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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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a tale obiettivo venivano individuati i seguenti campi d’intervento: 1) lotta contro il terrorismo; 2)<br />

lotta contro la droga e la criminalità organizzata; 3) cooperazione giudiziaria; 4) immigrazione e<br />

asilo; 5) frontiere esterne (in merito si esortava il Consiglio ad adottare quanto prima la “Convenzione<br />

relativa all’attraversamento da parte delle persone delle frontiere esterne degli Stati membri<br />

dell’Unione”); 6) lotta contro il razzismo e la xenofobia. In quarto luogo si esaminavano le azioni<br />

intraprese e da intraprendere a proposito di “frode e tutela degli interessi finanziari”. E in quinto e<br />

ultimo luogo si esortava ad adottare misure intese ad attuare una “semplificazione legislativa e amministrativa”.<br />

La parte più importante delle conclusioni del Consiglio europeo era peraltro quella riguardante “le<br />

basi dell’Europa del futuro”, a proposito della quale si predisponeva un”agenda politica<br />

dell’Europa” per i cinque anni successivi, basata sui seguenti punti: a) adattamento del trattato<br />

sull’Unione Europea; b) passaggio alla moneta unica; c) negoziati di allargamento; d) prospettive<br />

finanziarie oltre il secondo millennio; e) elaborazione di una nuova architettura europea di sicurezza<br />

(dalla CSCE all’OSCE); f) politica di dialogo, cooperazione e associazione con i Paesi vicini<br />

dell’Unione. Il primo passo era tuttavia costituito, naturalmente, dalla programmata “Conferenza<br />

intergovernativa” del 1996, a proposito della quale il Consiglio europeo affermava di aver “accolto<br />

con grande interesse la relazione del Gruppo di riflessione”, che doveva prepararla, e giudicava gli<br />

orientamenti emersi come “una buona base per i lavori della Conferenza”, che avrebbe dovuto “esaminare<br />

i miglioramenti che occorrerà apportare ai trattati per adattare l’Unione alle realtà attuali e<br />

alle esigenze future, alla luce dei risultati dei lavori del Gruppo di riflessione”.<br />

Di qui l’importanza della relazione del Gruppo di riflessione, presentata già il 5 dicembre 1995 e<br />

acclusa in allegato (“Conferenza intergovernativa”) alle conclusioni del Consiglio europeo di Madrid,<br />

sotto il titolo “Una strategia per l’Europa”. La relazione, volutamente piana e dal tono colloquiale<br />

per consentire lo sviluppo di “un processo di pubblica discussione e spiegazione” sulle sue<br />

proposte, individuava in primo luogo “la sfida”, di fronte alla quale era ormai posta l’UE, nel fatto<br />

che “per un crescente numero di Europei la ragion d’essere dell’integrazione comunitaria non è evidente”,<br />

a causa della grande “complessità” di quest’ultima. A questo proposito la relazione affermava:<br />

“Accettiamo che la complessità sia il prezzo che l’Europa paga per tutelare la nostra molteplice identità. Ma noi crediamo<br />

fermamente che questa creazione del genio politico europeo – che non può prendere il posto, ma è ora<br />

l’inseparabile controparte degli Stati membri dell’Unione, da cui riceve la sua principale legittimità politica – ha apportato<br />

un suo proprio inestimabile contributo: pace e prosperità, basate su una definizione di interessi e azioni comuni, che<br />

è il risultato non già di politiche di potere, ma di un comune corpo di leggi accettato da tutti.”<br />

Ciononostante, soggiungeva la relazione, nell’Europa dei Quindici “serpeggia un crescente senso di<br />

pubblico malcontento”, che motivava l’esigenza “di spiegare chiaramente ai nostri cittadini perché<br />

l’Unione, che è così attraente per gli altri Europei, resta tuttora necessaria per noi” ovvero per la necessità<br />

di disporre di un quadro di riferimento sovrastatale rispetto a sfide che nessun singolo Stato<br />

poteva affrontare da solo, come la globalizzazione, l’instabilità politica post-“guerra fredda”, problemi<br />

sociali nuovi (elevata disoccupazione, grande immigrazione, aumento della criminalità internazionale).<br />

La “risposta” alla sfida menzionata consisteva perciò nell’evidenziare in primo luogo le realizzazioni<br />

recenti dell’UE e in secondo luogo le misure prossime, in particolare “l’allargamento<br />

dell’Unione”. Esso veniva definito come “una straordinaria opportunità per la riunificazione politica<br />

dell’Europa” e “la miglior opzione per la stabilità del continente e per il progresso economico […]<br />

di questa nostra Europa nel suo insieme”, ma anche come “una sfida. Noi dobbiamo attuare<br />

l’allargamento, ma anche attuarlo bene” e in tal senso l’UE “non ha tempo da perdere”, affermando

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