cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"
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Per quanto riguarda l’”indipendenza della Commissione”, il PE proponeva:<br />
1) il potere del PE di chiedere al Consiglio l’avvio della procedura di dimissioni d’ufficio dei singoli commissari;<br />
2) una serie di misure atte a “prevenire i conflitti d’interesse”, quali:<br />
- una “dichiarazione pubblica degli interessi e delle fonti di reddito esterno”,<br />
- “l’obbligo di astensione in deliberazioni che riguardino interessi incompatibili con le loro funzioni”,<br />
- “l’utilizzo dell’istituto del blind trust ovvero l’attribuzione a un trustee della gestione delle attività patrimoniali e finanziarie<br />
che possano dar luogo a conflitti di interesse”,<br />
3) “estendere la garanzia d’indipendenza anche ai gabinetti dei commissari e alla loro composizione [per nazionalità]”<br />
4) “è necessario che i commissari possano essere ritenuti politicamente responsabili per mancanze gravi dei loro subalterni”<br />
Per quanto riguarda “programma e calendario”, il PE suggeriva:<br />
- l’approvazione parlamentare della Commissione entro il dicembre 1999 e la sua entra in funzione dal gennaio 2000;<br />
- i governi degli Stati membri dovevano designare a presidente della Commissione una persona che fossero sicuri “sia<br />
in grado di ottenere una grande maggioranza nella votazione di investitura ed abbia l’autorità necessaria per esercitare le<br />
funzioni di direzione politica”<br />
- tale personalità, una volta designata, avrebbe dovuto fare “una dichiarazione d’intenti” davanti al PE “nel corso della<br />
tornata di luglio 1999, seguita da discussione”<br />
- il presidente, una volta approvato, avrebbe dovuto adempiere alle proprie responsabilità “quanto alla scelta dei membri<br />
della Commissione, con tutto il peso della sua legittimazione democratica”<br />
- la designazione dei commissari avrebbe dovuto aver luogo entro il 1° novembre 1999, in vista delle immediate audizioni<br />
di essi da parte del PE prima del voto finale sulla Commissione nel dicembre 1999<br />
- “l’adeguata pubblicità di tali audizioni, che conferiscono al voto di investitura la sua piena dimensione e potenziano<br />
la legittimità democratica della Commissione”<br />
Con questa risoluzione il PE poneva le premesse dell’effettiva democratizzazione della Commissione<br />
e le misure previste saranno effettivamente realizzate già all’atto della formazione della successiva<br />
Commissione.<br />
Quanto alla Commissione Santer ancora in carica, veniva presentata al voto del PE una mozione di<br />
censura nei suoi confronti, che veniva respinta il 14 gennaio 1999 con una maggioranza, peraltro,<br />
alquanto ristretta. Perciò il PE votava una risoluzione che proponeva la creazione di un Comitato<br />
d’esperti indipendenti, incaricato di svolgere un’inchiesta sulle irregolarità amministrative, già rilevate<br />
dagli organi interni di controllo e rese pubbliche. Santer accettava tale proposta e partecipava<br />
anzi alla designazione degli esperti, che iniziavano il loro lavoro. Nel frattempo Santer cercò di ottenere<br />
le dimissioni dei membri della Commissione più coinvolti nelle critiche ossia la francese Edith<br />
Cresson e lo spagnolo Manuel Marín, ma non vi riuscì.<br />
Nel frattempo il PE rilanciava la sua “offensiva” per la piena applicazione delle nuove disposizioni<br />
del trattato di Amsterdam, prima ancora della sua ratifica, in ordine alla principale novità, costituita<br />
dal varo dello SLSG, peraltro secondo una particolare ottica del PE tendente a considerarlo soprattutto<br />
come un nuovo “spazio di democrazia e di libertà”. Perciò il PE adottava la risoluzione dell’11<br />
febbraio 1999 “sul rafforzamento delle istituzioni dell’Unione in vista della costituzione di uno spazio<br />
di democrazia e di libertà” (relatore: Antoni Gutiérrez Díaz). 279 In essa il PE poneva le seguenti<br />
premesse di estrema importanza in ordine allo sviluppo della “democrazia europea”, soprattutto nella<br />
sua dimensione partecipativa:<br />
- “i blocchi nel progresso della riforma istituzionale constatati ad Amsterdam, in particolare per quanto riguarda<br />
l’estensione del voto a maggioranza qualificata, dipendono soprattutto dall’assenza di una riflessione approfondita sugli<br />
obiettivi dell’integrazione”<br />
- “un’Europa democratica si può costruire esclusivamente a patto che i cittadini siano riconosciuti non solo come i beneficiari<br />
diretti del progetto di integrazione, ma anche come soggetti che contribuiscono <strong>attiva</strong>mente<br />
all’elaborazione delle scelte comuni”<br />
279<br />
Antoni Gutiérrez Díaz è stato membro spagnolo del PE nel gruppo della SUE (Sinistra unitaria europea) dal 1987 al<br />
1999.