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le donne e il lavoro sognato. - Cestim

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Ritiene che <strong>il</strong> processo migratorio possa essere suddiviso in quattro fasi :<br />

1) – la fase dell’arrivo, nel corso della qua<strong>le</strong> l’immigrato si sente libero di fare qualsiasi<br />

cosa, ma non si preoccupa della conservazione della propria cultura, perché <strong>le</strong> sue<br />

aspettative di permanenza nel paese sono di breve durata. Vuol fare presto dei soldi e<br />

tornarsene a casa;<br />

2) – la fase dell’interessamento, che inizia dopo cinque anni di permanenza nel paese<br />

ospitante e durante la qua<strong>le</strong> comincia ad essere presa in considerazione la possib<strong>il</strong>ità di<br />

un insediamento stabi<strong>le</strong>. E’ in questa fase che si sente <strong>il</strong> bisogno di difendere la propria<br />

cultura di origine e di riconsiderarla, perché si diventa consapevoli della possib<strong>il</strong>ità di<br />

perderla per sempre;<br />

3) – la fase della stab<strong>il</strong>ità, raggiunta da chi riesce ad insediarsi in modo stabi<strong>le</strong> nel paese<br />

d’immigrazione;<br />

4) – la fase del disadattamento, che è trasversa<strong>le</strong> al<strong>le</strong> altre ed interessa quegli immigrati<br />

che non sono mai in grado di adattarsi al paese ed alla cultura ospitante.<br />

A suo parere, <strong>il</strong> vero processo di integrazione avverrà con <strong>le</strong> seconde e con <strong>le</strong> terze<br />

generazioni, quando i figli degli immigrati acquisiranno <strong>le</strong> nostre norme culturali e <strong>le</strong><br />

affiancheranno a quel<strong>le</strong> della loro cultura d’origine. Per quanto riguarda <strong>le</strong> associazioni<br />

degli immigrati, queste devono dare qualche vantaggio economico ai loro associati,<br />

altrimenti <strong>il</strong> tempo ad esse dedicato viene considerato sprecato. Egli ritiene che molti<br />

immigrati ut<strong>il</strong>izzino in modo produttivo, economicamente remunerativo, <strong>il</strong>o loro “tempo<br />

libero” dal <strong>lavoro</strong> principa<strong>le</strong>, altrimenti, con i bassi livelli salariali esistenti in Italia, non<br />

riuscirebbero a sopravvivere.<br />

Noto un suo diverso modo di vedere <strong>le</strong> associazioni degli immigrati. Se nel 2005 limitava <strong>il</strong><br />

ruolo dell’ANOLF a quello di fornire degli strumenti al<strong>le</strong> associazioni degli immigrati perché<br />

queste potessero gestirsi in modo autonomo e forse vedeva in questa capacità di gestione<br />

la chiave del processo di integrazione, ora sembra ritenere sia necessario un ruolo più<br />

incisivo dell’ANOLF e del<strong>le</strong> istituzioni locali, perché possa avvenire un processo di<br />

integrazione.<br />

Ritiene che in genera<strong>le</strong> <strong>le</strong> istituzioni locali, per quanto di loro competenza, si stiano<br />

impegnando a sufficienza per risolvere almeno i prob<strong>le</strong>mi di base degli immigrati. Poiché<br />

gli immigrati non sono ancora degli e<strong>le</strong>ttori, queste iniziative vengono fatte in sordina, forse<br />

anche per non allarmare i cittadini italiani che sono e<strong>le</strong>ttori. Gli chiedo se <strong>le</strong> “sparate” di<br />

alcuni amministratori locali <strong>le</strong>ghisti (la vice-sindaco di Spresiano ha proposto di dare un<br />

incentivo di 2.000 euro agli immigrati disoccupati che accettano di tornare a casa, in modo<br />

da non dover spendere soldi in assistenza socia<strong>le</strong>) rappresentino <strong>il</strong> clima istituziona<strong>le</strong><br />

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