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le donne e il lavoro sognato. - Cestim

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che contro un contesto socia<strong>le</strong> e natura<strong>le</strong>”. Questa visione del sé deriva da una credenza<br />

nella totalità e nell’unicità della configurazione degli attributi interni di ogni persona e può<br />

dare origine a processi quali l’”auto-realizzazione”, <strong>il</strong> “realizzare sé stessi”, l’”espressione<br />

della propria unica configurazione di bisogni, diritti e capacità”, allo “sv<strong>il</strong>uppo del proprio<br />

potenzia<strong>le</strong> distintivo”, tipici della psicologia umanistica, o come nella psicologia junghiana,<br />

al “processo di individuazione”, al termine del qua<strong>le</strong> si scopre <strong>il</strong> ruolo unico e distintivo<br />

dell’individuo. In questa visione del sé, <strong>le</strong> caratteristiche individuali sono contenute<br />

all’interno della personalità e sono significative nel regolare <strong>il</strong> comportamento individua<strong>le</strong>.<br />

Inoltre, sia l’attore che l’osservatore, all’interno di questo schema cultura<strong>le</strong>, assumono che<br />

queste caratteristiche siano diagnostiche nei confronti dell’attore. Queste rappresentazioni<br />

del sé interiore sono così <strong>le</strong> più accessib<strong>il</strong>i quando si pensa al proprio Sé: vengono<br />

chiamate “concessioni nuc<strong>le</strong>ari”, “identità salienti” o “schemi di sé”.<br />

7.1.1.2) – L’INTERPRETAZIONE INTERDIPENDENTE DEL SE’.<br />

Al contrario di quella occidenta<strong>le</strong>, altre culture insistono sulla connettività fondamenta<strong>le</strong><br />

degli esseri umani tra loro. Un imperativo normativo per queste culture è <strong>il</strong> mantenimento<br />

dell’interdipendenza tra gli individui. Vivere l’interdipendenza implica <strong>il</strong> vedere sé stessi<br />

come parte di una relazione socia<strong>le</strong> che ci circonda e riconoscere che <strong>il</strong> proprio<br />

comportamento è determinato, contingente ed è in gran parte organizzato da ciò che<br />

l’attore percepisce come pensieri, sensazioni ed azioni degli altri, nella relazione. Il vissuto<br />

giapponese del sé comprende quindi anche un senso di interdipendenza e del ruolo del<br />

proprio status socia<strong>le</strong> nella partecipazione ad un’unità socia<strong>le</strong> più ampia. All’interno di<br />

questo modello <strong>il</strong> sé diventa significativo e comp<strong>le</strong>to quando viene collocato all’interno<br />

del<strong>le</strong> giuste relazioni sociali. Secondo Lebra (1976), i giapponesi si sentono pienamente<br />

umani in presenza degli altri. La persona non è separata dal contesto socia<strong>le</strong>, ma vi è<br />

invece connessa ed è meno differenziata dagli altri di quanto non avvenga nel modello<br />

occidenta<strong>le</strong>. Le persone sono motivate a trovare del<strong>le</strong> modalità di adattamento agli altri<br />

ri<strong>le</strong>vanti, a creare ed a soddisfare del<strong>le</strong> aspettative ed in genera<strong>le</strong>, ad impegnarsi in molte<br />

relazioni interpersonali. Per questo modello, gli aspetti significativi del sé si trovano<br />

nell’interdipendenza e nel<strong>le</strong> componenti sociali del sé. Gli altri, sono importanti per la<br />

comparazione socia<strong>le</strong> e per l’auto-validazione, ma a loro volta, all’interno di questo<br />

modello, diventano parte integra<strong>le</strong> del contesto al qua<strong>le</strong> <strong>il</strong> sé è connesso, adattato ed<br />

assim<strong>il</strong>ato. Anche <strong>il</strong> sé interdipendente possiede una gamma di attributi interni, quali<br />

ab<strong>il</strong>ità, opinioni, giudizi e tratti di personalità. Questi attributi vengono però interpretati<br />

come specifici al<strong>le</strong> situazioni e quindi a volte elusivi e privi di affidab<strong>il</strong>ità. Non hanno quindi<br />

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