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le donne e il lavoro sognato. - Cestim

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parere, ha diminuito di molto la frequenza dei casi di disadattamento. Rimangono dei casi,<br />

<strong>le</strong>gati a prob<strong>le</strong>mi della condotta ed a dei disturbi di apprendimento, che si manifestano<br />

nonostante l’attività intercultura<strong>le</strong>. Spesso anche questi casi, come quello del bambino che<br />

abbiamo appena descritto, sono risolvib<strong>il</strong>i, non per come sono stati diagnosticati<br />

inizialmente, ma attraverso un <strong>lavoro</strong> di mediazione cultura<strong>le</strong>, sebbene presentino un<br />

nuc<strong>le</strong>o di specificità psicopatologica. Inizialmente i bambini figli di immigrati stavano ma<strong>le</strong><br />

o perché non comprendevano la lingua italiana, o perché erano sovraccaricati di attenzioni<br />

da parte degli insegnanti, che si premuravano fin troppo di seguirli. Quando non<br />

sopportavano più la situazione, i bambini reagivano con atti aggressivi. Mi racconta anche<br />

come ci siano dei prob<strong>le</strong>mi di inserimento per i bambini che in Senegal hanno frequentato<br />

<strong>le</strong> Scuo<strong>le</strong> Coraniche dei Marabutti, perché lì imparano <strong>il</strong> Corano, ma non a <strong>le</strong>ggere,<br />

scrivere e far di conto. Arrivano qui a 12 anni, senza aver acquisito nessuna di queste<br />

ab<strong>il</strong>ità di base. Quando vengono inseriti nel<strong>le</strong> scuo<strong>le</strong> medie inferiori, questi ragazzini non<br />

riescono a seguire i programmi scolastici, perché avrebbero dovuto partire dalla scuola<br />

primaria. Anche in questi casi, la risposta è quella dell’agire di comportamenti aggressivi,<br />

anche improvvisi, quando la situazione diventa troppo pesante per essere sopportata<br />

ulteriormente.<br />

Ne risulta come in genera<strong>le</strong> per la comunità senega<strong>le</strong>se sia molto importante <strong>il</strong> fatto di<br />

non divulgare <strong>le</strong> situazioni di disagio, perché ciò potrebbe gettare discredito sulla persona<br />

interessata, sulla sua famiglia e sulla comunità nel suo insieme.<br />

Mi ha parlato poi del<strong>le</strong> reti scolastiche sull’intercultura e di come nel vittoriese abbiano<br />

organizzato una mostra molto interessante sulla loro attività. Thiam sottolinea molto <strong>le</strong><br />

motivazioni culturali del comportamento individua<strong>le</strong>. La mediazione è uti<strong>le</strong> anche se la<br />

persona sa parlare la lingua del paese ospitante, perché <strong>le</strong> esperienza più profonde si<br />

vivono nella propria lingua e la padronanza della lingua straniera non è sempre ta<strong>le</strong> da<br />

permettere di esprimere adeguatamente questi vissuti.<br />

Mi parla anche di un prob<strong>le</strong>ma che hanno molte comunità di immigrati, quello della<br />

solitudine, specialmente gli africani, che hanno uno sti<strong>le</strong> di vita comunitario e per i quali<br />

vivere nel Veneto, dove <strong>le</strong> persone tendono a rimanere isolate, chiuse nei loro nuc<strong>le</strong>i<br />

fam<strong>il</strong>iari, è molto duro. Anche in questo caso, per chi si trova a disagio, è diffici<strong>le</strong> aprirsi ed<br />

ammettere di stare ma<strong>le</strong>.<br />

E’ stato contattato anni fa dai servizi psichiatrici, per un’attività di mediazione cultura<strong>le</strong>,<br />

ma non per parlare di terapie tradizionali. A suo parere sembra che <strong>le</strong> ASL stiano<br />

aprendosi a queste prospettive, anche perché la crisi economica che sta’ colpendo <strong>il</strong> nordest<br />

porterà ad un aumento dei casi di disagio psichico tra gli immigrati. Altri prob<strong>le</strong>mi che<br />

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