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le donne e il lavoro sognato. - Cestim

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esclusione che prova quando viene evitato con lo sguardo. Anche per Moshiur, l’ambiente<br />

di <strong>lavoro</strong> è un ambiente di integrazione. La sua capacità lavorativa lo pone sullo stesso<br />

piano dei lavoratori italiani, <strong>il</strong> <strong>lavoro</strong> diventa l’ambito di uno scambio alla pari. Egli va però<br />

oltre e coglie <strong>il</strong> significato socia<strong>le</strong> del <strong>lavoro</strong> :<br />

“…quando la fabbrica ha bisogno di me, intendo dire che io <strong>lavoro</strong> anche per la società, un<br />

po’ come una sua piccola parte…”.<br />

Egli è anche aperto all’interazione, allo scambio di punti di vista :<br />

“…ma quando vado al mercato, quando parlo con altre persone, quando <strong>lavoro</strong> con altri<br />

col<strong>le</strong>ghi, mi insegnano cose da un punto di vista diverso, perché quello da cui io provengo è<br />

diverso…”.<br />

Questa voglia di interazione sembra però tradita, nell’ambito socia<strong>le</strong>. Purtroppo, <strong>il</strong> seguito<br />

dell’intervista è andato perso, ma ricordo come Moshiur parlasse del suo interesse per<br />

l’aspetto spiritua<strong>le</strong>, religioso, della vita, aspetti che trova abbastanza trascurati nella nostra<br />

società. Questo sembra essere uno dei suoi pochi riferimenti alla terra nata<strong>le</strong> : <strong>il</strong> desh<br />

rimane vivo proprio come centro spiritua<strong>le</strong> dell’esistenza, mentre <strong>il</strong> bidesh è <strong>il</strong> luogo del<br />

comando, della ricchezza, del potere, ma ha perso i <strong>le</strong>gami con <strong>il</strong> centro dell’essere<br />

umano, con <strong>il</strong> nuc<strong>le</strong>o più profondo del sé. I suoi studi superiori li ha fatti in ambito tecnicoartistico<br />

e avrebbe voluto frequentare qui in Italia dei corsi di computer graphics, sperando<br />

che avrebbero potuto permettergli di trovare un <strong>lavoro</strong> più qualificato. Emerge qui un altro<br />

aspetto <strong>le</strong>gato al processo migratorio : molti immigrati hanno un buon livello di istruzione e<br />

pur trovando vantaggioso <strong>il</strong> livello di vita che un <strong>lavoro</strong> in fabbrica permette loro,<br />

nondimeno aspirano ad un <strong>lavoro</strong> più adatto al<strong>le</strong> ab<strong>il</strong>ità da loro acquisite con lo studio.<br />

Questo sembra un aspetto trascurato nella pubblicistica e nella discussione politicosocia<strong>le</strong><br />

attorno al tema dell’immigrazione. Si tende a pensare che questo sarà un<br />

prob<strong>le</strong>ma per gli immigrati di seconda generazione, per i figli degli immigrati che abbiamo<br />

conosciuto qui, ma in realtà <strong>il</strong> prob<strong>le</strong>ma per molti si pone già ora, se non altro nel loro<br />

vissuto individua<strong>le</strong>. Si sente spesso parlare dei fenomeni di crisi che potranno interessare<br />

<strong>le</strong> industrie manifatturiere della zona, con la conseguente entrata nel mercato del <strong>lavoro</strong>, di<br />

un e<strong>le</strong>vato numero di immigrati in qualità di disoccupati, una volta che a causa della<br />

recessione economica avrebbero perso <strong>il</strong> loro posto di <strong>lavoro</strong>. Si renderebbero quindi<br />

necessarie del<strong>le</strong> iniziative di riqualificazione per questi lavoratori, che hanno svolto<br />

mansioni spesso non qualificate. Ebbene, se ci si rendesse conto che molti di loro sono<br />

già più qualificati di quanto noi lo pensiamo e del <strong>lavoro</strong> che svolgono, si capirebbe che<br />

questo processo di “riqualificazione”, del qua<strong>le</strong> si temono i costi, potrebbe rivelarsi meno<br />

dispendioso di quanto previsto.<br />

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