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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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Ciò significa che essa deve rispettare il principio di sussidiarietà. Di conseguenza questo principio non deve essere interpretato<br />

come se giustificasse una crescita inesorabile di poteri europei, né come un pretesto per scalzare la solidarietà<br />

o i risultati dell’Unione.” 201<br />

In merito al secondo obiettivo, “fare in modo che l’Unione funzioni meglio e prepararla<br />

all’allargamento”, il Gruppo di riflessione si pronunciava, a proposito del Parlamento Europeo, nei<br />

seguenti termini:<br />

“Migliorare la democrazia nell’Unione significa sia avere un’equa rappresentanza in ciascuna delle istituzioni, sia rafforzare<br />

il Parlamento Europeo all’interno dell’equilibrio istituzionale esistente e il ruolo dei Parlamenti nazionali. In<br />

questo contesto si ricorda che, secondo il trattato, per le elezioni del Parlamento Europeo si dovrebbe stabilire una procedura<br />

uniforme. Molti di noi ritengono che le procedure del Parlamento Europeo siano troppo numerose e complesse e<br />

si pronunciano quindi per una loro riduzione a tre: consultazione, parere conforme e codecisione.<br />

L’attuale procedura di codecisione è estremamente complicata e noi proponiamo che la Conferenza la semplifichi, senza<br />

però alterare l’equilibrio tra il Consiglio e il Parlamento Europeo. Molti di noi propongono anche che la Conferenza<br />

estenda il campo d’applicazione della procedura di codecisione. […]<br />

I Parlamenti nazionali dovrebbero anch’essi essere adeguatamente coinvolti. Ciò non implica che essi debbano essere<br />

incorporati nelle istituzioni dell’Unione. Per molti di noi le procedure decisionali dovrebbero essere organizzate in<br />

modo da permettere ai Parlamenti nazionali di esaminare e influenzare adeguatamente le posizioni dei rispettivi governi<br />

nel processo decisionale dell’Unione. […]”<br />

Anche in questo caso il Gruppo di riflessione, nella sua maggioranza, seguiva, con moderazione, alcune<br />

indicazioni del PE al proposito e soprattutto individuava il ruolo-chiave che i Parlamenti nazionali<br />

potevano esercitare nella legislazione UE non già nel loro coinvolgimento diretto nell’iter<br />

legislativo, bensì nel grado di condizionamento che essi, grazie a una preventiva informazione sulle<br />

iniziative legislative europee, potevano esercitare nei confronti dei rispettivi governi nel corso di tale<br />

iter, ponendo fine allo stato di mancato controllo democratico dell’azione del rispettivo governo a<br />

livello europeo. 202<br />

Per quanto riguarda il Consiglio, il Gruppo di riflessione suggeriva:<br />

“I processi decisionali e i metodi di lavoro del Consiglio dei ministri dovrebbero essere riveduti. L’Unione deve essere<br />

in grado di prendere decisioni tempestive ed efficaci. Ma un processo decisionale efficiente non significa necessariamente<br />

un processo decisionale facile. Le decisioni dell’Unione devono ricevere l’appoggio popolare. Molti di noi riten-<br />

201 Effettivamente questa duplice lettura c’era già stata e ci sarebbe stata ancora: il primo tipo di lettura era e sarà quello<br />

preferito dal PE e che troverà espressione pure nel TCE e quindi alimenterà le resistenze a quest’ultimo, mentre il secondo<br />

tipo di lettura era e sarà quello preferito da taluni Stati membri già dell’epoca, il Regno Unito e la Danimarca, ma<br />

anche da futuri Stati membri, la Polonia e la Repubblica Ceca. Nel tracollo attuale del TCE la tendenza verso<br />

quest’ultimo tipo di lettura “al ribasso” sta assumendo toni talmente preoccupanti, da investire lo stesso concetto di acquis<br />

communautaire, dal momento che, secondo questo tipo di lettura, qualsiasi intervenuta ragione di “non convenienza”<br />

nel continuare ad aderire a un determinato punto dell’acquis autorizzerebbe, in base alla sussidiarietà, il “ritorno” di<br />

questa determinata prerogativa all’ambito nazionale. In tal caso l’UE si avvierebbe davvero a diventare quell’”Europa à<br />

la carte” tanto paventata dal PE. Tutto il contrario di quel che lo stesso Gruppo di riflessione sosteneva, quando,<br />

all’inizio della sua relazione, ricordava come i due più preziosi frutti dell’UE, “pace e prosperità”, fossero “basate su<br />

una definizione di interessi e azioni comuni, che è il risultato non già di politiche di potere, ma di un comune corpo di<br />

leggi accettato da tutti.”<br />

189 Uno degli equivoci più nocivi allo sviluppo della <strong>cittadinanza</strong> e della democrazia europee è dato dal fatto che i cittadini<br />

dei singoli Stati membri, immersi in un universo mediatico sostanzialmente nazionale e perciò statocentrico, accolgono<br />

per vere le affermazioni del rispettivo governo sul fatto che la bontà di certi provvedimenti europei dipenda<br />

dall’influsso positivo esercitato da tale governo o persino sia il risultato di un’originaria iniziativa legislativa nazionale,<br />

mentre la negatività di certi altri provvedimenti europei sia ascrivibile al fatto che sono stati decisi appunto dall’UE e<br />

non dal governo nazionale, che semplicemente li subirebbe. In tal modo si comunica l’immagine di un’Unione che, governata<br />

da chissà quali “entità”, non può produrre che atti negativi. In realtà nulla viene deciso nell’UE a prescindere<br />

dai governi nazionali. Ma questi, nell’atto di prendere determinate decisioni europee, agiscono al di fuori non solo del<br />

controllo dei rispettivi cittadini (a causa dell’assenza di un universo mediatico europeo), ma anche di quello del rispettivo<br />

Parlamento nazionale, che viene informato solo a “cose fatte” dell’iniziativa adottata ossia quando si tratta ormai solo<br />

di applicarla tramite la debita (obbligatoria) approvazione di una legge nazionale.

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