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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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plicazione. 162 Anzi il Consiglio europeo, richiamandosi alla disposizione del trattato di Maastricht<br />

di “portare il processo dell’unità europea più vicino ai cittadini”, incoraggiava lo sviluppo del dialogo<br />

tra i Parlamenti nazionali e il Parlamento Europeo. E infine esigeva la “stretta applicazione, da<br />

parte di tutte le istituzioni, del principio di sussidiarietà alla legislazione esistente e futura”.<br />

Infine il Consiglio europeo adottava una risoluzione sulla PESC, con le indicazioni dei settori geopolitici<br />

prioritari, come pure dei campi d’intervento della “politica di sicurezza comune”.<br />

Tali decisioni apparentemente “rassicuranti” del Consiglio europeo di Lisbona non bastavano peraltro a tranquillizzare<br />

l’opinione pubblica europea quanto all’esito negativo del referendum danese e quindi alla preoccupazione per un possibile<br />

fallimento del processo di ratifica del trattato di Maastricht e quindi della prevista UE e soprattutto della programmata<br />

UEM. La controprova di tale timore era data dall’inizio di una sfiducia dei mercati nei confronti dello stesso SME<br />

e in particolare della capacità effettiva di convergenza delle economie dei Paesi partecipanti a esso, in presenza di una<br />

crescita economica tedesca in forte controtendenza rispetto alle deboli economie degli altri membri dello SME. La conseguente<br />

fortissima pressione speculativa sulle loro monete e in particolare sulla lira italiana e sulla sterlina britannica,<br />

soprattutto all’approssimarsi estivo di un altro referendum, francese, sul trattato di Maastricht, previsto per il 20 settembre<br />

1992 (con esito pronosticato anch’esso come negativo), conduceva infine il 16 settembre 1992 alla fuoriuscita del<br />

Regno Unito e dell’Italia dallo SME.<br />

Nel caso britannico la fuoriuscita si sarebbe rivelata permanente, contribuendo a maturare la decisione definitiva della<br />

Gran Bretagna di non adottare la futura moneta unica e quindi di marcare nel modo più palese la propria orgogliosa “diversità”<br />

rispetto all’Unione. Nel caso italiano la fuoriuscita si sarebbe rivelata temporanea, ma le cause specifiche della<br />

durissima crisi monetaria italiana (l’elevatissimo debito pubblico contratto e il mancato risanamento finanziario, nonostante<br />

i precisi obblighi derivanti dagli impegni comunitari), le cifre altissime pagate per sostenere la lira prima<br />

dell’uscita dallo SME e la perdita, con tale “resa” monetaria, della posizione di prestigio politico avuta sino ad allora in<br />

seno all’UE, avrebbero avuto per conseguenza quella di segnare il fallimento della politica finanziaria, economica e generale<br />

non solo del governo e dello stesso Parlamento appena eletto, ma persino della stessa (prima) Repubblica, contribuendo<br />

a gettare nel discredito più totale l’intera classe politica dirigente (accusata di aver alimentato il debito pubblico<br />

proprio attraverso una “generosa” politica di tolleranza dell’evasione fiscale e di “copiosa” spesa pubblica, fondata a<br />

sua volta su un vero e proprio regime di sistematica concussione e corruzione) e persino gli stessi partiti politici di governo,<br />

con la rapida messa in crisi e la definitiva scomparsa di questi ultimi. 163<br />

Nella sua successiva riunione straordinaria, il Consiglio europeo di Birmingham del 16 ottobre 1992<br />

confermava, nelle sue conclusioni, l’importanza di concludere il processo di ratifica del trattato di<br />

Maastricht al più presto, “senza riaprire il presente testo”, nei tempi previsti dal trattato; accoglieva<br />

con piacere l’intenzione del governo danese di presentare alla successiva riunione di Edimburgo<br />

delle proposte di soluzione al blocco del proprio processo di ratifica; e soprattutto, riprendendo il<br />

tema della precedente riunione di Lisbona formulava la “Dichiarazione di Birmingham”, dal titolo<br />

“Una Comunità vicina ai suoi cittadini”, una sorta di rassicurazione pubblica rispetto ai timori dei<br />

cittadini, emersi con drammatica evidenza dai risultati del referendum danese.<br />

162 Per la prima volta compariva dunque ufficialmente la consapevolezza della suprema istituzione europea quanto alla<br />

necessità della massima trasparenza e di un’adeguata “strategia della comunicazione” della CE nei confronti dei “cittadini<br />

d’Europa”, al fine di non incappare più in risultati negativi, come quello del recente referendum danese.<br />

163 Nel disorientamento più totale dello Stato, sarà allora chiamato alla guida del governo italiano, il 28 aprile 1993,<br />

Carlo Azeglio Ciampi, a motivo dei successi mietuti e della fama europea raggiunta nella sua qualità di governatore della<br />

Banca d’Italia. Con un deciso e corposo programma di privatizzazioni Ciampi imboccherà il giusto binario per dare<br />

respiro alle finanze dello Stato e slancio all’economia del Paese. Il 10 maggio 1994 il governo Ciampi si dimetterà,<br />

permettendo così (per via dell’intervenuta riforma elettorale) lo scioglimento anticipato delle Camere e le successive<br />

elezioni politiche anticipate. Il nuovo Parlamento presenterà una maggioranza di segno analogo a quelle precedenti, ma<br />

sarà costituita essenzialmente da partiti politici non solo nuovi, ma anche sostanzialmente estranei all’originario alveo<br />

del CLN (Comitato di liberazione nazionale), in quanto o provenienti da esperienze di segno opposto a quest’ultimo (il<br />

Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale (MSI-DN), inserito nel cartello di “Alleanza Nazionale” (AN)) o alimentati<br />

da istanze non propriamente nazionali (la Lega Nord (LN)) o sorti proprio per l’occasione sulla base<br />

dell’iniziativa personale di un imprenditore (“Forza Italia” (FI)). Per il momento la situazione non solo finanziaria, ma<br />

anche economica del Paese, peraltro, non migliorerà, dal momento che, sempre entro il 1994, lo stesso Regno Unito,<br />

con ben altro slancio, supererà, nel PIL, l’Italia, ricollocandosi così al terzo posto nelle economie nazionali d’Europa.<br />

Da quel momento il riscatto della (seconda) Repubblica, in realtà, si sarebbe giocato proprio sul risanamento finanziario,<br />

sul rientro nello SME, sulla partecipazione alla moneta unica e sulla più completa e <strong>attiva</strong> adesione al processo<br />

d’integrazione europea.

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