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le donne e il lavoro sognato. - Cestim

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Sessualità femmini<strong>le</strong><br />

Donne cattive<br />

Donne buone<br />

- che si godono la sessualità - che non godono la sessualità<br />

E’ questa un’opposizione più genera<strong>le</strong>, <strong>le</strong>gata alla fruizione del godimento sessua<strong>le</strong>, che<br />

è <strong>le</strong>cito solo in ambito matrimonia<strong>le</strong>.<br />

Più interessante invece è esaminare un fenomeno <strong>le</strong>gato a quello della dislocazione della<br />

scelta dal soggetto al gruppo : la localizzazione attributiva. Secondo la teoria del locus of<br />

control di Rotter, l’aspettativa di controllo sugli eventi può essere di due tipi : interna, se<br />

l’individuo si ritiene artefice dei propri risultati ed esterna se invece si sente vittima di forze<br />

esterne quali <strong>il</strong> destino, la sorte, la fortuna o altre e<strong>le</strong>menti ugualmente potenti. Il controllo<br />

di gruppo del<strong>le</strong> pulsioni e del comportamento sessua<strong>le</strong> ad esse <strong>le</strong>gato, può essere vissuto<br />

poi come una potente forza esterna, della qua<strong>le</strong> la persona, <strong>il</strong> soggetto, può sentirsi<br />

vittima. Sempre secondo Rotter, <strong>le</strong> persone che si caratterizzano per un “locus of control”<br />

esterno, affronteranno gli eventi secondo un approccio fatalistico, poiché non vedranno<br />

una connessione causa<strong>le</strong> tra i risultati ottenuti ed <strong>il</strong> grado di controllo persona<strong>le</strong>. Il passo<br />

successivo porta al modello dell’impotenza appresa di Seligman, a quell’aspettativa<br />

interiorizzata da parte di un soggetto, che gli eventi che lo vedono protagonista non sono<br />

sotto <strong>il</strong> suo controllo. Una inferenza di psicologia intercultura<strong>le</strong> che possiamo fare è<br />

affermare che un modello di controllo del<strong>le</strong> pulsioni di gruppo sembra avere qua<strong>le</strong><br />

corollario di base una predisposizione ad una concezione dell’accader degli eventi nella<br />

qua<strong>le</strong> <strong>il</strong> soggetto non ha sufficiente potere. Sappiamo che questo è uno degli e<strong>le</strong>menti che<br />

compongono la teoria cognitiva della depressione. Non vogliamo affermare che la cultura<br />

del sub-continente indiano predisponga necessariamente alla depressione. Il prob<strong>le</strong>ma è<br />

sempre quello di vedere cosa accade quando un modello che nel proprio ambito cultura<strong>le</strong><br />

di origine è efficace, viene esportato e vissuto accanto a modelli che funzionano in modo<br />

opposto. Abbiamo finora delineato un importante aspetto di differenza tra la cultura del<strong>le</strong><br />

società “aperte” e la cultura del sub-continente indiano : <strong>il</strong> ruolo del gruppo. Se nel<strong>le</strong><br />

nostre culture <strong>il</strong> ruolo del gruppo è diventato secondario ed <strong>il</strong> protagonista dell’interazione<br />

socia<strong>le</strong> è <strong>il</strong> soggetto, nell’altra cultura <strong>il</strong> soggetto dell’interazione è <strong>il</strong> gruppo, che può<br />

essere la famiglia, la casta, la famiglia allargata, ecc. Le interazioni sociali sono<br />

interazioni di gruppi, a loro volta contenuti nel comp<strong>le</strong>sso organismo del sistema socia<strong>le</strong>.<br />

E’ questa una cultura “olistica”, nella qua<strong>le</strong> ogni livello deve adeguarsi al<strong>le</strong> prescrizioni<br />

generali ed <strong>il</strong> cui nuc<strong>le</strong>o motore non sono i soggetti che lo compongono, ma la<br />

sopravvivenza del<strong>le</strong> norme necessarie alla sopravvivenza del comp<strong>le</strong>sso socia<strong>le</strong> più<br />

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