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La trasmissione imperfetta - fasopo

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28 CAPITOLO PRIMO<br />

modalità con cui le varie società che possiamo incontrare maneggiano<br />

questo tema (Geertz, 1973). L‟apertura è un tratto implicito nella riflessione<br />

antropologica e da qui la necessità di analizzare ogni contesto come uno<br />

spazio a sé stante. Questa prassi di ricerca tuttavia si interseca con<br />

l‟implicita trasversalità del tema “giovani”. <strong>La</strong> sempre più evidente<br />

estensione delle connessioni che uniscono spazi sociali lontani tra loro<br />

costringe ad analizzare il modo con cui i sistemi simbolici locali reagiscono<br />

all‟introduzione di continue innovazioni culturali. E i giovani sono spesso i<br />

recettori più importanti di tali innovazioni.<br />

Lo studio della giovinezza appare dunque, secondo molti punti di<br />

vista, un‟operazione prettamente antropologica. Quello che emerge dalle<br />

cronache giornalistiche attuali, provenienti sia da contesti euro-americani<br />

che da altrove, è una sempre maggiore difficoltà alla comprensione e<br />

all‟incontro con i giovani. In qualche modo essi sono descritti come<br />

un‟alterità e l‟incontro con loro comporta distanze, difficoltà di contatto e<br />

stupore. Tuttavia, al contrario di altri tipi di alterità, i giovani sono individui<br />

che nascono e crescono all‟interno del sistema sociale al quale, forse<br />

andranno a contrapporsi. Essi necessariamente entreranno, ovviamente<br />

secondo modalità varie e spesso imprevedibile, a far parte della società. Di<br />

essa costituiscono sotto molti punti di vista, il futuro.<br />

L‟obiettivo qui è assumere, utilizzando le sempre attuali parole di<br />

Malinowski, il “punto di vista dei nativi”. I nativi in questo caso sono i<br />

giovani e l‟alterità che essi incarnano risulta una barriera difficile da<br />

aggirare in molti contesti. Per un adulto, come in alcuni contesti mi potrei<br />

considerare, l‟entrare in contatto profondo con dei ragazzi è un‟operazione<br />

complessa e faticosa. Questo avviene nel contesto italiano, dove sono<br />

cresciuto e vivo, ma nella società sudafricana, in cui si è svolto il mio lavoro<br />

sul campo, ciò è stato ancora più complesso. Il contatto con i giovani, in<br />

questo caso, è infatti caratterizzato da una doppia distanza: la distanza<br />

culturale, dettata dalla sempre parziale conoscenza da parte dell‟antropologo<br />

del contesto in cui si trova e la distanza che “differenzia” separando il<br />

mondo degli adulti da quello dei giovani.<br />

Ritornando ora alla metafora del viaggio è interessante notare come<br />

esso assuma nel presente lavoro diverse connotazioni. Il primo è il tema del

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