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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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dava al Consiglio di adottare “la proposta di direttiva relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e<br />

dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che, attraverso<br />

il riordino dei testi esistenti, apporta le semplificazioni indispensabili e sancisce in particolare<br />

il diritto al soggiorno permanente dopo 4 anni ininterrotti di residenza”, nonché “limitando rigorosamente<br />

le condizioni in cui uno Stato membro può procedere a misure di espulsione e vietando<br />

qualsiasi provvedimento di tale tipo per i cittadini che hanno acquisito un diritto di soggiorno permanente”;<br />

inoltre il PE chiedeva al Consiglio di esaminare pure la “proposta di direttiva relativa allo<br />

status dei cittadini di Paesi terzi che siano residenti di lungo periodo, che garantisce uno status di<br />

lunga durata agli immigrati legali”. Infine il PE riteneva indispensabile attuare una strategia di<br />

“promozione della <strong>cittadinanza</strong> europea”, attraverso le seguenti misure:<br />

- un duplice invito alla Convenzione a:<br />

- “stabilire quale valore giuridico vincolante deve essere conferito alla Carta dei <strong>diritti</strong> fondamentali dell’UE, a integrare<br />

nel quadro comunitario le materie proprie del terzo pilastro e a cercare di garantire che i testi che sanciscono le politiche<br />

dell’Unione Europea siano più accessibili per l’insieme dei cittadini”;<br />

- “migliorare la relazione diretta tra i singoli cittadini e le istituzioni UE, semplificando le procedure e il linguaggio e<br />

concedendo a ciascuno il diritto di ricorso dinanzi alla Corte di giustizia”;<br />

- un triplice invito al Consiglio a:<br />

- “sormontare le numerose divergenze legislative ancora sussistenti e che ostacolano la piena espressione della <strong>cittadinanza</strong><br />

europea nell’ambito dello status dei singoli (condizione di ottenimento dei titoli di soggiorno, attuazione del diritto<br />

al ricongiungimento familiare), della giustizia (norme minime procedurali) e anche delle condizioni di movimento e<br />

di soggiorno dei lavoratori migranti (regime di sicurezza sociale, trasferimento dei <strong>diritti</strong> pensionistici)”;<br />

- “incrementare, nell’ambito dei loro [degli Stati membri] programmi educativi, una migliore conoscenza dell’Europa,<br />

in particolare mediante l’insegnamento della storia e delle lingue”;<br />

- un quadruplice invito alla Commissione europea a:<br />

- “rafforzare i programmi di scambi di giovani già esistenti, ma ancora assai insufficienti, come SOCRATES e LEO-<br />

NARDO DA VINCI, che contribuiscono a promuovere una migliore conoscenza reciproca, uno spirito di tolleranza e<br />

l’emergere di una coscienza europea”;<br />

- adottare subito “un piano d’azione per la mobilità (PAM), onde facilitare e accrescere la mobilità degli studenti, dei<br />

volontari, degli insegnanti e dei docenti”;<br />

- “rafforzare con ogni mezzo una politica d’informazione e di comunicazione dell’UE, che sia quanto più mirata e adeguata<br />

possibile” e “rendere accessibile al pubblico, nelle varie lingue ufficiali e in modo gratuito, la base documentaria<br />

dell’UE, favorendo altresì lo sviluppo di portali interattivi”;<br />

- “consentire ai cittadini dell’Unione di accedere all’informazione sui loro <strong>diritti</strong> nell’ambito di un dialogo permanente,<br />

in particolare con il lancio del programma Europe Direct”.<br />

In tal modo il PE investiva del tema fondamentale della <strong>cittadinanza</strong> dell’Unione tutte le istituzioni<br />

europee, ordinarie e straordinarie, compresa dunque la Convenzione, quale criterio supremo di significanza<br />

delle loro rispettive attività. Un monito destinato, purtroppo, a restare in larga parte disatteso.<br />

La Convenzione, nel frattempo, riprendeva anch’essa le proprie attività, in particolare con la riunione<br />

del gruppo di lavoro III dell’11 settembre 2002, in cui, a proposito della semplificazione dei<br />

trattati, si tennero le audizioni di due esperti, Peter-Christian Müller-Graf (università di Heidelberg)<br />

e Bruno de Witte (IUE di Firenze). Müller-Graf appoggiava l’ipotesi prospettata dal gruppo di lavoro<br />

III, ma avvertiva pure, quasi profeticamente, che “questa opzione comporta in compenso alcune<br />

“sfide”, in particolare nell’ipotesi in cui essa implicasse di sottoporre alla ratifica degli Stati<br />

membri anche la seconda parte consolidata.” De Witte, che era stato membro del gruppo di ricerca<br />

di Firenze, presentò un intervento poi pubblicato il 19 settembre 2002 dal Segretariato sotto forma<br />

di documento di lavoro 27 del gruppo di lavoro III. Esso era della massima importanza in ordine a<br />

un’interpretazione autorevolmente corretta del tanto lodato progetto di Firenze. De Witte, infatti,<br />

appoggiando lui pure l’ipotesi ormai affermatasi nel gruppo di lavoro III, stabiliva delle importanti<br />

precisazioni in merito al tema “riorganizzazione: come fare per articolare un tratto di base con il<br />

“resto” del diritto primario?”. Infatti egli poneva ben tre alternative al proposito, dotate di crescente<br />

spessore. La prima, più “morbida”, era quella di dividere lo stesso trattato unificato, risultante dalla

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