cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"
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ta il 9 maggio 2004, in coincidenza con la giornata dell’Europa, e infine raccomandava che “gli Stati<br />
che prevedono referendum in merito al progetto di Costituzione dovrebbero organizzare tali referendum<br />
o prevedere la ratifica del progetto di Costituzione in conformità con le loro disposizioni<br />
costituzionali, se possibile, lo stesso giorno”.<br />
In tal modo il PE intendeva riproporre, sotto questa veste, il principio del “referendum paneuropeo” sulla Costituzione<br />
europea, quale modalità supremamente democratica di approvazione da parte dei cittadini europei in quanto tali della<br />
“loro” Costituzione. Inoltre il PE intendeva evitare per converso che, nell’ambito di un singolo referendum nazionale<br />
svoltosi isolatamente, i cittadini si sentissero chiamati a votare per o contro la ratifica di un trattato costituzionale europeo<br />
da cittadini del loro particolare Stato membro, in un’ottica, dunque, impropria e falsata già all’origine. Infatti, se è<br />
in gioco una Costituzione, la si fa votare ai cittadini di quel soggetto politico-istituzionale che si intende fondare su<br />
quella Costituzione, altrimenti la sola espressione “Costituzione europea” suona come l’evocazione di un soggetto politico-istituzionale<br />
sovrapposto o persino alternativo all’indipendenza o persino alla sovranità dello Stato, di cui si è e ci<br />
si sente in primo luogo cittadini, proprio nella misura in cui si è chiamati a votare, in quel giorno, “da soli” ossia a livello<br />
esclusivamente nazionale. Infine il PE intendeva evitare che l’eventuale esito negativo di un referendum nazionale<br />
non finisse per influenzare altrettanto negativamente successivi referendum nazionali. Purtroppo questi semplici accorgimenti<br />
relativi a una logica quanto mai elementare non avranno ascolto e in tal modo si finirà per imboccare a tutta<br />
forza il terribile vicolo cieco del blocco del processo di ratifica.<br />
c) La CIG del 2003-‘04<br />
In ogni caso il primo problema da affrontare e da risolvere era il varo del trattato costituzionale e<br />
perciò uno svolgimento positivo della CIG, che si apriva, come previsto, a Roma il 4 ottobre 2003.<br />
Tale apertura era accompagnata da un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dell’UE,<br />
all’inizio del quale il presidente del PE Pat Cox rivolgeva loro un discorso, in cui si sottolineava che<br />
era la prima volta che il presidente del PE fosse invitato a una CIG e anzi che il PE avesse modo di<br />
partecipare pienamente ai lavori di essa. Cox poneva alla CIG questa meta ambiziosa, propria della<br />
stessa Convenzione: dar luogo a un trattato costituzionale, che, proprio in quanto tale, ponesse fine<br />
alla “costante revisione dell’assetto costituzionale”, a “quest’interminabile introspezione istituzionale”,<br />
che aveva accompagnato la storia del processo d’integrazione europea negli ultimi diciassette<br />
anni dall’Atto unico, attraverso il trattato di Maastricht, quello di Amsterdam e quello di Nizza, sino<br />
all’attuale CIG, dato che “ciò permetterebbe di liberare energie e di concentrarle su quello che è il<br />
nostro obiettivo politico fondamentale: migliorare la vita quotidiana dei nostri cittadini”. Ma Cox<br />
metteva pure in guardia da ciò che sarebbe potuto succedere nel caso si fosse tornati al solito spirito<br />
delle CIG:<br />
“Se ci si concentra sulle minacce agli interessi nazionali fondamentali, si corrono due rischi. Il primo è che a fine giornata<br />
– o più probabilmente nel cuore della notte – si ritorni alla politica dei mercanteggiamenti a porte chiuse, che è esattamente<br />
ciò che si era cercato di evitare ricorrendo al metodo della Convenzione. Il secondo rischio è che, alzando<br />
ora la posta in gioco, si inducano aspettative irrealistiche e si fomentino i timori dell’opinione pubblica, cosicché, anche<br />
qualora venissero raggiunti i necessari compromessi, si renderebbe più difficile il processo di ratifica, una volta firmato<br />
il trattato.”<br />
Insomma il tipo di svolgimento della CIG non avrebbe mancato, secondo Cox, di influenzare<br />
l’immagine del trattato costituzionale presso l’opinione pubblica e quindi lo stesso processo di ratifica.<br />
Ciò non impediva, peraltro, di migliorare ulteriormente il progetto della Convenzione, p.e. a<br />
proposito della presidenza del Consiglio europeo e delle diverse formazioni del Consiglio. Tuttavia<br />
Cox raccomandava un’ultima volta di guardarsi bene dal generare confusione tra i rispettivi ruoli<br />
della presidenza del Consiglio europeo e della presidenza della Commissione: “Per quanto riguarda<br />
il Consiglio europeo, ciò che occorre è un presidente, non il capo di un nuovo Stato.” Infine il presidente<br />
del PE si rallegrava, oltre che della pubblicizzazione via Internet dei lavori della CIG, anche<br />
del fatto che, proprio in nome della duplice legittimazione dell’UE, da parte degli Stati membri e da<br />
parte dei loro cittadini, fosse prevista la partecipazione piena alla CIG di tre deputati al PE: lo stesso<br />
Pat Cox, nonché Klaus Hänsch e Iñigo Méndez de Vigo, già membri del Praesidium della Convenzione.