψυχὴν
ἡµεῖς θεώµεθα διακειµένην ὑπὸ µυρίων κακῶν.
ἀλλὰ δεῖ, ὦ Γλαύκων, ἐκεῖσε βλέπειν. - Ποῖ; ἦ δ'
ὅς. - Εἰς τὴν φιλοσοφίαν αὐτῆς, καὶ ἐννοεῖν ὧν
ἅπτεται καὶ οἵων ἐφίεται ὁµιλιῶν, ὡς συγγενὴς
οὖσα τῷ τε θείῳ καὶ ἀθανάτῳ καὶ τῷ ἀεὶ ὄντι, καὶ
οἵα ἂν γένοιτο τῷ τοιούτῳ πᾶσα ἐπισποµένη καὶ
ὑπὸ ταύτης τῆς ὁρµῆς ἐκκοµισθεῖσα ἐκ τοῦ
πόντου ἐν ᾧ νῦν ἐστίν
Politeia X, 611d1-e5
Il presente contributo si propone come tentativo di fornire un’interpretazione prevalentemente
filosofica di alcuni aspetti del legame presente fra i discorsi di Aristofane e Socrate-Diotima sulla
natura di Eros.
Che nel Simposio vi sia un filo d’Arianna, teso sapientemente da Platone con il probabile
intento, sottolineerei, didattico e protreptico insieme, di mantenere viva l’attenzione del lettore
sull’esistenza di connessioni più profonde fra i due ‘encomi’ di Amore, è stato già osservato 1 : si va
dall’inversione dell’ordine dei discorsi di Aristofane ed Erissimaco (185c4-e5), al richiamo esplicito
di Diotima, decisivo per la comprensione dell’analogia e della distanza fra le due posizioni (205d10e3),
alla segnalazione da parte di entrambi di voler parlare in modo alquanto diverso da quanto ha
fatto chi li ha preceduti (si veda rispettivamente 189c2-3 ed in particolare 199a6-b5), fino al tentativo
di Aristofane di riprendere la parola dopo Socrate (212c4-d5), interrotto “improvvisamente”
(ἐξαίφνης, 212c6) dall’irrompere di Alcibiade sulla scena, ed infine alla conversazione a tre che
culmina, fattosi oramai giorno, nell’autentico enigma della teoria socratica dell’Unità di tragedia e
commedia (223d3-6). È chiaro che, con quest’ultima allusione, Platone ha voluto porre la parola fine
ad uno dei suoi capolavori omettendo i dettagli indispensabili a comprendere il senso ultimo di un
διαλέγεσθαι (c6) che si è sviluppato nel corso di buona parte della notte (cfr. 223b1 sgg.).
*Desidero esprimere subito la mia riconoscenza a Platone per averci lasciato, oltre al compito di coglierne le connessioni
certo non elementari, un dialogo, l’unico, in cui si parla, separatamente ed insieme, sia dell’Uno che del Bene.
1 Per non appesantire questa presentazione, mi limito ad indicare alla fine una breve lista solo di alcuni fra i testi che ritengo
essenziali, per approfondire il tipo tematiche affrontate qui. La mia tendenza innata a privilegiare sempre innanzitutto il
lavoro sui testi, sistematico e senza troppe mediazioni, mi ha comunque portata ad imboccare un percorso per certi versi
atipico, come del resto non può non accadere, quando ci si affidi interamente a Platone.