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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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zioni, per conseguire l’effetto strategico desiderato […]. Ciò è particolarmente rilevante per una risposta<br />

rapida, consistente ed effettiva.” 338<br />

II. Il Trattato di Nizza<br />

Un mese dopo aveva finalmente luogo la firma a Nizza il 26 febbraio 2001 del “Trattato che emenda<br />

il trattato sull’Unione Europea, i trattati che istituiscono le Comunità Europee e alcuni atti connessi”<br />

ovvero del Trattato di Nizza.<br />

Nel suo Preambolo i firmatari del trattato di Nizza si limitavano ad affermare: “desiderosi di completare<br />

il processo avviato dal trattato di Amsterdam, volto a preparare il funzionamento delle istituzioni<br />

dell’Unione Europea in un’Unione allargata”. In altri termini il trattato di Nizza doveva essere<br />

inteso come la necessaria integrazione del trattato di Amsterdam, sufficiente a garantire il funzionamento<br />

dell’UE in vista dell’allargamento, che a sua volta era l’obiettivo primario e in un certo<br />

senso ultimo dell’Unione. Non c’era altro.<br />

Il Trattato di suddivideva in due parti: la prima conteneva le “modifiche di merito” la seconda le<br />

“disposizioni transitorie e finali”.<br />

Le modifiche di merito riguardavano: 1) il TUE, 2) il trattato CE, 3) il trattato CEEA, 4) il trattato<br />

CECA, 5) il protocollo sullo statuto del SEBC e della BCE e 6) il protocollo sui privilegi e sulle<br />

immunità delle Comunità europee. In genere esse prevedevano, in diversi casi, un’estensione del<br />

voto a maggioranza qualificata in sede di Consiglio, con effetto immediato o a scadenza programmata.<br />

Le modifiche di merito al trattato sull’Unione Europea riguardavano:<br />

1) un procedimento di “primo avviso” sull’esistenza di “un evidente rischio di violazione grave da<br />

parte di uno Stato membro di uno o più principi” fondamentali dell’UE; la previsione, per tutti gli<br />

stadi della procedura, del parere conforme del PE;<br />

2) la trasformazione del “comitato politico” della PESD (gia previsto dal trattato di Amsterdam) nel<br />

“comitato politico e di sicurezza”, al quale venivano affidati, tra l’altro, i seguenti compiti:<br />

“Nel quadro del presente titolo il comitato, sotto la responsabilità del Consiglio, esercita il controllo politico e la direzione<br />

strategica delle operazioni di gestione delle crisi.<br />

Ai fini di un’operazione di gestione delle crisi e per la durata della stessa, quali sono determinate dal Consiglio,<br />

quest’ultimo può autorizzare il comitato a prendere le decisioni appropriate in merito al controllo politico e alla direzione<br />

strategica dell’operazione […]”;<br />

3) l’estensione della possibilità di “cooperazioni rafforzate” alla PESC (con autorizzazione votata<br />

all’unanimità e dunque con potere di veto), a eccezione delle “questioni aventi implicazioni militari<br />

o nel settore della difesa”;<br />

4) la creazione, nell’ambito della CPGMP, dell’”Unità europea di cooperazione giudiziaria (EURO-<br />

JUST)”, che sarebbe stata coinvolta nei seguenti modi:<br />

“a) mettendo EUROJUST in condizione di contribuire al buon coordinamento tra le autorità nazionali degli Stati membri<br />

responsabili dell’azione penale;<br />

b) favorendo il concorso di EUROJUST alle indagini riguardanti i casi di criminalità transnazionale grave, in particolare<br />

ove si tratti di criminalità organizzata, tenendo segnatamente conto delle analisi di EUROPOL;<br />

c) agevolando una stretta cooperazione fra EUROJUST e la Rete giudiziaria europea, in particolare allo scopo di facilitare<br />

l’esecuzione delle rogatorie e delle domande di estradizione”;<br />

338 Anche in questi primi passi della PESD, l’UE si è dunque mossa sinora con un atteggiamento ben diverso, non solo<br />

negli obiettivi, ma anche nei metodi, dalla presunzione di risolvere tutti i problemi con una massiccia e distruttiva operazione<br />

di conquista e di occupazione militare di un Paese, nella totale incapacità di garantire poi l’opera di costruzione<br />

di uno Stato di diritto, come è accaduto in Iraq dal 2003 a oggi.

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