cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"
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e di rivedere liberamente la propria posizione, salvando così il trattato di Nizza, l’allargamento e la<br />
stessa Convenzione. 366<br />
Proprio ai fini della sua strategia di attenzione verso la Convenzione il PE adottava, pochi giorni<br />
dopo, la sua risoluzione del 23 ottobre 2002 “sull’impatto della Carta dei <strong>diritti</strong> fondamentali<br />
dell’Unione Europea e il suo status futuro”. In essa il PE affermava:<br />
- “l’efficacia della Carta sarebbe notevolmente rafforzata se i <strong>diritti</strong> in essa enunciati potessero essere rivendicati davanti<br />
ai tribunali nel quadro del diritto UE”;<br />
- “invita la Convenzione a potenziare la certezza del diritto e a porre fine alla confusione politica riguardante la portata<br />
e il livello di tutela della Carta, conferendole lo status di diritto primario e rendendola così un elemento fondamentale di<br />
riferimento per la Corte di giustizia e i tribunali nazionali; sottolinea a tale fine la necessità che la Carta sia inserita nel<br />
diritto costituzionale dell’Unione Europea”;<br />
- “uno status più forte della Carta è estremamente auspicabile nel contesto dell’allargamento, in quanto servirà a inserire<br />
un regime di di <strong>diritti</strong> fondamentali nel nucleo centrale del processo d’integrazione europea, rassicurando così gli Stati<br />
membri, siano essi di vecchia data, nuovi o potenziali”;<br />
- “rendendo la Carta vincolante, si aprirà una nuova fase nello sviluppo della <strong>cittadinanza</strong> dell’UE” e “per tutelare il cittadino<br />
da qualsiasi abuso che l’Unione Europea potrebbe fare dei suoi poteri ampliati, occorrerà mettere a punto possibilità<br />
di ricorso in sede giudiziaria”;<br />
- “la Convenzione, in stretta cooperazione con i tribunali, elabori misure per migliorare l’accesso diretto al tribunale di<br />
primo grado (con diritto di appello alla Corte di giustizia), così da potenziare la tutela giuridica degli individui”; inoltre<br />
“i tribunali nazionali degli Stati membri e dei Paesi candidati debbano essere resi più pienamente consapevoli del loro<br />
obbligo di applicare la Carta per conto dei cittadini”;<br />
- “l’inserimento della Carta nel nuovo trattato costituzionale debba avvenire senza che si apportino modifiche alle sue<br />
norme”;<br />
- “una volta inglobata, la Carta dovrebbe essere modificabile solo in base alle più solenni disposizioni costituzionali” e<br />
quindi “qualsiasi sviluppo successivo della Carta deve essere elaborato da una nuova speciale Convenzione, da istituire<br />
in una fase successiva”;<br />
- l’”avvio di negoziati di adesione da parte dell’Unione per diventare un’alta parte contraente della CEDU e di altri<br />
strumenti internazionali in materia di <strong>diritti</strong> dell’uomo”;<br />
- “l’adesione dell’UE alla CEDU è un fattore che integra e non sostituisce l’attribuzione di uno status vincolante alla<br />
Carta a norma del diritto comunitario – azioni entrambe necessarie e da realizzare tempestivamente”.<br />
Con questa risoluzione, dunque, il PE, fedele alla sua storia recente e remota, ribadiva che<br />
l’inserimento della Carta dei <strong>diritti</strong> fondamentali dell’Unione all’interno del nuovo trattato e dunque<br />
il carattere legalmente vincolante di essa era la vera condizione fondamentale insieme sia per una<br />
Costituzione dell’UE, sia per un’effettiva <strong>cittadinanza</strong> dell’Unione, nonché precisava le conseguenze<br />
che ne sarebbero dovute scaturire rispettivamente per l’UE e per i cittadini europei: per l’UE la<br />
sua adesione alla CEDU (alla stregua di un autentico soggetto politico-istituzionale) e per i cittadini<br />
europei la possibilità di ricorrere sia davanti al Tribunale di primo grado e poi eventualmente alla<br />
Corte di giustizia dell’UE, sia davanti ai tribunali nazionali, contro qualsiasi atto giuridico dell’UE,<br />
tanto nella sua origine europea, quanto nella sua applicazione nazionale, essi ritenessero violasse<br />
qualche diritto fondamentale sancito nella Carta.<br />
Sull’onda di tale rinnovato slancio europeistico si svolgeva, pochi giorni dopo, il Consiglio europeo<br />
di Bruxelles del 24-25 ottobre 2002, che era ormai in grado di prevedere la chiusura dei negoziati di<br />
adesione dei Paesi candidati fra il novembre e il dicembre 2002, l’entrata in vigore del trattato di<br />
Nizza nei primi mesi del 2003 e la firma del trattato d’adesione ad Atene nell’aprile 2003.<br />
Quanto alla Convenzione, in occasione della sessione plenaria del 28 ottobre 2002 il Praesidium<br />
trasmise ai membri di essa il “progetto preliminare di trattato costituzionale”, il cui titolo preciso era<br />
già “Trattato che stabilisce una Costituzione per l’Europa” e che prevedeva: un preambolo, una parte<br />
prima dal titolo “Architettura costituzionale” (con: definizione e obiettivi dell’Unione; cittadi-<br />
366 Analogo esempio, purtroppo, non si darà negli anni dal 2005 al 2007, quando in Francia e nei Paesi Bassi la parola<br />
d’ordine sarà: “No è no!” (Non c’est non!). Il risultato sarebbe stato il blocco del processo di ratifica e l’abbandono del<br />
trattato costituzionale, nonché la codificazione, su iniziativa del governo di un terzo Stato membro (la Germania), di un<br />
nuovo trattato emendativo (e perciò non soggetto, di per sé, a referendum in tali due Paesi) con gli stessi contenuti del<br />
trattato abbandonato!