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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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processi di Colonia, Cardiff e Lussemburgo a carico del Consiglio nelle formazioni specifiche più<br />

atte a realizzarli. La sinergia fra tali processi era assicurata dagli “indirizzi di massima per le politiche<br />

economiche”, formulati dallo stesso Consiglio nella sua formazione ECOFIN, ma anch’essi erano<br />

subordinati alla “strategia” complessiva di Lisbona, agente della quale doveva essere e restare<br />

direttamente e stabilmente il Consiglio europeo, con una riunione annuale in primavera dedicata alla<br />

politica e alla strategia in materia economica e sociale. La Commissione avrebbe continuato a lavorare<br />

di concerto, presentando semplici relazioni e non già vere e proprie proposte. La più importante<br />

novità della riunione era data peraltro dall’approvazione dell’ingresso della Grecia nell’area<br />

dell’euro per il 1° gennaio 2001.<br />

In compenso, qualche mese dopo, si svolgeva in Danimarca il 28 settembre 2000 un referendum<br />

sull’adesione del Paese alla moneta dell’Unione, con esito negativo. In tal modo il popolo danese<br />

confermava di gradire il particolare regime di “deroga” concesso al Paese anche rispetto<br />

all’adozione dell’euro, determinando con ciò il carattere sostanzialmente “definitivo” di tale “deroga”<br />

specifica.<br />

Nel frattempo la Convenzione concludeva i propri lavori, approvando il 2 ottobre 2000 il progetto<br />

della Carta. E il successivo Consiglio europeo di Biarritz del 13-14 ottobre 2000 lo approvava.<br />

A quel punto era arrivato, per il PE, il momento tanto atteso da decenni per lanciare, sia pure in modo<br />

“morbido”, la sfida “costituzionale”, con l’adozione, nello stesso giorno 25 ottobre 2000, di due<br />

risoluzioni, entrambe dirette alla CIG.<br />

La prima ovvero la risoluzione del 25 ottobre 2000 “sulla cooperazione rafforzata” (A5-0288/2000)<br />

ribadiva la posizione critica del PE verso simile istituto, pur riconoscendone la necessità in relazione<br />

alle “aspettative divergenti” fra loro, manifestate dagli Stati membri, al perdurante requisito<br />

dell’unanimità in molti casi in sede di Consiglio e alla prevedibile accentuazione, una volta avvenuto<br />

l’allargamento, della “presenza di elementi eterogenei in seno all’’Unione”. Pertanto occorreva<br />

prevedere la possibilità di una cooperazione rafforzata, ma alle seguenti condizioni: 1) ricondurla<br />

entro il quadro istituzionale dell’Unione, anzi entro un quadro istituzionale unico (con il PE e la<br />

Commissione) e perciò entro il sistema comunitario; 2) estenderla alla PESC (compresa la PESD);<br />

3) modulare la partecipazione del PE a seconda del “pilastro” interessato e garantire comunque il<br />

potere d’iniziativa della Commissione e il controllo giurisdizionale della Corte di giustizia; 4) escluderla<br />

per le materie oggetto di deliberazioni a maggioranza in sede di Consiglio e fissare, per le<br />

disposizioni da prendere all’unanimità, “termini adeguati, il cui superamento indicherebbe che è inutile<br />

attendere una decisione, date le divergenze in seno al Consiglio, e che occorre cercare di superare<br />

la situazione di stallo mediante una cooperazione rafforzata fra alcuni Stati membri”; 5) renderla<br />

possibile solo in presenza di almeno un terzo degli Stati membri interessati ad <strong>attiva</strong>rla; 6)<br />

sopprimere il potere di veto del singolo Stato membro all’<strong>attiva</strong>zione. La risoluzione concludeva,<br />

sostenendo che pure il corretto funzionamento di una cooperazione rafforzata esigeva il superamento<br />

della struttura a pilastri dell’UE. Questa risoluzione, in effetti, era in un certo senso funzionale<br />

alla successiva.<br />

La seconda risoluzione, molto più importante, era la risoluzione del 25 ottobre 2000 “sulla costituzionalizzazione<br />

dei trattati” (A5-0289/2000) (relatore: Olivier Duhamel). 316<br />

In essa il PE, sulla base delle suggestioni presenti nel rapporto dello studio di Firenze, partiva dalle<br />

seguenti premesse:<br />

- “la CIG del 1996 […] non ha però rafforzato le capacità decisionali del Consiglio e non ha potuto condurre a termine<br />

il lavoro che aveva intrapreso per rendere più efficaci le istituzioni”;<br />

- “l’adozione della Carta dei <strong>diritti</strong> fondamentali dell’Unione rafforzerà la legittimità e la pertinenza delle istituzioni agli<br />

occhi dell’opinione pubblica, a condizione tuttavia che ne sia garantita l’integrazione nei trattati”;<br />

- “qualsiasi ordine giuridico è consacrato da testi fondamentali che definiscono la natura e le competenze delle sue istituzioni”;<br />

- “l’appartenenza all’Unione implica l’adesione incondizionata agli ideali e ai valori democratici sui quali essa si fonda<br />

secondo gli articoli 6 e 7 del trattato sull’Unione Europea e la Carta dei <strong>diritti</strong> fondamentali”;<br />

316 Olivier Duhamel è stato membro francese del PE (nel gruppo del PSE) dal 1997 al 2004.

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