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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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per sviluppare il mercato interno, la competitività e le piccole e medie imprese, per la creazione di<br />

“reti transeuropee” per i trasporti, 185 l’energia e l’ambiente, per la fondazione della “società<br />

dell’informazione” e per un quadro macroeconomico stabile), nonché su una rinnovata azione della<br />

PESC e della “cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni”. Solo come ultimo punto<br />

il Consiglio Europeo prendeva posizione sulla “preparazione della Conferenza intergovernativa<br />

del 1996”.<br />

A questo proposito il Consiglio Europeo stabiliva la convocazione di un apposito “gruppo di riflessione”<br />

(sul tipo di quello proposto dal PE), volto a individuare, per il periodo compreso tra il giugno<br />

e il dicembre 1995, “idee concernenti le disposizioni del trattato dell'Unione europea per il quale<br />

sono previsti una revisione ed altri eventuali miglioramenti in uno spirito di democrazia e di apertura”,<br />

nonché “opinioni nella prospettiva del futuro ampliamento dell'Unione in merito alle questioni<br />

istituzionali […] (ponderazione dei voti, soglia per le decisioni a maggioranza qualificata, numero<br />

dei membri della Commissione e qualsiasi altra misura ritenuta necessaria per facilitare il lavoro<br />

delle Istituzioni e garantirne l'efficacia ed operatività nella prospettiva dell'ampliamento).” In altri<br />

termini la prevista revisione del trattato di Maastricht era rivolta tutta alla prospettiva di assicurare<br />

una maggiore efficienza del processo decisionale dell’UE nella prospettiva del suo allargamento ai<br />

Paesi dell’Europa centro-orientale, ma non diceva nulla di preciso quanto all’altro requisito della<br />

reale efficacia dell’azione dell’UE ovvero alla sua “democratizzazione”.<br />

In tale situazione di mancata definizione del nodo cruciale dello sviluppo dell’UE interveniva allora<br />

il PE con la risoluzione del 28 settembre 1994 “su un’Europa a più velocità”. Preoccupato della<br />

prospettiva che nella prevista GIG del 1996 emergessero ancora una volta nuove “deroghe” a certi<br />

Stati membri rispetto alla partecipazione a nuove politiche comunitarie nel quadro consolidato di<br />

un’Europa a più velocità, il PE si pronunciava sulla liceità di questa prospettiva nei seguenti termini:<br />

“6. boccia l’idea di un’Europa à la carte nella quale ogni governo nazionale avrebbe il diritto di dissociarsi da qualunque<br />

politica comunitaria;<br />

7. ritiene che, qualora una piccola minoranza di Stati cercasse di impedire qualsiasi progresso in occasione della Conferenza<br />

intergovernativa del 1996, sarebbe necessario trovare modalità che consentano agli Stati che lo desiderino di portare<br />

avanti ugualmente i loro sforzi di integrazione europea;<br />

8. ritiene che, di fronte alle grandi sfide della stabilizzazione dell’Europa centrale e orientale e del bacino mediterraneo,<br />

l’Unione debba poter disporre dei mezzi necessari per svolgere il ruolo di polo stabile e di catalizzatore che le compete,<br />

in un’ottica di efficacia e di sviluppo della democrazia;<br />

9. riconosce che le deroghe ottenute nel trattato di Maastricht da taluni Stati membri hanno provocato pericolose elucubrazioni<br />

su un’Europa à la carte”<br />

In tal modo il PE, condannando risolutamente il meccanismo delle “deroghe”, stabiliva la necessità<br />

di contrastare queste ultime attraverso l’istituzione di apposite contromisure di compensazione ovvero<br />

le future “cooperazioni rafforzate”, limitate esclusivamente al compito di far andare avanti<br />

l’UE rispetto agli obiettivi stabiliti nei trattati, a dispetto delle “deroghe” di volta in volta richieste e<br />

ottenute da certi Stati membri.<br />

In tale quadro di incertezza sulla reale volontà di tutti gli Stati membri di partecipare a nuovi obiettivi<br />

comunitari interveniva poi, come un rinnovato fulmine a ciel sereno, l’esito negativo del referendum<br />

nazionale norvegese del 28 novembre 1994 sul trattato di adesione della Norvegia<br />

all’Unione Europea, con il quale il popolo norvegese, per la seconda volta, respingeva l’ingresso del<br />

185 E’ interessante notare come già il Consiglio Europeo di Corfù del giugno 1994 stabilisse a tal proposito un “elenco<br />

dei progetti di trasporto altamente prioritari”, tra cui figurava il “treno ad alta velocità/trasporto combinato Francia-<br />

Italia Lione-Torino” ossia la famosa linea ferroviaria TAV, che nell’arco dei successivi tredici anni, lungi dall’essere<br />

compiuta, susciterà sempre più forti resistenze da parte delle popolazioni locali, soprattutto nel versante italiano (piemontese)<br />

in Val di Susa. Come dire: l’efficienza del processo decisionale UE nell’azione intesa a soddisfare alle esigenze<br />

dei “cittadini dell’Unione” non avrebbe dovuto essere disgiunta dalla ricerca assidua e sistematica di un consenso<br />

democratico (soprattutto attraverso la dimensione della “democrazia partecipativa”) a tale azione, al fine di ottenere una<br />

reale efficacia di quest’ultima.

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