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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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sa “architettura” di questi ultimi, di una loro codificazione, di una loro fusione (limitata ai due trattati<br />

CE e UE) e anzi di una distinzione fra un trattato di base o fondamentale e le altre disposizioni<br />

dei trattati. Il rapporto si concentrava quindi sulla struttura e sul contenuto del trattato fondamentale.<br />

E finalmente prendeva posizione in merito al problema dell’articolazione del trattato fondamentale<br />

con gli attuali trattati. A questo proposito esso sembrava assumere la scelta di presentare il trattato<br />

fondamentale nell’effettivo contesto di un riordino o di una semplificazione degli attuali trattati. In<br />

particolare sottolineava che il trattato fondamentale avrebbe dovuto sostituire il trattato UE anche<br />

nello stesso ruolo di trattato quadro o di “cappello” a tutte le più diverse politiche dell’Unione, incorporando<br />

le disposizioni essenziali sia del trattato UE, sia del trattato CE. Nell’eventuale permanenza<br />

della struttura a pilastri le disposizioni riguardanti il secondo e il terzo pilastro sarebbero state<br />

rifuse rispettivamente in due protocolli annessi allo stesso trattato fondamentale. Per quanto riguarda<br />

invece il trattato CE, si sarebbe dovuto conferire autenticazione e quindi validità giuridica alla<br />

versione consolidata di esso ossia codificarla, in una versione da cui sarebbero sparite le disposizioni<br />

essenziali trasferite nel trattato fondamentale. Il rapporto a questo punto precisava: “Indubbiamente<br />

è importante, anche solo per motivi simbolici, non abrogare il trattato di Roma.” E concludeva<br />

confermando che una piena ristrutturazione del diritto primario sarebbe stata più giustificata e<br />

più facilmente ottenuta “nel contesto di una fondamentale riforma sostanziale che in un progetto di<br />

consolidamento, che è obbligato al mantenimento della presente situazione giuridica.” In definitiva<br />

il rapporto era sostanzialmente fedele alla proposta del Comitato dei tre saggi di mantenere due testi<br />

distinti o separati per le disposizioni fondamentali e per quelle non fondamentali e lo faceva, prevedendo<br />

per le une un trattato fondamentale e per le altre da un lato due protocolli a quest’ultimo (sulla<br />

PESC e sulla CGMP) e dall’altro soprattutto un distinto e separato trattato CE (concepito come<br />

contenitore di tutte le disposizioni comunitarie non fondamentali).<br />

Pochi mesi dopo il gruppo di ricerca dell’IUE di Firenze consegnava alla Commissione, il 31 luglio<br />

2000, il secondo rapporto sulla riorganizzazione dei trattati dell’UE, dedicato al tema “Riformare le<br />

procedure di revisione dei trattati”. Dopo un’attenta considerazione delle varie tipologie di procedura<br />

di revisione esistenti sia nelle organizzazioni internazionali, sia negli Stati federali, sia nella<br />

stessa UE, il rapporto presentava una serie di proposte di miglioramento di queste ultime, che alla<br />

fine concludeva per una sostanziale conferma della differenziazione prospettata dal gruppo dei tre<br />

saggi tra procedura generale (con le ratifiche nazionali di tutti gli Stati membri) per le disposizioni<br />

del trattato fondamentale e procedura speciale di revisione autonoma (senza ratifiche nazionali) per<br />

le disposizioni non fondamentali, ma con questa decisiva riserva:<br />

“Ciò non toglie che la procedura generale di revisione del diritto primario […] continuerebbe a imporsi per esclusione,<br />

ogni volta e fintanto che non sia stata prevista una procedura speciale. Ciò accadrebbe perché il diritto primario non ripreso<br />

nel Trattato fondamentale comporta delle disposizioni, quali le basi giuridiche operative, che da una parte sono fin<br />

troppo numerose e troppo tecniche per figurare in un Trattato fondamentale, ma che d’altra parte riguardano da vicino i<br />

poteri degli Stati membri, e che a questo titolo si prestano meno a una procedura di revisione autonoma.”<br />

Con questa affermazione il rapporto faceva capire che, in pratica, a meno che si fosse realmente<br />

convenuto, in sede politica, di istituire una procedura di revisione autonoma per tutte le disposizioni<br />

non fondamentali (p.e. attraverso una loro trasformazione in una sorta di unica “legge organica” a<br />

metà strada fra il trattato e la legge ordinaria dell’UE), non era ipotizzabile una differenziazione delle<br />

procedure di ratifica a seconda dei due tipi di disposizioni, con la decisiva conseguenza, in tal caso,<br />

del venir meno di una delle due ragioni che presiedevano alla necessità di mantenere due testi<br />

distinti e separati per i due tipi di disposizioni.<br />

Poco tempo dopo si svolgeva il Consiglio europeo di Santa Maria da Feira del 19-20 giugno 2000.<br />

Esso prendeva atto in primo luogo “del nuovo dibattito pubblico sul futuro dell’Unione Europea e<br />

dell’interesse suscitato da quest’ultimo”. Confermava la sua volontà che la CIG pervenisse alla conclusione<br />

dei suoi lavori nel dicembre 2000 e invitava la Convenzione a presentare il suo progetto di<br />

Carta nell’ottobre 2000. Ma soprattutto precisava ulteriormente il quadro gerarchico della conduzione<br />

della politica economica comune. Alla base di essa dovevano essere sviluppati ulteriormente i

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