cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"
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In essa i Dodici, confermando la necessità di ratificare il trattato di Maastricht per progredire verso<br />
l’Unione Europea, quale condizione per conservare alla Comunità il ruolo di “un’ancora di stabilità<br />
e di prosperità in un continente in rapido mutamento”, affermavano:<br />
“Quale comunità di democrazie, possiamo andare avanti solo con l’appoggio dei nostri cittadini. Siamo determinati a<br />
rispondere alle preoccupazioni emerse nel recente dibattito pubblico. Dobbiamo:<br />
- dimostrare ai nostri cittadini i benefici della Comunità e del trattato di Maastricht;<br />
- rendere più aperta la Comunità, per assicurare un dibattito meglio informato sulle sue attività;<br />
- rispettare la storia, la cultura e le tradizioni delle singole nazioni, con una comprensione più chiara di ciò che gli Stati<br />
membri devono fare e di ciò che hanno bisogno sia fatto dalla Comunità;<br />
- chiarire che la <strong>cittadinanza</strong> dell’Unione porta ai nostri cittadini <strong>diritti</strong> e protezione aggiuntive, senza sostituire in alcun<br />
modo la loro <strong>cittadinanza</strong> nazionale.”<br />
La “Dichiarazione di Birmingham” proponeva, a questo scopo, di rendere pubbliche le discussioni<br />
in seno al Consiglio per quanto riguarda i programmi futuri; che la Commissione procedesse a più<br />
ampie consultazioni con gli Stati membri, preliminari alle sue proposte legislative; di migliorare<br />
l’accesso pubblico all’informazione; di semplificare e chiarire la legislazione comunitaria. Inoltre<br />
proponeva un maggior coinvolgimento dei Parlamenti nazionali e delle stesse Regioni nelle attività<br />
comunitarie; sottolineava tre principi alla base delle attività comunitarie: l’attribuzione, la proporzionalità<br />
e la sussidiarietà, in ordine allo sviluppo della “più leggera”legislazione comunitaria possibile,<br />
lasciando agli Stati membri il compito di applicarla secondo le rispettive esigenze nazionali e<br />
“senza interferire senza motivo nella vita quotidiana dei nostri cittadini”. Erano le parole che i cittadini<br />
(soprattutto danesi) desideravano fossero dette loro.<br />
Nel successivo Consiglio europeo di Edimburgo dell’11-12 dicembre 1992, si pervenne finalmente<br />
alla soluzione del problema “danese”. Con un’apposita dichiarazione il Consiglio europeo prendeva<br />
atto della decisione della Danimarca, in seguito al referendum nazionale, di avvalersi fin da allora<br />
della “deroga” riconosciutale dal trattato di Maastricht (con la conseguente dichiarazione effettiva<br />
di non partecipare alla terza e ultima fase di realizzazione dell’UEM e quindi di non adottare la moneta<br />
unica), nonché di chiedere un’ulteriore “deroga” rispetto alla propria partecipazione (indesiderata)<br />
alla futura “politica di difesa comune”; di fronte a tale duplice richiesta danese, il Consiglio<br />
europeo riconosceva alla Danimarca entrambe tali “deroghe”. 164<br />
Il Consiglio europeo di Edimburgo provvedeva anche, sviluppando le indicazioni del trattato di Maastricht<br />
e delle ultime riunioni dell’istituzione, ad approvare un documento sull’applicazione del<br />
principio di sussidiarietà nella legislazione comunitaria.<br />
Con un altro documento apposito, il Consiglio europeo, riprendendo la “Dichiarazione di Birmingham”,<br />
adottava misure specifiche atte a dare apertura e trasparenza alle attività comunitarie.<br />
Rendeva nota la propria decisione di aprire i negoziati di adesione alle Comunità con i Paesi EFTA<br />
candidati all’inizio del 1993 e di concluderli solo dopo l’entrata in vigore del trattato di Maastricht.<br />
Annunciava l’imminente entrata in vigore del mercato interno alla data prevista, ma faceva insieme<br />
presente che esso non sarebbe stato accompagnato dall’entrata in vigore del libero movimento delle<br />
persone, in considerazione delle difficoltà emerse nella “cooperazione nei settori della giustizia e<br />
degli affari interni” (per via del voto all’unanimità in essa richiesto) a proposito dei necessari provvedimenti<br />
atti a garantire che tale traguardo fosse raggiunto nella garanzia della sicurezza pubblica.<br />
Il Consiglio europeo prendeva, in particolare, posizione, con un altro documento, sul grave problema<br />
della migrazione e sulla necessità di una sua equa soluzione, soprattutto di fronte<br />
164 Se con ciò il problema della ratifica danese del trattato di Maastricht sembrava avviato a risolversi, la via di soluzione<br />
vedeva l’allargamento del principio della “deroga” al principio delle “deroghe”, nel senso che si era ormai dimostrato<br />
che la concessione anche di una sola deroga a uno Stato membro l’avrebbe portato a sentirsi autorizzato a chiederne,<br />
e a ottenerne, altre ancora ad ogni nuova occasione. In altri termini: il meccanismo delle deroghe, lungi dal portare a un<br />
riavvicinamento di uno Stato membro agli altri, avrebbe condotto a un progressivo allontanamento dal comune processo<br />
d’integrazione europea, determinando, in combinazione con il meccanismo inverso delle “cooperazioni rafforzate”, la<br />
creazione di un’Europa “a due velocità”, con esiti pericolosi per l’unità effettiva della futura UE.