La trasmissione imperfetta - fasopo

272 CAPITOLO QUINTO
mediazione implicita tra la necessità di espressione e quella di
conformazione ad un sistema di relazioni sociali in cui i giovani non
dispongono di ampia libertà.
Anche il secondo tema, ovvero la tendenza a considerare il video
come uno strumento di empowerment per lo più individuale conferma come
il progetto sia stato esito di negoziazione. Analizzando la letteratura
riguardante il video collaborativo sono infatti molteplici i casi di utilizzo del
video come strumento di pubblicizzazione di processi storici che altrimenti
non avrebbero risonanza. In alcuni casi il video è stato oggetto di
appropriapriazione e di utilizzo per una vera e propria lotta sociopolitica
(Turner, 1992). Nel caso di KwaMashabane questo non è avvenuto e il
video è rimasto uno strumento per un empowerment quasi esclusivamente
individuale. Anche in questo caso dunque lo strumento è stato recepito e
utilizzato per ottenere riconoscimento sociale secondo il percorso più
comune che la società prescrive.
Il video collaborativo sembra infine essere uno strumento per
eccellenza per mediare tra le trasformazioni sociali provenienti dall'esterno e
tra il modo con cui gli attori locali gestiscono tali processi. In questo caso la
ricerca etnografica, e la presenza prolungata di un ricercatore in un contesto,
possono essere considerati come cellule di cambiamento sociale in quanto
importano localmente nuovi oggetti e simboli. Se, da un punto di vista
educativo, il concetto di “paura della libertà” (Freire, 1970) poteva apparire
come una chiave di risoluzione di alcune problematiche sociali, i processi di
mediazioni riguardanti la produzione video e la loro metodica osservazione
ha messo in crisi questo assunto. Gli attori locali sembrano esprimere
attraverso il video, il quale rimane un strumento di comunicazione molto più
facilmente maneggiabile che altri, delle direttive importanti le quali,
soprattutto rispetto al tema educazione, non dovrebbero essere trascurate.