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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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volta, rimesso bruscamente in discussione (compreso lo stesso allargamento), proprio alla vigilia<br />

della nuova riunione del Consiglio europeo.<br />

Infatti, una settimana dopo, si svolgeva il Consiglio europeo di Göteborg del 15-16 giugno 2001.<br />

Il primo tema affrontato era “il futuro dell’Europa”. Confermati il dibattito pubblico su di esso e i<br />

preparativi per una CIG nel 2004, si affermava risolutamente: “Il processo di ratifica del trattato di<br />

Nizza proseguirà per mettere l’Unione in condizione di accogliere nuovi Stati membri a partire<br />

dalla fine del 2002. Per quanto concerne il referendum irlandese, il Consiglio europeo conferma<br />

[…] la disponibilità a contribuire in tutti i modi ad aiutare il governo irlandese a trovare una via<br />

d’uscita.” 350<br />

Quanto all’allargamento, che risultava ancora una volta la vera priorità del Consiglio europeo, si<br />

andava tanto oltre da affermare: “L’Unione riconosce le aspirazioni europee dell’Ucraina”. 351<br />

Quanto al dibattito pubblico, già in corso, sul futuro dell’Europa, il Consiglio europeo dava preciso<br />

incarico agli Stati membri e ai Paesi candidati di presentare una sintesi dei risultati di esso a livello<br />

nazionale, in vista della “fase preparatoria” della CIG, confermando che le modalità di tale fase sarebbero<br />

state decise nella sua riunione di Laeken.<br />

La vera novità del Consiglio europeo di Göteborg era piuttosto la nuova “strategia per lo sviluppo<br />

sostenibile”, definito in questi termini: “soddisfare i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere<br />

quelli delle generazioni future”. In relazione a questo obiettivo, venivano definiti quattro<br />

settori d’intervento: cambiamenti climatici, trasporti, sanità pubblica e risorse naturali. Con<br />

l’ammonimento: “La mancata inversione delle tendenze che minacciano la qualità futura della vita<br />

provocherà un vertiginoso aumento dei costi per la società o renderà tali tendenze irreversibili”. Di<br />

conseguenza, a motivo dell’importanza capitale e della vastità dei compiti di tale nuova politica, si<br />

affermava che essa “integra l’impegno politico dell’Unione per il rinnovamento economico e sociale,<br />

aggiunge alla strategia di Lisbona una terza dimensione, quella ambientale, e stabilisce un nuovo<br />

approccio alla definizione delle politiche”. In altri termini: da allora avrebbe dovuto esserci<br />

un’unica politica integrata (economica, sociale e ambientale) dell’Unione, posta sempre sotto<br />

l’egida della strategia di Lisbona.<br />

A sconvolgere bruscamente le coordinate generali internazionali di tale processo di sviluppo<br />

dell’UE intervenivano, poco dopo, gli attentati negli Stati Uniti dell’11 settembre 2001. Il crollo<br />

delle torri gemelle del World trade center a Manhattan, nel cuore di New York, la distruzione di<br />

un’ala del Pentagono a Washington, nonché la possibilità, sventata per un soffio, di un altro attentato<br />

in altri siti sensibili della capitale americana, compresa la Casa bianca, con le migliaia di morti<br />

registratisi complessivamente, ponevano bruscamente il mondo intero di fronte all’esistenza di un<br />

nuovo tipo di terrorismo internazionale, di matrice religiosa fondamentalista islamica e dai tratti estremamente<br />

risoluti e micidiali quanto alla negazione totale della civiltà globale (compresi i <strong>diritti</strong><br />

umani), al disprezzo completo della vita umana (compresa quella propria, degli attentatori suicidi),<br />

all’intento di destabilizzare il quadro di riferimento internazionale e soprattutto i regimi politici dei<br />

diversi Paesi arabi, verso la creazione di una vasta comunità politico-religiosa dell’intero mondo islamico,<br />

sotto la guida di un nuovo Califfato.<br />

La reazione americana fu la dichiarazione di guerra globale contro il terrorismo, che avrebbe comportato<br />

un deciso mutamento delle disposizioni riguardanti i <strong>diritti</strong> civili all’interno del Paese,<br />

l’applicazione di una sorta di extraterritorialità giuridica nell’applicazione dei <strong>diritti</strong> umani per i<br />

350 Tale risolutezza del Consiglio europeo non si ripeterà quattro anni dopo, in seguito ai referendum francese e olandese<br />

sul trattato costituzionale. In ogni caso il calendario stabilito dal Consiglio europeo era chiaro: nel corso del dibattito<br />

pubblico sul futuro dell’Europa e dei “lavori preparatori” della CIG sarebbe proseguito il processo di ratifica del trattato<br />

di Nizza, da completare entro il 2002, per permettere nel 2003 la firma dei trattati di adesione dei nuovi Stati membri e<br />

la loro entrata nell’UE in tempo per la loro partecipazione alle elezioni europee del 2004. Solo nel 2004 ci sarebbe stata,<br />

infine, la CIG per il nuovo trattato.<br />

351 Tale impegnativa affermazione aprirà un nuovo capitolo nella storia dell’allargamento ossia quello dei rapporti tra<br />

l’UE e gli Stati della CSI. Anche se attualmente “congelata”, la prospettiva di un ingresso, alle condizioni valide per tutti<br />

gli Stati membri, dell’Ucraina, della Moldavia e della Bielorussia nell’UE prima o poi tornerà a dominare lo scenario<br />

politico dell’UE, assieme al tema dei rapporti, per ora irrequieti, tra l’UE e la Russia.

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