cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"
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e istituzionale richiesto “per dare il benvenuto a un certo numero di nuovi Stati membri”. In particolare<br />
il PE poneva le seguenti condizioni:<br />
“E’ convinto che l’Unione Europea non si dimostrerà adeguata all’accesso di nuovi Stati e alle sfide paneuropee, a meno<br />
che non si trasformi in un’Unione fondata su strutture federali, con poteri limitati, ma reali, applicati sulla base del<br />
principio di sussidiarietà, e su istituzioni democratiche pienamente sviluppate, basate su un progetto di Costituzione redatto<br />
dal Parlamento Europeo per la ratifica da parte dei Parlamenti nazionali” 169<br />
Di conseguenza il PE reclamava la convocazione di una nuova CIG prima ancora del 1996 (data indicata<br />
a tal proposito dallo stesso trattato di Maastricht) e anzi prima ancora della decisione di accogliere<br />
nell’UE qualsiasi nuovo Stato membro, nonché l’assegnazione a tale CIG di un mandato a iniziare<br />
il processo costituzionale (con il coinvolgimento del PE), sulla base del progetto di Costituzione<br />
dell’Unione, che il PE si impegnava a redigere rapidamente e ad approvare nel frattempo.<br />
Anzi la risoluzione anticipava le stesse linee guida per le riforme istituzionali e strutturali che avrebbero<br />
dovuto essere contenute nella futura Costituzione:<br />
1) per quanto riguarda il Consiglio:<br />
- ridefinire il ruolo e la natura della presidenza, tenendo conto delle grandi richieste di una continuità<br />
e di una presenza della rappresentanza esterna dell’Unione;<br />
- trasformarlo in una seconda Camera legislativa nel senso di una vera e propria Camera degli Stati<br />
(accanto al PE) e quindi di un corpo dell’UE in seduta permanente, le riunioni del quale su temi legislativi<br />
avrebbero dovuto essere svolte in pubblico, con deliberazioni a maggioranza (secondo una<br />
maggioranza qualificata con una ponderazione dei voti ridefinita in base a nuovi criteri), in una procedura<br />
di co-decisione e su un piede di parità con il PE;<br />
- conservare tuttavia il suo ruolo speciale nella delineazione delle disposizioni di esecuzione delle<br />
leggi, varate dallo stesso Consiglio e dal PE, dal momento che doveva essere mantenuta la responsabilità<br />
degli Stati membri per l’esecuzione e l’applicazione delle leggi dell’Unione;<br />
2) per quanto riguarda la Commissione:<br />
- conferirle potere esecutivo nell’UE, in modo tale da farle gestire gli affari dell’UE sulla base delle<br />
leggi dell’UE e in accordo con le linee guida delineate dal Consiglio europeo;<br />
- rafforzare la sua capacità politica e la sua attendibilità democratica, con responsabilità in relazioni<br />
esterne e nel “sistema di cooperazione confederale in Europa”;<br />
- farle rappresentare l’UE al livello esterno, riguardo alle strutture paneuropee e nelle aree di responsabilità<br />
a essa trasferite e, in altre aree, in accordo con il Consiglio e monitorata dal PE, che “avrà<br />
poteri di monitoraggio equivalenti a quelli normalmente validi in politica estera negli Stati<br />
membri”;<br />
- introdurre il principio dei portafogli politici;<br />
- far decidere al suo presidente, eletto dal PE, la composizione di essa;<br />
- autorizzare l’uso di vice-commissari per certi portafogli;<br />
3) per quanto riguarda il Parlamento Europeo:<br />
- farlo diventare più rappresentativo, in presenza di un crescente numero di Stati membri, attraverso<br />
la determinazione del numero dei suoi membri in base al principio di “proporzionalità decrescente”:<br />
tanto più alta è la popolazione di un dato Stato membro, tanto più bassa è la percentuale di membri<br />
rispetto all’intera popolazione;<br />
- farlo collaborare con il Consiglio sulla base di uguali <strong>diritti</strong> e poteri, in tutte le sfere di competenza<br />
legislativa dell’UE e rispetto a tutte le decisioni concernenti introiti e spese;<br />
- attribuirgli un accentuato controllo sulla politica estera e di sicurezza, per quanto riguarda il ruolo<br />
dell’UE e le sue decisioni nel “sistema di cooperazione confederale in Europa” e l’ulteriore svilup-<br />
169 Nella fedeltà al proprio progetto originario, il PE sembrava dunque aver abbandonato peraltro l’idea del coinvolgimento<br />
dei Parlamenti nazionali nella redazione finale del testo, della “mobilitazione dell’opinione pubblica europea” e<br />
dell’entrata in vigore della Costituzione dietro la ratifica anche solo di una maggioranza degli Stati membri. Viceversa il<br />
PE sembrava ormai orientato al coinvolgimento di una CIG nella redazione finale del testo e a una ratifica esclusivamente<br />
parlamentare di esso (memore dell’esito negativo del referendum danese sul trattato di Maastricht).