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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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dell’Atto finale di Helsinki, sintetizzabile in un “decalogo”, che avrà a suo punto qualificante<br />

l’impegno di ciascuno Stato al rispetto dei <strong>diritti</strong> umani e delle libertà fondamentali come vero punto<br />

in comune tra Paesi tanto diversi tra loro sotto ogni aspetto. L’Atto finale di Helsinki porterà anzi<br />

alla trasformazione della CSCE in una Conferenza stabile e permanente, mirante al dialogo costante<br />

fra i due blocchi. Se in tal modo essa sembrerà garantire una coesistenza pacifica in Europa tra due<br />

sistemi politici tanto diversi, la CSCE costituirà invece il vero fattore di fermento, che condurrà alle<br />

prime manifestazioni di dissenso e di rimessa in discussione del sistema comunista, all’interno del<br />

blocco orientale, e soprattutto fornirà la preziosa rete di sicurezza e di cooperazione, quando, subito<br />

dopo la caduta del muro di Berlino, crolleranno tutti i regimi comunisti europei e finirà la stessa Unione<br />

Sovietica. Anzi, proprio allora, di fronte all’assenza di un vero punto di riferimento internazionale<br />

regionale per i nuovi regimi e i nuovi Stati sorti in Europa, la CSCE, in seguito al suo vertice<br />

di Helsinki del 1992, rivendicherà la propria natura di unico organo regionale paneuropeo realizzato<br />

per il mantenimento della pace secondo il capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite. E infine,<br />

in seguito alle sanguinose guerre civili che ciononostante interesseranno alcune aree europee, emergerà<br />

la decisione, presa a Budapest nell’autunno 1994, di trasformarsi in una vera e propria organizzazione<br />

internazionale regionale, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa<br />

(OSCE), che inizierà la sua esistenza il 1° gennaio 1995 e resterà a tutt’oggi la più estesa organizzazione<br />

di riferimento regionale, comprensiva dell’intera Comunità degli Stati Indipendenti (CSI).<br />

All’inizio di tale processo storico, tuttavia, ossia nel 1973 questi risultati erano ancora imprevedibili.<br />

L’unico effetto immediato della nascita della CSCE fu il disgelo tra i due blocchi, che tuttavia<br />

condusse il 18 settembre 1973 all’entrata anche della Germania occidentale nell’ONU.<br />

Nella nuova situazione storica la stessa Comunità Europea si sentì allora interpellata, in quanto era<br />

così posta nella condizione di poter uscire dal ruolo pluridecennale di nicchia avanzata di uno dei<br />

fronti contrapposti e di giocare invece un ruolo in prima persona sullo scenario mondiale, accogliendo<br />

il suggerimento della relazione Davignon sulla necessità di una Comunità che si esprimesse<br />

“con una sola voce” sulle questioni internazionali, confermato dalle conclusioni del vertice comunitario<br />

di Parigi dell’ottobre 1972. Tale suggerimento presupponeva peraltro un problema di fondo:<br />

quale tipo di pensiero doveva essere espresso con una sola voce? Ovvero quale tipo di visione dei<br />

rapporti internazionali poteva avere la Comunità? Ma ciò rimandava al problema ultimo: quale autocomprensione<br />

aveva la Comunità di se stessa e quindi dell’Europa? Si trattava, in altri termini, del<br />

problema (destinato a divenire ben altrimenti famoso 30 anni dopo) dell’”identità europea”, affrontato<br />

per la prima volta dal Consiglio dei ministri degli esteri della Comunità Europea a Copenhagen<br />

il 14 dicembre 1973, con la pubblicazione della “Dichiarazione sull’identità europea”. Riallacciandosi<br />

alle conclusioni del vertice comunitario di Parigi dell’ottobre 1972, essi dichiaravano:<br />

“I nove Paesi membri delle Comunità europee hanno deciso che è venuto il tempo di redigere un documento<br />

sull’identità europea. Questo li metterà in condizione di ottenere una migliore definizione delle loro relazioni con altri<br />

Paesi e delle loro responsabilità e del posto che essi occupano negli affari mondiali. Essi hanno deciso di definire<br />

l’identità europea, avendo in mente la natura dinamica della Comunità. Essi hanno l’intenzione di portare avanti l’opera<br />

in futuro, alla luce del progresso fatto nella costruzione di un’Europa Unita.”<br />

In tale documento comparivano per la prima volta gli elementi fondamentali dell’identità europea,<br />

come fondativi non solo della Comunità esistente, bensì soprattutto dell’Unione futura e difatti essi<br />

saranno poi ripresi dai successivi trattati europei e soprattutto dal trattato costituzionale. In particolare<br />

nella prima parte della Dichiarazione (dedicata a “L’unione dei nove Paesi membri della Comunità”)<br />

si dichiarava al punto 1:<br />

“1. I nove Stati europei possono essere stati spinti verso la discordia dalla loro storia e dalla difesa egoistica di interessi<br />

malintesi. Ma essi hanno superato le loro passate inimicizie e hanno deciso che l’unità è una necessità fondamentale europea<br />

per assicurare la sopravvivenza della civiltà che essi hanno in comune.<br />

I Nove desiderano assicurare che siano rispettati i prediletti valori del loro ordine legale, politico e morale, e preservare<br />

la ricca varietà delle loro culture nazionali. Condividendo, come essi fanno, le medesime attitudini di vita, basate sulla<br />

determinazione a costruire una società che si commisuri ai bisogni dell’individuo, essi sono determinati a difendere i

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