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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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le della Comunità. L’istituzione come tale, così come i membri del suo Consiglio, saranno indipendenti da istruzioni.<br />

Riferirà alle istituzioni che sono politicamente responsabili.”<br />

Era con ciò prefigurata già allora la situazione attuale, che vede un’istituzione europea indipendente<br />

dalle altre istituzioni europee e dotata di pieni poteri per una politica monetaria tutta tesa all’unico<br />

obiettivo della stabilità dei prezzi, oggi con conseguenze tendenzialmente preoccupanti in ordine al<br />

rialzo automatico del costo del denaro (in presenza di rischi d’inflazione) e quindi alla capacità degli<br />

Stati, delle aziende e delle famiglie di far fronte ai rispettivi debiti. D’altra parte questa era la<br />

condizione posta da chi, come la Germania ossia lo Stato membro con la più forte economia, esigeva<br />

garanzie in tal senso ai fini della propria adesione all’Unione Monetaria.<br />

In ogni caso la creazione della nuova istituzione, si sosteneva, “renderà possibile, in particolare: di<br />

rafforzare il coordinamento delle politiche monetarie; di sviluppare gli strumenti e le procedure necessari<br />

per la condotta futura di un’unica politica monetaria; di sorvegliare lo sviluppo dell’ECU.”<br />

Entro il 31 dicembre 1996 si sarebbe poi pervenuti alla decisione sul passaggio alla terza e ultima<br />

fase, che, a prescindere dai tempi di avvio, di esecuzione e di compimento, avrebbe dovuto condurre<br />

ai seguenti risultati finali: “Con il compimento della fase finale dell’Unione Economica e Monetaria,<br />

i tassi di cambio saranno fissati irrevocabilmente. La Comunità avrà una valuta unica - un<br />

ECU forte e stabile – che sarà un’espressione della sua identità e unità.”<br />

Al di là del diverso nome dato a tale valuta unica, il mandato del Consiglio europeo di Roma<br />

dell’ottobre 1990 alla prevista CIG sull’UEM era non solo quanto mai preciso e dettagliato, bensì<br />

prefigurava esattamente quanto poi sarebbe effettivamente avvenuto nel corso degli undici anni<br />

successivi.<br />

Un potente contributo all’accelerazione del processo di realizzazione dell’Unione Europea veniva<br />

poi dalla firma euro-americana della “Dichiarazione transatlantica” del 22 novembre 1990, nella<br />

quale il presidente degli Stati Uniti d’America e il presidente del Consiglio europeo stabilivano<br />

l’inizio di una regolare collaborazione, basata su incontri biennali al vertice, tra gli USA e la CE nei<br />

più svariati campi, con il conseguente implicito riconoscimento americano di quest’ultima come vero<br />

e proprio soggetto politico-istituzionale di prima grandezza e insieme il più vicino, da un punto<br />

di vista culturale e civile, agli Stati Uniti. Tale regolare collaborazione e tali incontri al vertice sarebbero<br />

continuati, a maggior ragione, con la nascita dell’UE.<br />

A Roma si svolgeva poi la prevista Conferenza dei Parlamenti della Comunità Europea, che si concludeva<br />

il 30 novembre 1990 con una Dichiarazione finale, nella quale si dava sostanziale appoggio<br />

alla strategia del Parlamento Europeo per l’Unione Europea. Tale Conferenza ebbe un’importanza<br />

storica, perché inaugurò una struttura stabile di collaborazione tra Parlamento Europeo e Parlamenti<br />

nazionali, che comporterà insieme un rafforzamento sia del prestigio del PE, sia del peso dei Parlamenti<br />

nazionali nelle politiche europee. Tale collaborazione sarà alla base della nascita delle future<br />

Convenzioni degli anni 2000 e quindi della stesura sia della Carta dei Diritti Fondamentali<br />

dell’Unione, sia del TCE, nonché del futuro potere dei Parlamenti nazionali di impugnare, in nome<br />

del principio di sussidiarietà, un atto legislativo europeo.<br />

Frattanto, nelle sue due risoluzioni del 22 novembre 1990, quella “sulla Conferenza intergovernativa<br />

nel contesto della strategia del Parlamento Europeo in vista dell’Unione Europea” (relatore: David<br />

Martin) (doc. A3-270/90) e quella “recante il parere del Parlamento Europeo sulla convocazione<br />

delle Conferenze intergovernative sull’Unione economica e monetaria e sull’Unione politica” (relatore:<br />

David Martin) (doc. A3-281/90), il PE continuava la sua opera di convincimento sul tipo di<br />

mandato che avrebbero dovuto avere le due CIG. In fine con la sua risoluzione del 12 dicembre<br />

1990 “sulle basi costituzionali dell’Unione Europea” (relatore: Emilio Colombo 122 ), il PE prendeva<br />

ancora una volta posizione sulla meta ultima del processo di revisione istituzionale ossia sulla “co-<br />

122 Questa risoluzione costituiva il “canto del cigno” dell’attività parlamentare europea di Emilio Colombo, che<br />

nell’agosto 1992 lascerà definitivamente il PE, per riassumere la carica di ministro degli esteri italiano. Nel settembre<br />

1992 si dimetterà pure dalla Camera dei deputati. Nell’aprile 1993 lascerà anche la guida del ministero degli esteri. E’<br />

senatore a vita dal 2003.

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