cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"
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emergenze lontano da casa; b) l’accesso di durata illimitata al trattamento medico in tutto il territorio<br />
della Comunità. Queste misure, poi effettivamente realizzate, costituiranno una grande conquista<br />
sul terreno dell’identità politico-sociale europea.<br />
La settima condizione dell’educazione alla <strong>cittadinanza</strong> europea doveva essere il “gemellaggio” tra<br />
città di diversi Stati membri. A questo proposito il Rapporto finale proponeva semplicemente un incoraggiamento<br />
e una promozione di tali iniziative.<br />
L’ottava e ultima condizione dell’educazione alla <strong>cittadinanza</strong> europea doveva essere il “rafforzamento<br />
dell’immagine e dell’identità della Comunità”. A questo proposito il Rapporto finale proponeva:<br />
a) l’adozione di “simboli” della Comunità e precisamente di una bandiera e un emblema, come<br />
pure di un inno, e precisamente di quelli già adottati dal Consiglio d’Europa, anche se, per quanto<br />
riguarda l’emblema e la bandiera, suggeriva, in totale divergenza rispetto al Parlamento Europeo,<br />
l’opportunità di distinguerli da quelli del Consiglio d’Europa e quindi di adottare al centro del cerchio<br />
di stelle la lettera dorata E ossia il disegno già in uso presso la Commissione europea e curiosamente<br />
consigliava, per quanto riguarda tutti i simboli della Comunità, un uso limitato solo a determinati<br />
posti e a determinate occasioni; b) la dedica di francobolli nazionali a eventi europei, con<br />
disegni identici per tutti gli Stati membri; c) l’estensione delle tariffe postali interne alle destinazioni<br />
in tutti gli altri Stati membri. Tutte queste misure saranno realizzate poi effettivamente in misura<br />
anche maggiore rispetto al previsto.<br />
In conclusione l’imponente pacchetto di tutte le misure proposte dai due successivi Rapporti del<br />
Comitato ad hoc su un’Europa del popolo era inteso a costituire “un complesso bilanciato, la realizzazione<br />
del quale darebbe al singolo cittadino una più chiara percezione della dimensione e<br />
dell’esistenza della Comunità.” Tale obiettivo sarà effettivamente raggiunto, ma non in tutte le sue<br />
parti, e perciò non sarà altrettanto conseguito quello, finale, di un maggiore senso di appartenenza<br />
del cittadino alla Comunità e quindi di un suo effettivo coinvolgimento nella costruzione di essa.<br />
Il Consiglio europeo di Milano approvava comunque anche il Rapporto finale di tale Comitato e anzi,<br />
a proposito del Rapporto iniziale (già approvato a suo tempo), richiamava sia le altre istituzioni<br />
della Comunità, sia gli Stati membri, ad applicare, senza ulteriori ritardi, le misure in esso previste<br />
(come l’abolizione universale delle frontiere interne nella Comunità).<br />
Il Consiglio europeo di Milano si pronunciava pure sui risultati del Rapporto del Comitato ad hoc<br />
sugli “affari istituzionali”. Ribadito il fine generale della creazione di un’Unione Europea, esso stabiliva<br />
che alcuni degli “obiettivi prioritari” di essa avrebbero dovuto essere realizzati subito ossia<br />
già nell’ambito dell’esistente Comunità Europea, e segnatamente quelli relativi alla creazione di<br />
“un’omogenea area economica interna”, in particolare: a) “il completamento del Trattato (di Roma)”<br />
ossia: la creazione di un genuino mercato interno entro il 1992, l’accresciuta competitività<br />
dell’economia europea e la promozione di una convergenza economica; b) “la creazione di una comunità<br />
tecnologica”.<br />
Ma soprattutto il Consiglio europeo recepiva pure la proposta relativa al “metodo” con il quale pervenire<br />
alla fondazione di un’Unione Europea, ossia la necessità di convocare una conferenza intergovernativa<br />
per la predisposizione del progetto di un nuovo trattato costitutivo. Tuttavia il mandato<br />
della CIG era molto ridimensionato rispetto alla proposta del Comitato: intendendo rimanere ancora<br />
nel quadro della Comunità esistente, esso prevedeva infatti la predisposizione dei progetti di due<br />
trattati, che anticipassero rispettivamente gli “obiettivi prioritari” dell’UE afferenti alla “ricerca di<br />
un’identità esterna” e i “mezzi” dell’UE ossia “istituzioni efficienti e democratiche”. Il progetto del<br />
primo trattato doveva vertere dunque “su una politica estera e di sicurezza comune”, mentre quello<br />
del secondo trattato doveva essere costituito da una serie di emendamenti al trattato CEE, in accordo<br />
con l’articolo 236 di quel trattato, richiesti per l’attuazione delle modifiche istituzionali riguardanti:<br />
a) la procedura decisionale del Consiglio; b) il potere esecutivo della Commissione; c) i poteri<br />
del Parlamento Europeo e l’estensione a nuove sfere di attività.