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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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- l’anticipazione del mese di svolgimento delle elezioni europee al mese di maggio (preferibilmente il 9 maggio);<br />

- la massima riduzione possibile del numero dei giorni di votazione per lo svolgimento delle votazioni in tutta l’UE e in<br />

ogni caso a non più di due (sabato e domenica).<br />

Questa risoluzione del PE sarà all’origine degli effettivi mutamenti introdotti sino a oggi ed è tuttora<br />

suscettibile di produrne altri per il prossimo futuro.<br />

La seconda era la risoluzione del 16 luglio 1998 “sull’applicazione del trattato di Amsterdam: conseguenze<br />

della cooperazione rafforzata” (A4-0257/1998). In essa il PE prendeva specificamente posizione<br />

sul nuovo istituto in termini particolarmente critici. Infatti in primo luogo sosteneva che lo<br />

stesso trattato di Amsterdam non prevedesse la sua applicazione al secondo pilastro ossia alla PESC<br />

(non riconoscendo come tale quella prevista all’art. J.7, comma 4, del TUE, relativa, nel quadro della<br />

PESD, allo “sviluppo di una cooperazione rafforzata fra due o più Stati membri a livello bilaterale,<br />

nell'ambito dell'UEO e dell'Alleanza atlantica”). In effetti, per il PE, la vera cooperazione rafforzata<br />

era solo quella avente luogo entro un quadro istituzionale dell’UE e in questo senso tale istituto<br />

era applicabile solo ai due restanti pilastri, della CE e della CPGMP. Tuttavia in entrambi tali pilastri<br />

il trattato di Amsterdam legittimava l’eventualità del veto di un singolo Stato membro alla stessa<br />

possibilità della votazione a maggioranza qualificata della creazione di un cooperazione rafforzata.<br />

Il PE, a questo proposito, si esprimeva certo in termini negativi:<br />

“ritiene che la possibilità offerta dal trattato di Amsterdam a qualsiasi Stato membro di opporsi, per importanti ragioni<br />

di politica nazionale, all'attuazione a maggioranza qualificata delle disposizioni su una cooperazione rafforzata sia nel<br />

contempo contraria all'intento di risolvere mediante questo strumento alcuni blocchi e sproporzionata rispetto alla portata<br />

delle potenziali applicazioni e costituisca quindi un'opzione davvero eccezionale cui ricorrere come ultimo espediente<br />

in casi di emergenza politica”<br />

E tuttavia, secondo il PE, la cooperazione rafforzata come tale, soprattutto se riferita all’ambito<br />

propriamente comunitario, era da giudicarsi più un aggravamento del male che un rimedio a esso. Il<br />

male era dato dal fatto che “esiste tuttora il rischio di blocchi, dovuti segnatamente alle aspettative a<br />

volte divergenti degli Stati membri, e al fatto che nel trattato di Amsterdam viene, in numerosi casi,<br />

mantenuta l’unanimità”. Ma il rimedio non poteva essere costituito dalla creazione di una cooperazione<br />

rafforzata, dato che quest’ultima era essa pure “una nuova formula di differenziazione”, che,<br />

come tale, “comporta il rischio di minare i legami di solidarietà tra gli Stati membri e di frazionare<br />

lo spazio giuridico comunitario”. Perciò il PE suggeriva: “la cooperazione rafforzata può prestarsi,<br />

più che all’azione legislativa, all’attuazione di programmi d’azione, segnatamente in materia di cooperazione<br />

di polizia e giudiziaria, di politica industriale, di ricerca, d’istruzione, di formazione professionale<br />

o di ambiente”. E concludeva:<br />

- “nessun meccanismo procedurale può esimere dalla definizione di una volontà politica comune”<br />

- è “illusorio aspettarsi che la cooperazione rafforzata possa costituire il quadro istituzionale adeguato per raccogliere le<br />

principali sfide future della costruzione europea, quali l’ampliamento e l’approfondimento degli aspetti economici<br />

dell’UEM” 268<br />

- “ritiene che la storia della costruzione europea e l’analisi approfondita delle disposizioni su una cooperazione rafforzata<br />

che derivano dal trattato di Amsterdam dimostrino il carattere ineludibile della votazione a maggioranza qualificata<br />

per le decisioni diverse da quelle di natura costituzionale, ai fini dello sviluppo dell’integrazione”.<br />

Questa conclusione segnava l’ideale passaggio al tema proprio dell’ultima risoluzione del 16 luglio<br />

1998 “sulla nuova procedura di codecisione dopo il trattato di Amsterdam” (A4-0271/1998). Concentrato<br />

sulla vera strada capace di attuare integrazione ovvero quella della votazione a maggioranza<br />

qualificata in Consiglio, inserita nella procedura legislativa di codecisione Consiglio-PE, il Parlamento<br />

Europeo fissava, in questa risoluzione, le misure più atte ad applicare tale procedura così<br />

268 In merito a questo tema, la risoluzione sosteneva: “l’introduzione della moneta unica obbliga l’Unione a dotarsi dei<br />

mezzi necessari per condurre una politica economica veramente comune” ossia valida per tutti gli Stati membri non solo<br />

della zona euro, ma dell’UE in quanto tale.

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