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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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posito della quale si dichiarava: “Il Consiglio europeo considera essenziale che la Comunità debba<br />

rispondere alle aspettative del popolo d’Europa, adottando misure atte a rafforzare e promuovere la<br />

sua identità e la sua immagine sia per i suoi cittadini, sia per il resto del mondo.” In una sola frase si<br />

inseriva, al posto dell’espressione usuale “popoli d’Europa”, quella di “popolo d’Europa” e di conseguenza,<br />

al posto dell’espressione usuale “cittadini degli Stati membri”, quella di “cittadini della<br />

Comunità Europea”. Era la risposta, positiva, al motivo ispiratore del discorso e del progetto di trattato<br />

di Spinelli. Rispetto a quest’ultimo, il Consiglio europeo preferiva tuttavia battere ancora la<br />

strada della realizzazione di pur nuove e significative misure entro i limiti tracciati dai trattati di<br />

Roma. In questa prospettiva il Consiglio Europeo dava mandato a un apposito Comitato ad hoc<br />

(presieduto dall’italiano Pietro Adonnino, da cui il Comitato prese il nome) di studiare tali misure<br />

entro questi limiti. E tuttavia il Consiglio europeo dava pure mandato a un altro apposito Comitato<br />

ad hoc (sul tipo del Comitato Spaak degli anni Cinquanta) “sugli affari istituzionali” (presieduto<br />

dall’irlandese James Dooge, da cui prese il nome il Comitato), di presentare proposte per lo sviluppo<br />

della cooperazione europea, apparentemente ignorando il progetto di trattato proposto dal Parlamento<br />

Europeo.<br />

In considerazione di tali sviluppi generali e con particolare riferimento alla decisione del Consiglio<br />

sulla riduzione dei controlli sulle persone alle frontiere, i due Stati membri più importanti decisero<br />

anzi di andare subito oltre per conto proprio, procedendo alla firma a Saarbrücken il 13 luglio 1984<br />

dell’accordo franco-tedesco sulla graduale abolizione dei controlli alla frontiera franco-tedesca. Si<br />

era di fronte alla situazione inedita di una misura, di notevole interesse comunitario, ma decisa al di<br />

fuori della cornice istituzionale comunitaria e perciò di una nuova “provocazione”, diretta stavolta<br />

alla Comunità Europea in quanto tale e all’insufficiente grado di dinamismo che allora la caratterizzava.<br />

Il metodo, tanto sostenuto dal Consiglio europeo, della cooperazione politica assumeva la<br />

forma “unilaterale” dell’accordo tra due Stati membri, che prospettava l’avvio di un’Europa “a due<br />

velocità”, nella quale alcuni Stati membri palesavano con ciò la propria insofferenza per gli indugi<br />

troppo persistenti degli altri, ma insieme lasciavano a questi ultimi la porta aperta per associarsi alla<br />

nuova iniziativa.<br />

Altro elemento di dinamismo era poi la dimostrazione, da parte del nuovo Parlamento Europeo, 75<br />

della propria autorità in materia di bilancio, con il proprio rifiuto, il 14 novembre 1984, del discarico<br />

di bilancio delle Comunità dell’esercizio 1982. In tal modo il Parlamento Europeo faceva valere<br />

per la prima volta la propria determinazione a porsi come attore non di secondo piano della dinamica<br />

interistituzionale comunitaria, introducendo, nel modo più visibile, il principio del controllo democratico<br />

della politica di spesa (pubblica) della Comunità.<br />

Tuttavia era ormai sul fronte tracciato dall’iniziativa franco-tedesca di Saarbrücken che dovevano<br />

emergere le più ragguardevoli novità. La possibilità di un’estensione di tale accordo infatti si rivelava<br />

quanto mai matura, dal momento che, a partire dal 1° gennaio 1985, come previsto, venivano<br />

rilasciati effettivamente, dalla maggior parte degli Stati membri, i primi passaporti europei. Sembrava<br />

dunque naturale, in un regime di effettiva uniformità nell’identificazione dei cittadini degli<br />

Stati membri rispetto a Paesi terzi, prospettare la possibilità di una libera circolazione all’interno<br />

della Comunità, senza controlli né sulle persone, né sulle merci, alle frontiere interne.<br />

Inoltre veniva nel frattempo presentato al Consiglio Europeo di Bruxelles del 29 e 30 marzo 1985 il<br />

previsto “Rapporto del Comitato ad hoc su un’Europa del popolo”. In esso si sottolineava:<br />

“2. L’intento del Comitato è quello di proporre misure che siano di diretta rilevanza per i cittadini della Comunità e che<br />

offrano loro visibilmente benefici tangibili nella loro vita quotidiana. Particolare enfasi è posta su misure che abbiano<br />

una possibilità realistica di essere attuate in un tempo relativamente breve. L’obiettivo dovrebbe essere una facilitazione<br />

di norme e pratiche che causano irritazione ai cittadini della Comunità. Questo è di grande importanza nel rendere la<br />

Comunità più credibile agli occhi dei suoi cittadini.”<br />

75 Nel nuovo PE Altiero Spinelli era dal 26 luglio 1984 il presidente della Commissione “Affari istituzionali”.

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