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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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c) concepire il loro statuto in modo che la volontà politica si formi secondo principi democratici e che tutti i cittadini<br />

dell’Unione che lo desiderino possano esprimere la loro volontà politica nel corso di tale processo”<br />

Tali partiti avrebbero avuto altresì i seguenti <strong>diritti</strong> da far valere sia di fronte all’UE, sia di fronte<br />

agli Stati membri:<br />

“a) il diritto di fondare liberamente un partito;<br />

b) la libertà generale di azione politica;<br />

c) il diritto alla parità di trattamento;<br />

d) il diritto di presentare candidati alle elezioni;<br />

e) la possibilità, al fine di garantirne la capacità d’azione, di ottenere la personalità giuridica in tutti gli Stati membri,<br />

secondo la forma giuridica che dovrà essere allo scopo stabilita”<br />

I partiti politici europei che avessero soddisfatto a tali obblighi e a cui fossero stati riconosciuti questi<br />

<strong>diritti</strong> dovevano poter beneficiare dei “contributi provenienti dalle risorse comunitarie”, i quali<br />

dovevano:<br />

“a) basarsi su un’autorizzazione espressa, conferita da un atto giuridico comunitario emanato a tal fine, ed essere riportati<br />

in modo specifico nel bilancio comunitario […];<br />

b) essere ripartiti secondo il principio della parità di opportunità, accordando ai partiti di recente costituzione una effettiva<br />

possibilità di riuscita e tenendo conto del numero di Stati membri in cui i partiti sono rappresentati;<br />

c) essere assegnati in vista dell’adempimento esclusivo della missione definita all’articolo 138 A del trattato CE [relativo<br />

ai partiti politici europei], al livello dell’Unione;<br />

d) essere subordinati all’obbligo per i beneficiari di rendere pubblica la propria situazione finanziaria; tale obbligo vige<br />

anche per tutte le altre entrate (per esempio, contributi dei membri, donazioni ecc.);<br />

e) creare per il beneficiario un incentivo finanziario a sviluppare la propria base sociale e a puntare a una maggiore autonomia<br />

finanziaria, determinando un equilibrio tra il finanziamento da parte dell’Unione e le risorse proprie del partito”<br />

Tornando all’immediato presente dell’epoca, esso trovava la sua espressione più importante nella<br />

riunione del Consiglio europeo di Dublino del 13-14 dicembre 1996. Essa infatti proclamava<br />

l’avvenuto riordinamento dei meccanismi di cambio all’interno dello SME e quindi l’effettiva preparazione<br />

dell’UE ad affrontare pienamente l’inizio, previsto per il 1° gennaio 1999, della terza e<br />

ultima fase dell’attuazione dell’UEM, che si sarebbe conclusa con la nascita della moneta<br />

dell’Unione ovvero dell’euro. 223 Ma si stabilivano pure delle misure per la CIG, che avrebbe dovuto<br />

concludere i suoi lavori ad Amsterdam nel giugno 1997: essa era invitata a concentrare sempre più<br />

la propria attenzione sui temi inerenti al settore della giustizia e degli affari interni,<br />

“al fine di rafforzare la capacità d’azione in materia di visti, asilo, immigrazione, attraversamento delle frontiere esterne,<br />

lotta contro il traffico di droga, lotta contro la criminalità organizzata - compresi il terrorismo, i reati contro i minori<br />

e la tratta degli esseri umani. L’Europol dovrebbe essere dotata di poteri operativi, agendo unitamente alle autorità nazionali<br />

a tal fine. Questi problemi costituiscono la più profonda preoccupazione dei cittadini di tutti gli Stati membri e<br />

l’Unione deve dotarsi dei mezzi che le consentano di agire efficacemente in questi settori.”<br />

In tal modo venivano ad aggiungersi i nuovi e attualissimi compiti (estremamente importanti quanto<br />

a una progressiva definizione dei <strong>diritti</strong> umani e della loro effettiva difesa) della lotta ai “reati contro<br />

i minori” (p.e. la pedofilia) e alla “tratta degli esseri umani” (connessa all’immigrazione illegale),<br />

da affrontare con nuovi mezzi, compresi quelli dell’attribuzione di “poteri operativi” (e non sol-<br />

223 A questa riunione i due Stati membri che avevano lasciato a suo tempo lo SME ossia il Regno Unito e l’Italia si presentavano<br />

con due ben diverse posizioni. Avvalendosi della propria facoltà di “deroga”, il Regno Unito aveva infatti<br />

comunicato, già il 16 ottobre 1996, la propria decisione ufficiale di non partecipare alla terza fase dell’unione economica<br />

e monetaria e quindi alla moneta unica, mentre l’Italia era appena reduce dal successo, costituito, grazie anche<br />

all’opera del ministro del tesoro Ciampi, dal ritorno, il 25 novembre 1996, della lira italiana nello SME, primo segno<br />

tangibile della nuova volontà politica di riscatto nazionale in atto (in direzione di un risanamento anche finanziario e<br />

quindi di un’autentica crescita economica), in un Paese che anzi conoscerà, entro quell’anno 1996, anche un sia pur effimero<br />

ritorno del PIL italiano al terzo posto in Europa.

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