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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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proprie comunitarie, ai sensi del quale la Comunità europea avrebbe percepito i dazi doganali sui<br />

prodotti importati dagli Stati terzi, tutti i prelievi sulle importazioni agricole, nonché entrate provenienti<br />

dall’imposta sul valore aggiunto, e infine l’estensione dei poteri del Parlamento Europeo in<br />

materia di bilancio. Si trattava di una serie di misure che davano corpo e spessore finanziari<br />

all’individualità e all’autonomia della Comunità Europea, nonché compensavano tale crescita politica<br />

con una corrispondente legittimazione democratica di essa, per mezzo degli accresciuti poteri<br />

del Parlamento Europeo in materia. 57<br />

Del resto, entro il periodo prescritto dei 12 anni, conclusosi alla fine del 1969, erano già stati ormai<br />

conseguiti tutti gli obiettivi prefissati dal trattato CEE (relativi al mercato comune europeo (MEC))<br />

e si imponevano ormai nuovi traguardi, che il Consiglio (l’Aja, 1-2 dicembre 1969) aveva individuato<br />

ormai, sulla base della lontana Dichiarazione Schuman e delle attuali necessità strutturali,<br />

nella graduale realizzazione di un’”Unione economica e monetaria” e nella conseguente armonizzazione<br />

delle politiche sociali, nonché nell’allargamento della Comunità ad altri membri. 58<br />

Il Consiglio aveva affidato perciò, il 6 marzo 1970, a due Comitati il compito di formulare proposte<br />

rispettivamente per la realizzazione dell’Unione economica e monetaria (Comitato Werner) e in materia<br />

di cooperazione politica (Comitato Davignon). Il Consiglio decideva poi di accogliere sia la<br />

relazione Davignon sulla cooperazione politica, che sosteneva, tra l’altro, la necessità che l’Europa<br />

parlasse “con una sola voce” in politica estera (27 luglio 1970), sia il piano Werner sul coordinamento<br />

delle politiche economiche, che raccomandava l’armonizzazione delle politiche nazionali di<br />

bilancio e la riduzione dei margini di fluttuazione fra le monete (22 marzo 1971).<br />

Di conseguenza il Consiglio dava l’avvio alla prima fase di realizzazione dell’Unione economica e<br />

monetaria con l’istituzione, il 24 aprile 1972, del cosiddetto “serpente” monetario, in base al quale i<br />

Sei si impegnavano a limitare al 2,25% lo scarto massimo di fluttuazione fra le loro valute.<br />

Ma soprattutto il Consiglio, riunito a Parigi tra il 19 e il 21 ottobre 1972, decideva: a) la creazione<br />

del Fondo europeo di cooperazione monetaria e il passaggio alla seconda fase dell’Unione economica<br />

e monetaria, da realizzarsi fra il 1° gennaio 1974 e il 31 dicembre 1980; b) la definizione, sulla<br />

base della possibilità offerta dal trattato CEE, di nuovi campi di azione della Comunità ovvero<br />

l’avvio di politiche regionali, sociali, industriali, scientifiche e tecnologiche, ambientali ed energetiche<br />

comunitarie; d) lo sviluppo di una cooperazione politica fra gli Stati membri in direzione di una<br />

politica estera comune; e) il rafforzamento delle istituzioni e in particolare del Parlamento Europeo;<br />

f) la trasformazione “dell’intero complesso delle relazioni degli Stati membri in un’Unione Europea”,<br />

da realizzarsi entro il 1980.<br />

Quanto all’allargamento della Comunità a nuovi membri, già il 22 gennaio 1972 era stato firmato il<br />

Trattato di adesione alla CE del Regno Unito, Irlanda, Danimarca e Norvegia. Questo trattato<br />

era diventato oggetto dei primi referendum popolari nazionali aventi per tema la Comunità Europea.<br />

Nel caso della Norvegia il referendum popolare del 25 luglio 1972 aveva avuto esito negativo e il<br />

governo, il 9 ottobre 1972, aveva dichiarato di rinunciare alla prevista ratifica parlamentare del trattato,<br />

con il conseguente fallimento dell’adesione norvegese. Tale avvenimento sarà il primo di una<br />

lunga serie di “sorprese” lungo la strada dell’integrazione europea, al fine di “prevedere” le quali la<br />

Commissione europea non mancherà di dotarsi dei mezzi più opportuni. 59 In ogni caso il Trattato di<br />

57 La presidenza del PE era ricoperta in quel periodo, tra il 1969 e il 1971, dall’italiano Maria Scelba (DC), già capo del<br />

governo italiano dal febbraio 1954 al luglio 1955 e come tale “padrino” della conferenza di Messina.<br />

58 Ad accogliere tali indicazioni del Consiglio sulla nuova strategia della CE e a dar loro spessore avrebbe dovuto essere<br />

il nuovo presidente della Commissione europea, insediatosi, di lì a poco, nel giugno 1970, ossia l’italiano Franco Maria<br />

Malfatti. Esponente della DC, dal 1958 deputato e ministro in vari dicasteri, Malfatti era il primo cittadino italiano a ricoprire<br />

tale esclusiva carica europea. Tuttavia l’evenienza di elezioni anticipate in Italia (la prima di una lunga serie<br />

quasi ininterrotta sino al 1996 e quindi inizio della lunga crisi della “prima” Repubblica) sarebbe bastata a indurlo alle<br />

dimissioni già nel marzo 1972 ai fini della propria candidatura parlamentare. Da allora nessun cittadino italiano avrebbe<br />

ricoperto tale carica europea sino al 1999.<br />

59 Infatti, nella consapevolezza che tutta la storia successiva della Comunità europea sarebbe stata interessata e condizionata<br />

dall’incognita di referendum popolari nazionali, la Commissione europea si doterà, nel giro di un anno, del più

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