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le donne e il lavoro sognato. - Cestim

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italiano non sarà positivo per lo sv<strong>il</strong>uppo del figlio. Da un lato lamenta la mancanza di<br />

rispetto nel linguaggio in Italia :<br />

“…in europeo voi dite “tu”, “te”, noi invece diciamo “<strong>le</strong>i”, parliamo con rispetto…”.<br />

Ciò può riferirsi sia all’usanza dei residenti di dare del tu agli stranieri, in questo modo<br />

negando loro una comp<strong>le</strong>ta dignità di adulti, ma può riferirsi anche ad una genera<strong>le</strong> perdita<br />

del rispetto del<strong>le</strong> convenzioni e del<strong>le</strong> gerarchie sociali, nel nostro linguaggio odierno.<br />

Dall’altro, si lamenta per <strong>il</strong> “lassismo mora<strong>le</strong>” della società italiana :<br />

“…voi alla te<strong>le</strong>visione vedete cose che non vanno bene, ragazzo e ragazza soli per strada.<br />

Noi non facciamo così”.<br />

Vorrebbe quindi, fra 10 o 20 anni, tornare nel suo paese, ma non sa se <strong>il</strong> figlio lo<br />

seguirebbe, perché la sua mentalità si sarebbe formata qui, tra gli “europei”. Nel caso di<br />

Hassan <strong>il</strong> desh assume una connotazione diversa da come viene rappresentato nel<strong>le</strong> altre<br />

interviste. Non è più la terra nata<strong>le</strong>, <strong>il</strong> luogo di origine <strong>sognato</strong> e rimpianto, un luogo<br />

“materno”, ma assume invece del<strong>le</strong> connotazioni, del<strong>le</strong> sembianze, “paterne”, masch<strong>il</strong>i : è<br />

la patria, la terra del padre e della <strong>le</strong>gge, che nella terra straniera di insediamento viene<br />

invece trascurata. In questo senso, Hassan ricorda gli immigrati bangladesi di Londra, con<br />

<strong>il</strong> loro sogno di un futuro ritorno in patria, ritorno che nella gran parte dei casi, non si<br />

realizzerà. E’ una posizione simi<strong>le</strong>, anche se estremizzata, a quella di Mukul. Anche lui,<br />

<strong>le</strong>gava la scelta se restare o meno in Italia, al<strong>le</strong> decisioni del figlio. Se nel caso di Mukul la<br />

scelta del figlio sembrava sopperire ad un’indecisione paterna, ad un non riconoscimento<br />

dei suoi veri desideri da parte del padre, nel caso di Hassan sembra prefigurarsi un temuto<br />

conflitto generaziona<strong>le</strong>, tra una visione fam<strong>il</strong>iare tradizionalista, quella del padre ed<br />

un’ipotetica visione “integrata”, quella del figlio, che però non è ancora nato. Forse la<br />

prefigurazione di questo “conflitto”, segnala un tentativo di elaborazione, da parte di<br />

Hassan, della differenza riscontrata tra due sistemi culturali a torto ritenuti inconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>i.<br />

Abbiamo visto come in realtà nel Regno Unito i giovani della seconda e della terza<br />

generazione riescano ad integrare i due diversi mondi e come in realtà diventino<br />

consapevoli dell’impossib<strong>il</strong>ità, almeno in quel contesto, caratterizzato da un forte razzismo<br />

da parte dei “bianchi”, di fuoriuscire comp<strong>le</strong>tamente dalla comunità di origine.<br />

L’atteggiamento “conservatore” di Hassan si riscontra anche quando parla del <strong>lavoro</strong> della<br />

moglie : “…mia moglie vo<strong>le</strong>va lavorare. Nella mia ditta sono bravi, questo per me non è un<br />

prob<strong>le</strong>ma, perché <strong>le</strong>i lavora con me, io vedo sempre…”.<br />

C’è stato un suo tentativo di far rimanere a casa la moglie, ma è rientrato quando <strong>il</strong> datore<br />

di <strong>lavoro</strong> gli ha fatto presente la differenza positiva, tra l’avere due salari, invece di uno, in<br />

famiglia. Hassan non riscontra prob<strong>le</strong>mi con la pratica religiosa, dice che <strong>il</strong> Comune<br />

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