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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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all’intensificazione degli episodi d’intolleranza e anzi degli atti d’aggressione nei confronti degli<br />

immigrati stranieri.<br />

Il Consiglio europeo provvedeva, infine, a rettificare il numero di seggi del Parlamento Europeo, in<br />

considerazione dell’avvenuta unificazione della Germania, e soprattutto, con un apposito documento,<br />

assumeva la decisione finale, con effetto immediato, su un tema, che da oltre quarant’anni era<br />

rimasto formalmente indeciso: le sedi delle istituzioni. Veniva deciso che: il Parlamento Europeo<br />

avrebbe avuto la sua sede principale a Strasburgo e un’altra sede (per sedute plenarie aggiuntive e<br />

per i lavori delle Commissioni) a Bruxelles, mentre il suo segretariato generale a Lussemburgo; il<br />

Consiglio avrebbe avuto la sua sede principale a Bruxelles, mentre, in tre determinati mesi<br />

dell’anno, a Lussemburgo; la Commissione avrebbe avuto la sua sede a Bruxelles, ma alcuni suoi<br />

dipartimenti a Lussemburgo; la Corte di giustizia e il Tribunale di prima istanza avrebbero avuto la<br />

loro sede a Lussemburgo; il Comitato economico e sociale avrebbe avuto la sua sede a Bruxelles; la<br />

Corte dei conti e la Banca europea degli investimenti avrebbero avuto la loro sede a Lussemburgo.<br />

165<br />

Finalmente, il 1° gennaio 1993 (data prevista per l’entrata in vigore, in realtà, sia del MUE, sia del<br />

trattato di Maastricht), entrava effettivamente in vigore il Mercato unico europeo. Sulla base già di<br />

questo nuovo grande successo comunitario, nella previsione della sua estensione ad altri sei Paesi<br />

EFTA e alla vigilia dell’apertura dei negoziati di adesione alle Comunità con quattro di questi, il<br />

Parlamento Europeo ritornava allora sulla scena politica europea con la risoluzione del 20 gennaio<br />

1993 “sulla struttura e strategia per l’Unione Europea riguardo al suo allargamento e alla creazione<br />

di un ordine paneuropeo”. Richiamandosi alle sue ultime risoluzioni “costituzionali” del 1990, il PE<br />

affrontava la nuova situazione generale creatasi in Europa dopo il crollo del muro di Berlino, con un<br />

orizzonte sia spaziale, sia temporale, di grande respiro, quasi prefigurando (e volendo prevenire) lo<br />

scenario attuale.<br />

Prendendo atto del crescente ruolo delle Comunità e delle crescenti aspettative che esse destavano<br />

come centro di stabilità per tutta l’Europa, nonché del progresso compiuto nei Paesi ex-comunisti<br />

verso regimi di tipo occidentale, il PE notava peraltro che la coesistenza pacifica tra questi popoli e<br />

il loro rispettivo progresso interno non erano affatto garantiti a lunga scadenza, mentre<br />

l’integrazione all’interno delle Comunità era stata un sicuro successo; infine osservava che lo sviluppo<br />

economico, tecnologico e sociale (oggi si direbbe la “globalizzazione”) poneva dei problemi<br />

e delle minacce che qualsiasi singolo Stato nazionale sovrano era sempre meno in grado di affrontare<br />

da solo e che richiedevano sia una progressiva integrazione nella futura UE, sia una “cooperazione<br />

paneuropea” sempre più intensa.<br />

La necessità della distinzione tra questi due tipi di coesistenza era data, secondo il PE, dal fatto che<br />

“la qualità dell’essere un Europeo non è chiaramente definibile in termini geografici o storici, etnici o religiosi, o culturali<br />

o politici; […] comunque, presuppone la volontà politica di condividere un futuro comune”<br />

Come dire: nessuno Stato può pretendere di far parte della futura UE per il solo fatto di essere o di<br />

credere di essere europeo, bensì solo in quanto dimostri effettivamente di voler “condividere un futuro<br />

comune”. Cosa ciò significasse il PE lo diceva subito con queste parole:<br />

“l’appartenenza piena all’Unione implica, soprattutto, un impegno alla natura federale di questa Unione e che i Paesi<br />

vorranno e saranno capaci di accettare tutte le sue norme e tutti i suoi principi, se necessario dopo un opportuno periodo<br />

di transizione”<br />

D’altra parte l’allargamento dell’UE per includere ulteriori Stati avrebbe, secondo il PE, distrutto<br />

l’operatività delle sue istituzioni, a meno che queste non fossero state riorganizzate allo stesso tempo.<br />

Di qui la duplice necessità, posta dalla nuova situazione esistente in Europa, di realizzare,<br />

all’interno dell’UE, “riforme più coraggiose nella direzione di un’Unione con un obiettivo federale,<br />

165<br />

A distanza di quindici anni da tale decisione finale, si constata sempre più l’enorme spreco di energie, di tempo e soprattutto<br />

di denaro pubblico da essa causato.

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